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Visualizza articoli per tag: Dio


generale-ceneriDavanti a Dio mentre ci rivela la nostra verità e creaturalità. Con queste parole P. Francesco Petrillo Rettore Generale dell’Ordine ha iniziato la Quaresima a Santa Maria in Campitelli. Con l’austero segno delle ceneri ha ricordato: “che l’uomo è chiamato a vivere, ad agire ‘davanti a Dio’: è questa la posizione che impedisce all’uomo di ricadere in quel nulla da cui è stato tratto.
Gesù ci dice quale è il punto in cui le due vie, la via della menzogna e la via della verità, divergono: è quel momento della sua vita in cui l’uomo decide se vivere e agire ‘davanti agli uomini’ o ‘davanti a Dio’.
Come avete sentito Gesù contrappone un ‘davanti agli uomini’ ed un ‘davanti a Dio’. E’ questa contrapposizione che deve attirare la nostra attenzione, perché essa ci rivela che la nostra vita ha due possibilità radicalmente opposte di realizzarsi: o ‘davanti a Dio’ a ‘davanti agli uomini’. Può assumere una delle seguenti due direzioni fondamentali contrarie: ‘verso Dio’ o ‘verso l’uomo’.
Che cosa significa vivere ‘davanti agli uomini’? rinchiudere il senso e l’orientamento della propria esistenza dentro l’orizzonte del tempo e delle vicende umane: ‘per essere lodati dagli uomini’, dice il Signore. Vivere davanti agli uomini significa restringere quel desiderio immenso di felicità che dimora in ciascuno di noi, alla scelta dei beni mondani: carriera, scienza, piaceri, ricchezze.
Che cosa significa vivere ‘davanti a Dio’? mettersi in rapporto con Dio [e questo è il dono della Grazia], e vivere per Lui. In Cristo, Egli ha avuto una tale misericordia per ciascuno di noi da consentirci di entrare in un rapporto diretto, immediato con Lui. ‘E il Padre tuo che vede nel segreto’, dice Gesù. Che meraviglia cari fratelli! Dio ha voluto aver a che fare con ciascuno di noi, e ci dona la possibilità di entrare in una relazione immediata con Lui.”.

13 febbraio 2013

pdf Omelia del Rev.mo P. Generale P. Francesco Petrillo in occasione del Mercoledì delle Ceneri (71.27 kB)

pdf Homilía del Padre General (SPAGNOLO) (123.73 kB)

Pubblicato in 2013
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Sabato, 24 Dicembre 2011 14:51

Dio nasce

174Mentre i “poteri forti” della cultura mondana divulgano l’apologia del soggetto vincente, emancipato, atletico, iperattivo, esaltando l’ideale della vita esuberante, il realismo della spregiudicatezza, la retorica libertaria dell’autocostruzione, noi riusciamo a rimanere affezionati alla narrazione cristiana di principi che si incarnano nella debolezza, nella nudità, nella dipendenza, la cui icona imperitura rimane l’inerme fragilità di un neonato. Se succede, significa che, nonostante tutto, non siamo ancora perduti. Abbiamo ancora un’anima. Per quanto avvolti e attratti da modelli umani che ci impongono l’eterna irresponsabilità di un’astratta giovinezza di plastica e che ci tengono sotto la mortificante morsa dell’inadeguatezza, ogni tanto, come per un sussulto di residua coscienza, sentiamo la voglia di rinascere, di tornare ad una immaginaria innocenza dove ancora tutto si può fare, dove nessuno ha già scritto per noi gli standard su come dobbiamo essere. La storia di Dio che nasce come ogni altro uomo possiede ancora l’energia narrativa sufficiente ad intercettare questi nostri bisogni di libertà umana. La storia di come è nato Gesù ci fa sentire meno soli. Attenua il nostro disagio, ci protegge dal narcisismo di massa. Il Figlio del Dio degli eserciti viene al mondo mentre l’imperatore, celebrando gli iperbolici riti del potere mondano, organizza un censimento, venendo così subito a contatto con la Storia, quella grande che va sui libri, portata di solito a fare violenza alla storia piccola, quella del limitato segmento delle vite personali. Imperterrita, la Storia fa le sue capriole e detta le sue leggi, senza guardare se una ragazza è incinta e non dovrebbe mettersi in viaggio. La Storia ci travolge spesso, con i suoi “unidicisettembre”, le sue crisi internazionali, le sue depressioni economiche, lasciandoci vagare in un sentiero invisibile alle rilevazioni satellitari. La Storia, con la complicità di coloro che la governano, riduce quasi sempre gli uomini a numeri da segnare su un registro. Però poi esiste il miracolo di questa memoria evangelica capace ancora di farci sentire che Dio conserva una passione illimitata per le piccole storie invisibili e che in quel Figlio che nasce risplende qualcosa che ci può salvare. Ci fortifica il coraggio del Dio dell’alleanza deciso a lasciarsi contenere nella minuscola storia di un uomo, così certo della bontà della propria creazione da farne la dimora del proprio Figlio, dalla quale ribadire, con la silenziosa e ostinata perentorietà della vita, che il senso del tempo sta tutto e solo nel gesto di reciprocità con cui l’amore  trasforma solitudini in legami. Mentre un imperatore misura la grandezza del mondo sommando milioni di individui tutti uguali, il Dio della creazione, nel segreto di una nascita, annuncia che l’avvento di ciascun uomo vale l mondo intero. Non esiste complesso di inadeguatezza di fronte  al gesto con cui il Dio di Gesù ci dichiara, con azzardo tutto umano, di ritenerci degni del suo amore, della sua passione, della sua stessa vita. (Giuliano Zanchi).
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Sabato, 17 Dicembre 2011 14:08

