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Lunedì, 01 Luglio 2013 13:39

CULTO E CULTURA

Lo studio come strategia apostolica e strumento di santificazione
 
iconCULTO E CULTURA (57 kB)




* La biblioteca dei frati è un luogo veramente unico. Luogo di tanti nostri eruditi confratelli. Luogo di ricerca e studio, luogo di spiritualità e di laboratorio pastorale.

* Un Inventario del 1609 registra una numerosa raccolta che, pur favorendo settori specifici quali la filosofia e la teologia, senza preclu­sioni intellettuali spaziava anche tra le più svariate discipline.
Nei decen­ni che seguirono la nascente Congregazione andò affermandosi ulterior­mente non solo quale centro animatore di un solo quartiere o di una sola parrocchia ma come singolare polo di at­trazione culturale dell'intera città di Lucca. Ne derivò la naturale conse­guenza che i locali da tempo adibiti alla custodia dei libri si rivelassero ogni giorno di più fatalmente insufficienti.

*Il salone grande, come lo conosciamo oggi (una sala lunga 26m e larga 8,80 m) è una modificazione avvenuta nel 1725. La parte più antica fu inaugurata nel 1690 e reca al centro sul soffitto un affresco del pittore napoletano Giuseppe Rosa, che spiega il senso della stessa sala, per la vita dei Chierici Regolari della Madre di Dio.

*In esso campeggia 1' "Almae Sa­pientiae Matris in coelum... Assumptae mysterium" tra allegorie, emblemi e ornamenti a girali.
Ma­ria librata in maniera festosa e trionfale verso il cielo; le fa corona una numerosa schiera di Angeli: da quelli che idealmente l'accompagnano in modo più immediato nel suo mistico volo, ad altri impegnati in svariati compiti simbolici ed illustrativi. Due in alto sorreggono una scritta con la dedica a Maria chiamata SAPIENTIAE MATER.
In basso, da sinistra a destra, uno pone in bella evidenza un mappamondo sorretto da un altro Angelo mentre, tra la pila di libri sulla quale siede il primo, spicca il dorso di un testo di ASTROLOGIA: VII con chiaro riferimento al Septimo meaphisicorum di Aristotele; più avanti la PHILOSOPHIA, il cui tomo si in­travede tra una squadra da geometra, un teschio e un osso sorretti da al­trettanti Angeli; un altro di essi è sprofondato nella lettura di un testo di FISICA e verso di lui il penultimo a destra fa ruotare un compasso. La ricca allusività semiologica ci richiama le arti liberali (grammatica, retorica, dialettica - aritmetica, geometria, astronomia, musica in una accezione assai più ampia di quanto non dicano, per noi oggi, i nomi corrisponden­ti) con tutto il loro ricco potenziale di umana creatività pur nella piena consapevolezza della innata, fragile caducità di quanto è fatalmente lega­to all'immanenza della materia. Un lungo cartiglio, sia pure snodato in due frammenti, mostra, invece, la sublimità della teologia rispetto alle al­tre discipline a lei sottomesse e ancillari: THEOLOGIA AEDIFICAVIT SIBI DOMUM è detto nel primo segmento; mentre nel secondo, con la datazione, si legge: AD HONOREM ET GLORIAM EIUS - A[nno] D [omini] 1686.

* Un excursus breve sui testi delle Costituzioni, ci mostra come l’attenzione alla cultura come espediente pastorale, fu un atteggiamento vissuto e voluto da San Giovanni Leonardi stesso e continuato dai suoi fino a noi.


Dalle Costituzioni del 1584

Capitolo 12  Degli studi

E perché con gran difficoltà ordinariamente si può bene insegnare  la parola di Dio, senza lo studio delle sacre lettere perciò a questo s’attenda con ogni diligenza da quelli che saranno giudicati atti e per questo fine.
Il superiore dia ordine che vi sia lezione e conferenza della sacra teologia secondo i tempi e la possibilità de i fratelli, raccordandosi che dei dottori scolastici s’elegga il Dottore Angelico Santo Tommaso, lasciando da parte quegli studi che con loro non hanno altro che del curioso avvertendo di più che nei casi di conscienza si faccia continuo studio perché quest’ esercizio oltre la Bontà, e la principale circostanza, e condizione, che si ricerca in un buon sacerdote o Chierico, come si ha del sacro santo concilio tridentino.


