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XXIX domenica del Tempo Ordinario

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Da un commento a Gv 3,16 (C. 457)


Se grande fu l’amore di Abramo nei confronti di Dio, tanto da offrire il suo figlio unigenito, tanto maggiore sarà stato quello di Dio nel dare a noi ed offrire sulla croce il proprio unico Figlio. Infatti: Dio ha tanto amato il mondo da dare Cristo Figlio, non un servo, non un estraneo, né un condannato. Badate, non solo il Figlio, ma l’unigenito. In che modo lo dona? Nascendo come tuo simile, vivendo come maestro, come pastore ed umile servo, nutrendosi di quanto gli capitava, Che cosa poteva fare di più? Che cosa ci poteva dare di più? Che il servo mangi il padrone; il figlio il padre, la pecora il pastore? Morendo senza risparmio. Infatti, rivestendolo di tribolazioni, disprezzò il proprio Figlio. Certo Dio avrebbe potuto fare diversamente, ma non volle e questo per manifestare maggiormente il suo amore. Tese i piedi del Figlio ai chiodi perché fossero curate le tue miserie. E così per tutti gli altri sensi. Offrì la carne quale garanzia del premio. Ricompensa già pronta per me in cielo e che non mi attendo qui sulla terra. Su fedeli! Se il Padre ci dona il Figlio, e con lui ogni cosa, noi cosa facciamo?

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