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XX domenica del Tempo Ordinario

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222Dal Sermone “Solo Dio acquieta il Cuore” (C. 521)

E’ ufficio del sapiente ordinare e disporre le cose al debito fine, cosicché allontanandosi da quell’ordine, mancano non poco di perfezione e sarà cosa buona e ragionevole, o anime benedette, che il sommo sapiente, il Dio Signore nostro, come ordinatore di tutte le cose, con sommo ed infinito ordine, le abbia disposte in modo che quelle che preferiscono eccedere, non tendono più alla perfezione, ma all’imperfezione, non alla quiete, ma all’inquietudine. […]

Tuttavia, è da notare  che essendo ben considerato quest’ordine delle creature per il loro fine ed il loro proprio luogo che, quanto più da esso si allontanano, tanto più si inquietano, patiscono, e si distruggono. In effetti, se tu al cavallo gli dai del cattivo fieno, lo vedrai contristato. Se i pesci abituati alle profondità del mare li conduci ad acque basse, li vedrai sguazzare e contristarsi, se poi li poni all’asciutto ancora peggio.

Se togli l’aria agli uccelli del cielo, se al cane togli la terra e gli dai acqua altrettanto si contristerà! Da questo puoi notare l’importanza del fine che è in ciascuna realtà senza il quale, non potrà chetare ciò che è inquieto, poiché proprietà del fine è placare l’appetito di quella cosa di cui è fine. […]. 

Ora l’uomo essendo il più nobile tra le creature deve avere un fine ed un luogo nobili. E questi non è altro che il suo Dio. E se le creature nei propri fini si placano, l’uomo potrà farlo solo in Dio.  Così anima cara, quando ti allontanerai dal tuo Dio,  sarai sempre inquieta […]. Poiché il tuo appetito non potrà essere saziato da altri, se non  solo dal tuo Dio.

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