Dalle Costituzioni del 1601 (prime in latino)

1. Poiché senza il presidio della dottrina i più vicini possono essere aiutati in maniera poco adatta né senza pericolo, per questo motivo i nostri devono essere eruditi con gli studi delle lettere per quanto possa bastare ad affrontare con sicurezza questi ministeri, pertanto quelli che, a giudizio del Rettore e dei Consultori, siano stati più ricchi di ingegno e del talento, dei quali, nell’insegnare e nel predicare e nel presiedere, non sembrerà ci si debba pentire, si applichino allo studio della filosofia e della teologia, ma in modo che i corsi di logica e insieme di filosofia si concludano nello spazio di quattro anni al massimo, e altrettanto durino quelli di teologia.
Ma coloro che siano stati non più che mediocri si accontentino dello studio dei casi di coscienza. E perciò, a casa si tenga sempre la lettura dei casi di tale tipo e questo corso sia portato a termine nel giro di tre anni.
[2]

3. Ogni giorno, da quelli che si siano dedicati alle scienze siano tenute ripetizioni e discussioni, se non settimanali, almeno mensili. I precettori in teologia seguano senz’altro la dottrina di S. Tommaso e nei pareri non ostentino niente di nuovo o di pericoloso, e seguano soprattutto la dottrina comune e acquisita e quanto favorisca una retta fede e soprattutto il sentimento religioso, poi insegnino in modo che quelli che ascoltano in breve possano recepire le cose che vengono dette.
[4]


Dalle Costituzioni del 1604 (approvate da un papa Clemente)

CAPITOLO XIII - GLI STUDI DELLE LETTERE

1) Poiché nessuno senza l’aiuto della dottrina, è lontano dal pericolo di errore, erudirebbe i più vicini, per questo gli studi umanistici per portare avanti con sicurezza i nostri ministeri vanno coltivati: perciò compito del Rettore Generale sarà giudicare dei Nostri chi dopo gli anni di prova possa essere applicato allo studio, e ascoltati gli Esaminatori vedere chi debba impegnarsi nella Filosofia e nella Teologia, chi invece debba accontentarsi soltanto dello studio dei casi di coscienza.

2) I nostri Lettori, già esaminati ed approvati dal Rettore Generale su consiglio degli Assistenti completino la Logica insieme alla Filosofia nello spazio di tre anni, la Teologia in quattro, ed in tre anni il corso dei casi di coscienza; se talvolta tuttavia dal leggere a lungo siano stati tenuti lontano altri siano sostituiti al posto di quelli.

3) Si pongano davanti agli occhi la ormai comprovata dottrina della Chiesa Romana, dei Santi Concili e dei Santi Padri, né si allontanino dal modo consueto del loro parlare. Ma nella Sacra Teologia seguano soprattutto la dottrina del divino Tommaso; ma nelle opinioni niente di nuovo, niente di pericoloso assecondino; ma soprattutto abbraccino la dottrina comunemente accolta.

4) Siano versati nelle controversie della fede cristiana, specialmente contro i settari del nostro tempo, e le leggano straordinariamente nelle scuole.
[5-10]

11) Si provvedano di libri tanto i Lettori, quanto i Discepoli e perciò in ogni Collegio la Biblioteca sia di uso comune, chiusa con una chiave comune, donde non possano portarsi via libri se non con il permesso del Rettore; ciascuno però abbia la nota di tutti i libri che gli siano stati consigliati dal Rettore; si guardi tuttavia dal aggiungere il proprio nome tanto nei libri, quanto nelle altre cose destinate al proprio uso; infatti vanno consegnate a ciascuno dei Nostri cose da ottenersi soltanto per l’uso e da lasciarsi al cenno del Superiore.
[12]

13) I Nostri completato il corso della Filosofia sosterranno gli esami di Filosofia, completato il corso di Sacra Teologia sosterranno gli esami della Sacra Teologia soltanto nelle scuole, pubblicamente, purché siano stati ritenuti idonei a sostenerli. Infine completati tali studi a loro per un mese faranno gli esercizi spirituali secondo il costume della nostra Congregazione; e almeno per sei mesi siano esercitati come Novizi nel Noviziato.

14) Nessuno dei Nostri senza il permesso del Rettore Generale stampi libri, o alcun’altra cosa; qualsiasi cosa sia da pubblicare se ne discuta da parte degli Esaminatori (cf. Concilio di Trento, Sessione IV, Decreto sull’edizione dei libri)


Regole del Prefetto della Biblioteca (le prime regole sono del 1590)


1)      Avrà nella biblioteca un indice dei libri proibiti e vedrà che per caso tra quelli non ve ne sia di proibiti o alcuni dei quali non ci si debba servire comunemente.

2)      Tutti i libri saranno collocati nella biblioteca in quell’ordine per cui per le singole materie vi sarà un proprio posto indicato con il proprio titolo.

3)      I singoli libri avranno il titolo scritto sull’esterno, in modo che si possa leggere facilmente.

4)      Avrà un catalogo di tutti i libri, tanto di quelli stampati, tanto di quelli manoscritti, che sono in casa, con gli autori delle diverse materie, distribuiti per ordine alfabetico nelle diverse classi.

5)      Curerà che la biblioteca sia bene pulita ed ordinata, che la si spazzi almeno una volta la settimana, e curerà che i libri siano spolverati; dovrà anche stare attento a che i libri non siano danneggiati dall’umidità o da qualche altro fattore.

