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Venerdì, 20 Gennaio 2012 21:08

Dio inedito

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178La Scrittura, timori non ne ha. Sa ospitare la sacrosanta indignazione di Giobbe, il relativismo secolare di dell’Ecclesiaste, l’aperto erotismo del Cantico. Nel libricino di Giona, di cui qui la liturgia ci apparecchia giusto il bel finale, la Scrittura mette in scena tutta la pusillanime e riottosa grettezza di una religione dell’appartenenza che si rovescia in una pratica dell’esclusione. Giona è quello che, prima di piegarsi al mistero della divina grazia, fin che può si tiene lontano da questo Dio assurdo che intende reclutarlo come supino strumento di un invito alla conversione  che – così pensa Giona-, anziché in un atto di reale e puntigliosa resa dei conti, finirà a tarallucci e vino. L’ostacolo più consistente al lavoro della grazia non è mai la resistenza del miscredente ma il risentimento dell’appartenente. Eppure il Dio dell’Alleanza, esattamente come fa con l’ultimo peccatore smarrito, ricorre fino in capo al mondo anche il credente immusonito. Se è necessario gli fa provare il buoi degli abissi e il furore della canicola per fargli capire che nemmeno per lui stare nel perimetro delle relazioni vitali è cosa scontata una volta per tutte. Allora il missionario Giona va. Ma come tutti i pretoriani di parrocchia, attraversa la città con profondi dubbi su quel Dio che ha tanto a cuore gente come questa. Quanti Giona si costringono anche oggi a sorridere all’indifferente e svagato uomo della città contemporanea rimpiangendo i tempi in cui si poteva ecclesiasticamente più ultimativi! Eppure è da moto tempo che la testimonianza del Regno non sopporta più di interpretarsi come perentorietà giudiziaria. Il tempo si è fatto breve. La storia è cambiata. Giacché il Figlio ha chiarito ogni dubbio. Il Dio tanto incompreso da Giona ha trovato in Gesù di che mostrare un volta per tutte il suo volto più radioso e convincente. Il suo Regno è prossimo. Non per approssimazione temporale (non significa tra un attimo), ma per immediatezza storica (significa il suo “essere qui”). Il Dio/Samaritano si è finalmente chinato, da prossimo impeccabile, sulla storia umana. Si potrebbe anche semplicemente tradurre: Io(ci) Sono). Di questa stratosferica novità Gesù va cercando consapevoli e partecipi divulgatori. Va a pescarli in riva a un lago, ai margini dell’operosità rurale, alla periferia della coscienza spirituale. Gente semplice, reclutata da una misteriosa forza d’attrazione, destinata a trasformare in carne e sangue della propria esistenza la straziante passione di questo strano rabbino di passaggio per l’immagine di una Dio misericordioso. Marco ne mete in mostra la prontezza. La risolutezza di questi Giona dei tempi nuovi manifesta appunto tutta la proporzione  dell’inedito che con il Dio di Gesù si appropria della storia. Modellati ad immagine e somiglianza del loro maestro essi, che non mancheranno (nemmeno loro) di rimanere confusi di fronte alla sua radicalità spirituale, lo seguiranno sulla strada di un sogno universale. Quando Dio sceglie qualcuno è sempre per poter amare tutti.

 
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