Dio ha una casa

173L’ingenua presunzione del re Davide, di cui la Scrittura con superba libertà conserva dentro di sé il dettagliato documento, mette in mostra tutta l’improntitudine a cui può arrivare un uomo appagato, giunto al culmine dei propri progetti, avvolto dalla consolante agiatezza di una vita importante. Essa prende forma attraverso un’ambizione  che va a toccare i limiti stessi di quella trascendenza grazie a la quale il Dio dell’alleanza cerca di proteggere l’infantile invadenza umana . Davide immaginando di barattare con la devozione il senso di colpa della sua esistenza agiata, formula la pretesa di mettere su casa a Dio, avvolgendo la presunzione nell’involucro di pretesti fatui e pelosi. Nell’ambizioso progetto di costruire una casa a Dio, per equiparare la felice condizione di un re che abita “in una casa di cedro”, sta innanzitutto tutta l’ambiguità di una devozione  che pretende di determinare le condizioni del divino ad immagine e somiglianza dell’umano. Poiché il re vive in una casa, anche Dio deve averne una. Ma l’ambizioso progetto tradisce  anche il potere con cui l’uomo devoto pensa di poter definire i confini entro i quali Dio può stare dentro la storia umana. Ogni volta che è successo, la religione si è affrettata a diventare uno strumento di preservazione  di interessi molto umani. Naturalmente attraverso la voce  del profeta, l’Altissimo stesso ironizza su questa boriosità regale travestita da filiale sentimento religioso. Dio ride dell’uomo che si prende troppo sul serio che dimentica la grazia invisibile che ha costruito la sua fortuna, che trasforma una fortuna avuta in dono nell’arroganza paternalistica dell’uomo che si è fatto da sé. La voce di Dio annuncia che sarà ancora una volta l’iniziativa divina a garantire una casa alla boriosa vicenda umana di questo piccolo re terreno. La promessa di una casa risuona come l’offerta di un destino, sulla linea di una discendenza  lungo l’asse di una promessa antica secondo la quale, nella catena delle generazioni, l’Altissimo resta implicato fino a legare a sé il sangue dell’uomo. La casa di Davide, quella che il Dio del’alleanza si premura di costruire, disegna un progetto che attraversa le generazioni, fino ad incontrare l’assenso scandaloso di una ragazza nubile, a cui Dio si rivolge con la libertà  con cui ci si rivolge ad un uomo. Un Dio femminista che toglie di mezzo i maschi di casa, si rivolge direttamente ad una giovane femmina, mettendola in croce di fronte alle ferree convenzioni della sua tradizione, cercandone trepidamente l’assenso per un progetto che l’antico e potente re nemmeno sarebbe stato in grado di immaginare. Solo la sovranità divina può essere così umile da stare con il fiato sospeso di fronte alle labbra di una ragazza. Ma solo grazie a questa divina audacia la promessa rinnovata davanti alla presunzione di Davide ha trovato il suo definitivo compimento. Dio ha una casa. Ma la casa di Dio in mezzo agli uomini è la carne umana del Figlio (Giuliano Zanchi)
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