6)      Quando si sarà reso conto che in casa mancano alcuni libri necessari, o che altri assai utili siano stati pubblicati, ne informerà il Superiore perché si comprino, se gli parrà il caso, se poi in casa ve ne saranno di inutili, avviserà lo stesso se sia il caso di cambiarli con altri migliori.

7)      Avrà un libro nel quale saranno scritte con attenzione tutte quelle cose che a casa pubblicamente saranno conosciute come Dialoghi, Orazioni, Poemi, e altre di tal genere. Ma conserverà nella biblioteca, unite insieme, le Conclusioni che sono state difese pubblicamente dai Nostri.

8)      Se alcuni libri verranno prestati fuori della casa, userà attenzione per recuperarli a suo tempo ed in un libro annoterà frattanto con giorno e mese sia quali libri siano sia a chi siano stati prestati. Nessun libro, tuttavia, potrà essere prestato ad altri per più di un mese e non se ne daranno neanche in cambio, se non col permesso del Rettore.

9)      Avrà una nota dai singoli Padri di tutti i libri che su permesso del Rettore tratterranno in camera; e secondo il momento se ne riceveranno altri per i quali sia passato meno di otto giorni dalla restituzione, nel libro destinato a tale servizio saranno annotati e, una volta restituiti, si cancellerà quanto scritto.





Lunedì, 01 Luglio 2013 13:33

LO STUDIO PER LA VITA E LA PASTORALE

Non titoli ma servizio


document  LO STUDIO PER LA VITA E LA PASTORALE (48 kB)




DALLE COSTITUZIONI E REGOLE DEL 1988


C 3. I religiosi esplicano l'esercizio dell'apostolato in spirito di apertura ai segni dei tempi e nelle forme sempre aggiornate della pastorale. […].

C 40. La vita religiosa è una scuola continua di servizio del Signore: pertanto la formazione nel senso più vasto abbracci tutta la vita del religioso in un assiduo aggiornamento e rinnovamento.

C 66. Per poter adempiere al divino precetto di ammaestrare i popoli, i nostri religiosi devono acquistare una sana e profonda cultura sacra e umanistica necessaria per diventare validi strumenti al servizio del Vangelo. Negli studi seguano le direttive della S. Sede e la nostra ratio studiorum.

C 67. Nelle discipline scolastiche abbiano dinanzi agli occhi l’insegnamento della Chiesa, dei Sacri Concili e dei Santi Padri che nelle varie culture colgono sempre meglio l’unico messaggio rivelato da Dio. Nella Sacra Teologia si segue, come modello e maestro, l’angelico dottore S. Tommaso.

C 68. Nelle questioni discutibili tutti godano della giusta libertà di investigare e di manifestare con prudenza il loro pensiero su ciò di cui sono esperti, essendo un dovere pastorale intessere un dialogo con il pensiero contemporaneo e le questioni che ne derivano; conservino però il dovuto ossequio al magistero della Chiesa.

C 69. È auspicabile che ci siano religiosi, i quali, in umile spirito di servizio all'Ordine, si dedichino al conseguimento di titoli accademici per essere inseriti in un piano programmato di attività e di sviluppo. È compito del P. Generale stabilire chi debba tendere ad una specializzazione per il bene dell'Istituto e della Chiesa.

C 70.Essendo necessario proseguire la nostra formazione anche dopo il curriculum degli studi, i superiori si adoperino affinché i nostri religiosi possano aggiornare e perfezionare la loro cultura teologica, pastorale e professionale per essere pienamente preparati ad applicare le verità eterne alle mutevoli condizioni di questo mondo e comunicarle in modo appropriato agli uomini contemporanei.

C 72. Per evitare il pericolo che l'adattamento alle esigenze del nostro tempo sia solo esteriore, i religiosi, secondo le capacità e l'indole personale di ciascuno, siano convenientemente istruiti intorno alla mentalità e ai costumi della vita sociale odierna. La formazione poi, attraverso la fusione armonica dei suoi vari elementi, deve avvenire in maniera tale da contribuire all'unità di vita dei religiosi.

C 73. Per tutta la vita i religiosi proseguano assiduamente la propria formazione spirituale, dottrinale e pratica; i superiori, da parte loro, ne procurino i mezzi e il tempo.

C 102. Avendo come esemplare il Santo Fondatore e sotto la guida materna di Maria, modello di tutte le virtù, i religiosi vivano la loro consacrazione secondo i doveri del proprio stato. Coloro che sono insigniti dell'Ordine sacro adempiano agli impegni del sacerdozio ministeriale per tutto il popolo di Dio; i Giovani attendano alla loro formazione religiosa e culturale per divenire dei veri pastori d’anime; i Fratelli disimpegnino con premura e generosa operosità le mansioni che loro sono affidate per la completa edificazione del Corpo di Cristo. Così, compaginata nella carità, vincolo di perfezione tutta la famiglia religiosa testimoni la gioia e la ricchezza spirituale di chi, senza riserve, segue e imita Cristo più da vicino.

C 119. Essendo fine dell'Ordine l'esercizio dell'apostolato per la salvezza delle anime, tutti i nostri religiosi vi si dedichino con impegno e diligenza, secondo le direttive del Magistero, il carisma e la disciplina del nostro Istituto. […].

C 123. Consapevoli che l’avvenire della società dipende dallo sviluppo spirituale e intellettuale degli adolescenti e dei giovani, speranza della Chiesa, i nostri, in fedeltà alle tradizioni dell'ordine, li curino con il massimo impegno e a questo fine promuovano l'insegnamento organico della catechesi e quegli incontri che si dimostrano più adatti a suscitare in essi la pratica della morale cristiana e la piena adesione alla Chiesa.

R. 52 Abbiano come unico scopo dei loro studi la gloria di Dio e la salvezza delle anime e chiedano insistentemente con la preghiera di poter crescere nella cultura per meglio diventare uomini di Dio ed apostoli operosi nella vigna del Signore. Accompagnata da questa rettitudine di intenzione, là loro vita spirituale non sarà minimamente intiepidita dal fervore degli studi, ma ne riceverà tanto più vantaggio quanto più serio e costante sarà l'impegno nei doveri scolastici.

R 61. La necessità di una profonda cultura si fa urgente sia per le nostre case di formazione affinché vi siano educatori e docenti all'altezza del difficile compito, sia per il nostro contributo alla ricerca scientifica degli studi ecclesiastici e per lievitare, secondo la tradizione dell'Ordine, la stessa cultura profana col pensiero della Chiesa.

R 62. É dovere dei giovani tendere ad una migliore formazione intellettuale, poiché questa apre orizzonti più vasti alle possibi­lità umane ed aiuta i religiosi ad inserirsi con più efficacia nella dinamica apostoli­ca dell'Ordine e della Chiesa.

R 63. I superiori inizieranno agli studi di specializzazione quei giovani che, oltre ad avere particolari doti di intelligenza e di volontà, si segnalano per regolare osservanza, pietà e spirito religioso.
Coloro però che sono laureati od hanno un titolo equivalente, non fruiscono, tra i nostri, di particolari privilegi.

R 64. Grande importanza si dia allo studio della mariologia, come carisma del nostro Ordine trasmessoci  dal S. Fondatore, per obbedire all'invito della Chiesa che esorta ad illustrare rettamente gli uffici e i privilegi della Beata Vergine Maria.
Non si trascuri una approfondita conoscenza delle opere che riguardano i nostri religiosi e si incoraggi un approfondimento nelle ricerche di tutto ciò che costituisce materia dell'Ordine.

R 65. Sull'esempio di S. Giovanni Leonardi, che fu uomo del suo tempo, anche la nostra cultura dovrà sintonizzarsi alle esigenze dell'ora presente. Pertanto i nostri partecipino a corsi di aggiornamento e ad incontri di studio sulla dottrina morale, liturgica, pastorale e sociale, promossi nelle nostre comunità o nella Chiesa. Inoltre si favorisca nelle nostre case la diffusione di serie riviste teologiche e scientifiche e ci siano biblioteche veramente efficienti, secondo le esigenze di ogni comunità.

R 107. Siano sempre pronti ad esercitare con la dovuta preparazione il ministero del­la Parola con la catechesi, missioni, con­ferenze, incontri spirituali e culturali in tutte le forme approvate e incoraggiate dalla Chiesa, tenendo presente la mentalità, la ca­pacità, l'età e il genere di vita di coloro che ascoltano.

R 112. Abbiano cura di coltivare adegua­tamente la scienza e l'arte liturgica, affin­ché per mezzo di questo loro ministero i fe­deli elevino una lode più perfetta a Dio.

 
Lunedì, 01 Luglio 2013 13:27

IL NOSTRO CENACOLO

La Chiesa della Rosa


document  IL NOSTRO CENACOLO (44.5 kB)



E’ uno dei luoghi più suggestivi della città.
Per noi è l’inizio di tutto. Tutte le Fonti sono concordi nel dire: Era il primo settembre.


* La Rosa luogo carismatico
* La Rosa luogo spirituale
* La Rosa luogo della formazione
* La Rosa scuola dell’obbedienza
* La Rosa luogo dello studio  (vd Sermoni)
* La Rosa luogo della santità
* La Rosa luogo della Pentecoste e degli Apostoli
* La Rosa luogo della Provvidenza
* La Rosa luogo del rinnovamento
* La Rosa luogo di contraddizione…
* La Rosa…

Alcune testimonianze

Alcune Fonti

Sermoni, Piccia di pane, … Bonafede, Franciotti…


*Il Ven. Padre Cesare Franciotti, in una lettera scritta al nipote Giulio il 29 dicembre 1624, così ricorda i primi tempi della Congregazione passati nella Chiesa della Rosa in Lucca:


ROSA BENEDETTA, O FIORE DI PARADISO

Non vorrei che dopo la morte mia
aveste a gemere questa felice quiete del Noviziato,:
come spesso faccio io quando mi torna alla memoria
la nostra antica  Rosa:

O rosa benedetta, o fiore di Paradiso,
quando mai tornerai a fiorire,
e quando mai tornerò a sentire
i tuoi  soavissimi odori?
Quiete beata, tempo felice,
chi mai da sì tranquillo porto,
dove spirava perpetuo zefiro,
ci tolse?

Almeno accadesse come accade alle stagioni,
che sebben nel venir dell'estate,
e poi nell'inverno si seccano le frondi,
e si perdono i fiori,
tuttavia in capo all'anno
pur se ne torna a rifiorir la primavera,
pur ritornan le rose;
pur rinverdiscono le piante e gli alberi.

Ma io
ahi quanti giorni,
quanti mesi e quanti anni sono,
che piangendo il  quiete, e sereno tempo
della mia primavera spirituale,
non mai più l'ho veduta  ritornare,
non più sento spirare
quel dolce zefiro di divozione,
che sentivo allora,
non più l'odor di quei fiori di spirito,
e di mortificazione
nei quali allora mi deliziavo.
 
Lunedì, 01 Luglio 2013 10:12

LA CROCE GLORIOSA

Misura di tutte le cose


document  LA CROCE GLORIOSA (44 kB)




Inno alla Croce (di san Giovanni Leonardi)


Crucem tuam adoramus, Domine.
Resurrectionem tuam, laudamus Domine.
Laudamus et glorificamus
Resurrectionem tuam, laudamus Domine.


T. O Croce,
il mio cuore languisce d’amore,
di ardente passione e di desiderio,
di fremiti.
Di essere a te unito,
a te fissato,
da te onorato,
illuminato e perfezionato.
Per te restituito a Colui
che è sospeso a te
che dalle sacre gocce del suo sangue
fosti arrossata, fregiata e consacrata.
O se mi sarà concesso
di stendere le mani
sopra le tue braccia,
come fece il mio Maestro.
Avrò conseguito tutto il mio scopo,
raggiungerò ciò che da lungo tempo desiderio,
sarò vero discepolo del mio Maestro.


O Croce,
tu sola sei che mi puoi consolare,
o Croce
tu sola mi puoi appagare,
o Croce
tu sola quella che mi puoi ricondurre
al mio dolce Maestro.
o Croce,
altra via che te, non trovo
per andare a lui,
per presentarmi al suo cospetto,
di far che un domani
possa contemplarlo faccia a faccia.
O Croce,
altra scala non trovo
per potere ascendere al cielo.


O Croce buona accoglimi,
o Croce portatrice di salvezza,
o Croce desiderabile,
o Croce, bella fine della mia lunga peregrinazione,
o Croce ricompensa delle mie afflizioni.
O Croce,
Gemma preziosa,
fregio tessuto di perle e oro,
ghirlanda dei tuoi innamorati,
premio di una vita onorata.
O Croce
a te vengo,
sicuro di recarti gioia.
Vienimi incontro lietamente
poiché tanto tempo ti ho cercata,
ti ho desiderata,
tanto tempo bramata
e finalmente,
ti ho trovata.
In te
finirò il mio viaggio,
in te sarà confermata la mia fede.


Amen. Alleluia!
 
Lunedì, 01 Luglio 2013 10:12

LA PIETRA GETTATA

Cristo è la nostra roccia


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Il Cristo dall’occhio tumefatto

* Sostiamo presso il Crocifisso di Santa Giulia o il Cristo dall’occhio tumefatto.
Mentre guardiamo l’immagine, ascoltiamo la suggestiva storia ed il commento omiletico che Giovanni Leonardi propone ai suoi.


1L. Dai Racconti del Venerabile Padre Cesare Franciotti

Si racconta che nella Città di Lucca un giocatore arrabbiato per aver perso, entrato nella Chiesa di Santa Giulia con un sasso in mano, lo tirò verso il Signor posto in croce, lo percosse nella faccia sull’occhio, e ne uscirono gocce di sangue che caddero nel vaso che ancora in quello stesso luogo si conserva. Spaventato dell’accaduto il giocatore cercava di uscire ma non potè, perché apertasi la soglia della porta che è una pietra molto larga, sprofondò, e la pietra si riserrò, lasciando come una memoria il segno di quell'apertura che lo inghiottì [...]. Si veda nell'Immagine la percossa, e il sasso.
Nel vaso dell'acqua santa sopraddetto vi si vedono ancora le macchie del sangue cadutovi.


2L. Dai «Sermoni» di San Giovanni Leonardi (Sermone alla Compagnia di s. Giulia)

Grande fu l’esaltazione del nostro Crocifisso quando quella persona, tirandogli una pietra con impeto e sdegno, accadde che si aprì la pietra che si trovava sotto i suoi piedi e discese all’inferno.
È grande questo giudizio che lascia stupito chi ci pensa e, agghiacciato chi lo osserva attentamente. E ogni volta che vedete quella pietra, tutti tremate, spaventati da questo giudizio di Dio.
Quanto fu scellerato, triste e crudele quell’uomo poiché ebbe tanto slancio di levarsi verso il suo Creatore! Così avvenne che giustamente egli fu castigato con tale punizione, poiché ebbe ardire lui, essere vile, polvere e cenere, di voler offendere il Creatore.
Ah, mani empie che hanno fatto questo! Cuore malvagio che questo ha pensato!
Apriamo gli occhi ed ammiriamo non come egli fu da Dio castigato e inghiottito dalla terra, ma ammiriamo come Dio non castiga noi e come la terra ci sostiene.
Forse i nostri peccati non sono maggiori dei suoi? O non offendiamo Dio più di lui? E perché non siamo castigati anche noi, che lapidiamo quando pecchiamo?
Ditemi, è maggiore l’offesa fatta a uno fino al sangue, anche se in collera? Certamente si. Quell’uomo era in collera, fuori di sé per colpa di essa, eppure noi, con animo tranquillo pecchiamo, e quanto!
Quell’uomo scagliò una pietra al Crocifisso, noi la scagliamo quando pecchiamo verso il Cielo. Quell’uomo volle disonorare quell’immagine e rovinarla, eppure noi quante volte peccando abbattiamo l’immagine viva del Signore. Quell’uomo, volle profanare quella chiesa materiale, noi peccando macchiamo e profaniamo il tempio vivo dello Spirito santo.
Ahimè non sono maggiori le nostre cattiverie? Si, certamente tanto maggiori che quell’uomo commise solo una volta quel peccato, mentre noi tante volte lapidiamo il Signore.
Non meravigliamoci della sua punizione, ma di noi stessi. Perché ci sorprende che ogni giorno noi lapidiamo il Signore più di quello? Anzi, quell’uomo offese il Crocifisso in una sola sua parte, noi in tutte le sue membra. Poiché, tante volte ci rendiamo superbi, tante volte tiriamo pietre al suo capo; tante volte quante con i nostri occhi lo offendiamo, tante volte tiriamo sassi ai suoi occhi santi, tante volte quando bestemmiamo tiriamo sassi alla sua bocca; quante volte con la gola pecchiamo, tante volte nella gola lo colpiamo.

Ah! Se giustamente Dio castigò costui, perché non dovrebbe farlo con noi? Oh se la terra fece bene ad inghiottirlo! Ora, se quell’uomo meritò ogni sofferenza [pena], noi che abbiamo fatto ogni male che pena meritiamo? Non è forse maggior colpa offendere da quieti che in collera? Offendere in molte parti che in una? Non è peggio offendere l’immaginato che l’immagine?
Se conserviamo pulita quella conca che ha accolto il tuo sangue caduto dopo il colpo sacrilego, non dovremmo conservare molto più limpida la nostra anima?
E se provereste un dolore, se si sporcasse quella conca o se fosse staccato quel sangue, perché voi stessi sporcate l’anima vostra e permettete al demonio di prendere il sangue con il peccato?
Non più pietre, ma amore. Ecco quello che tanto avete lapidato.
Sì Signore, ti abbiamo lapidato il capo con la superbia, gli occhi con gli sguardi…
O Signore, Tu pietra, tira una pietra a queste pietre dei nostri cuori, spezzali.
Ecco! Se morendo facesti spezzar le pietre, ora vivendo, spezzale.

T. Tu sei la pietra bianca e preziosa
gettata via dai costruttori:
Dio ti ha scelto per il suo tempio,
a fondamenta della sua casa.

Tu sei la roccia viva e durissima
percossa a morte dai malfattori:
Dio ti ha fatto sorgente d'acqua
fiume di vita lungo il deserto.

Tu sei il sasso sceso dal monte
pietra d'inciampo ai trionfatori:
Dio ti ha fatto giustizia dei popoli,
segno di pace nell'odio del mondo.

Tu sei la perla pura splendente
riconosciuta dai cercatori:
Dio ti ha preso nella sua mano
come un diamante nella corona.

Noi pellegrini
di ogni ricerca
a te veniamo,
Signore Gesù.
 
Lunedì, 01 Luglio 2013 09:40

L’ANTICA MEMORIA DI UNA LUCE

Sosta all’anagrafe. Luogo dell’apparizione, della comunità e della pasqua di san Giovanni


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* "Oh se tu sapessi!". Sono tra le ultime parole che san Giovanni Leonardi pronunziò in questo luogo la notte dell'8 ottobre 1609. Sono parole che accompagnano uno sguardo, che rivelano lo stupore di chi vede altro, di chi indirizza l'at­tenzione dei circostanti non su di sé, ma verso una realtà atte­sa, bramata. E' il segreto del­l'incontro che si compie; è lo slancio nuziale che genera il linguaggio dei mistici, è la forza che sfida la debolezza del corpo consumato dalla malattia. Giovanni stava lì ad atten­dere ed essere atteso dal suo Maestro e Signore: "Stava con le mani alzate al Cielo, facendo sembianza di chi si maraviglia: né si saziava di render gratie a Dio" (L. Marracci 310). Così ci riferiscono i biografi mentre consegnano ai posteri la "prima iconografia" del Santo.
Occhi e mani al cielo, un frammento di Paradiso sulla terra.


* Questo luogo sulle rive del Tevere è stato più volte testimone del cielo che si apre sulla terra!

QUI un' antica "Narrazione", tra l'altro raccolta e diffusa dal nostro Santo, ricorda che nel VI secolo (524) sorgeva il Portico dì Santa Galla, figlia del Prefetto della Città Simmaco, la quale mentre saziava i poveri e lavava loro i piedi, secondo il monito evangelico, ricevette in dono dall'alto "una luce celeste". La manifestazione di quella luce, fu interpretata dal Papa San Giovanni I che accorse con il popolo romano, e vi riconobbe il segno di predilezione della Madre di Dio per la Città. Da allora questo sito diven­ne, casa di preghiera, ospizio di carità, luogo di liberazione dal male, segno della presenza materna di colei che nei momenti di difficoltà è invocata "Porto della romana sicurezza"!
QUI San Giovanni Leonardi ammainò le vele della sua "piccola barchetta", come amava definire la Congregazione da lui fondata, in questo Porto materno nel 1601.
QUI per otto anni fu pastore zelante, amico di santi, voce profetica nel cuore della Chiesa, uomo pacifico e pacificatore.
QUI offrì ai suoi figli spirituali la regola di vita "approvata da un papa Clemente".
QUI divenne, con la sua stessa vita, "medicina di Cristo" per il popo­lo, dispensando, con la divina Parola, il sacramento dell'Eucaristia e del Perdono.
QUI ricco di anni, lungimirante per la sapienza che modella il cuore dei piccoli, scrisse al Papa (1605) perché la Chiesa risplendesse unicamente per il primato di Cristo e del suo Evangelo.
QUI ideò con lucida visione e pratica esperienza il progetto missionario (1608) perché a chiunque arrivasse la buona notizia del Regno.
QUI chiuse gli occhi alla terra per aprirli al cielo il 9 ottobre 1609 giorno nel quale la Chiesa ricorda la sua Pasqua, il suo transito al Padre.


Ascolta:

«Molto Reverendi Padri in Cristo osservantissimi, benedite il Signore del cielo e glorificatelo davanti ad ogni vivente, perché grande è la sua misericordia con noi.
La trattativa per la nuova Chiesa si è conclusa la vigilia della festa della Madonna. Ora però è il momento che voi altri corrispondiate a tanto favore facendo il dono di voi stessi alla Sposa Vergine promettendole di voler lasciare una delle maggiori imperfezioni che avete e poi venenmdo materialmente in aiuto in questo inizio di una nuova casa».

(Lettera di San Giovanni Leonardi del 24 agosto 1601)


Prega:

Vergine Santissima del Portico, che da tanti secoli fai sentire la tua presenza materna in questa comunità credente, donaci, con il tuo aiuto materno, una coscienza profonda dei nostri limiti, per non lasciarci travolgere dall'orgoglio e servire Dio con umiltà.
Accendi nei cuori di tutti la luce del Vangelo di verità, prega in questo cenacolo, perché Tuo Figlio mandi lo Spinto di unità, di concordia e di perdono.
Raccogli tutti i tuoi figli presso il porto della salvezza per costituire l'unico popolo dell'alleanza.
Fa', o Madre, che spunti presto il giorno in cui concordi formiamo un solo ovile sotto un solo pastore. Amen.
 
Lunedì, 01 Luglio 2013 09:37

STRUMENTO NELLE MANI DI DIO

L’Oratorio di San Giuseppe


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* La Chiesa è l'unico resto del convento delle monache Gesuate fondato nel 1518.
In questo luogo, San Giovanni Leonardi celebrò la Prima Messa il 6 Gennaio 1572, era stato ordinato il 22 Dicembre 1571 a Pisa.


* Anche per noi questo luogo, può far ritornare alla memoria la nostra Ordinazione Presbiterale.
Il mistero del sacerdozio della Chiesa sta nel fatto che noi, miseri esseri umani, in virtù del Sacramento possiamo parlare con il suo Io: in persona Christi. Egli vuole esercitare il suo sacerdozio per nostro tramite.


* Con emozione rivediamoci stesi sul pavimento in gesto di totale consegna, odiamo il canto delle Litanie dei Santi; attendiamo l’imposizione delle mani; sentiamo il calore delle mani del Vescovo e riconosciamo le mani di Colui che ci ha chiamato e a cui abbiamo dato fiducia: Egli ha preso possesso di noi dicendoci: "Tu mi appartieni". Ma con ciò ha anche detto: "Tu stai sotto la protezione delle mie mani. Tu stai sotto la protezione del mio cuore. Tu sei custodito nel cavo delle mie mani e proprio così ti trovi nella vastità del mio amore. Rimani nello spazio delle mie mani e dammi le tue"  accogliamo l’invito a proclamare la Buona Novella, a guidare il Popolo di Dio, a celebrare i divini misteri.


* Sentiamo l’odore del Crisma che ci unge le mani, quell’olio segno dello Spirito santo che ci penetra e ci rende capaci di benedizione, per gli altri, per il mondo.
Il Signore ci ha imposto le mani e vuole ora le nostre mani affinché, nel mondo, diventino le sue.
Vuole che non siano più strumenti per prendere le cose, gli uomini, il mondo per noi, per ridurlo in nostro possesso, ma che invece trasmettano il suo tocco divino, ponendosi a servizio del suo amore.
Vuole che siano strumenti del servire e quindi espressione della missione dell'intera persona che si fa garante di Lui e lo porta agli uomini.


* Ripensiamo anche al giorno della Prima Messa e/o della prima presidenza della Celebrazione, rivediamo la devozione, quasi la paura di porre gli stessi gesti di Gesù e della Chiesa e la grande gioia di essere stati ammessi a un dono così grande e meraviglioso.


* Sono ricordi incancellabili, che riviviamo in questo luogo insieme al nostro santo Fondatore, con indicibile gratitudine verso il Signore.


Dalle Costituzioni e Regole dei Chierici Regolari della Madre di Dio
(Capitolo VI - Vita apostolica)


C 116. La nostra vocazione alla vita consacrata e all'apostolato nasce da una sola risposta interiore alla chiamata del Padre, perché nell'obbedienza allo Spirito imitiamo Gesù: per tutti i nostri religiosi, dunque, l'apostolato comincia con la testimonianza di una vita gioiosamente consacrata e alimentata dalla orazione e dalla penitenza.


C 117. Nelle attività di carattere esterno riguardanti la cura delle anime, l’esercizio pubblico del culto divino e le altre opere di apostolato, si è soggetti al Vescovo diocesano; pertanto si seguano le sue direttive.


C 118. Essendo fine dell'Ordine l'esercizio dell'apostolato per la salvezza delle anime, tutti i nostri religiosi vi si dedichino con impegno e diligenza, secondo le direttive del Magistero, il carisma e la disciplina del nostro Istituto.
Questo apostolato si concretizza soprattutto nell'annuncio della Parola di Dio e nella catechesi, nell’amministrazione dei sacramenti e nel culto mariano.


C 121. I nostri sacerdoti, sull'esempio del S. Fondatore, che si fece tutto a tutti, per guadagnare tutti a Cristo, devono sentire profondamente che la loro azione non solo si attua in comunione con tutta la Chiesa e per suo mandato, ma prende efficacia da Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, che nel Battesimo fa partecipi del suo unico sacerdozio tutti i fedeli e mediante il sacramento dell'Ordine consacra in particolare i presbiteri per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino quali veri sacerdoti del Nuovo Testamento.


C 122. Pertanto come buoni amministratori delle grazie ricevute dispensino generosamente la Parola di Dio; amministrino con zelo e carità i Sacramenti con i quali ci uniamo a Cristo sofferente e glorioso; curino in modo particolare la celebrazione dell’Eucarestia, che racchiude tutto il bene spirituale della Chiesa ed è la fonte e il culmine dell'evangelizzazione; nello spirito di Cristo Pastore amino trovarsi sempre a disposizione dei fedeli che vogliono sottomettere con cuore pentito i propri peccati alla Chiesa, per
convertirsi ogni giorno di più al Signore.


C 123. Consapevoli che l’avvenire della società dipende dallo sviluppo spirituale e intellettuale degli adolescenti e dei giovani, speranza della Chiesa, i nostri, in fedeltà alle tradizioni dell'ordine, li curino con il massimo impegno e a questo fine promuovano l'insegnamento organico della catechesi e quegli incontri che si dimostrano più adatti a suscitare in essi la pratica della morale cristiana e la piena adesione alla Chiesa.


C 124. Docili alle direttive della Chiesa, facendo propria l’ansia missionaria del S. Fondatore, che ideò il Collegio de Propaganda Fide, e sensibili alle esigenze dei tempi, i nostri devono prendere coscienza della responsabilità di predicare il Vangelo ad ogni creatura, affinché si raccolgano nell’unico ovile di Cristo le genti ovunque disperse.


C 127. Il nostro apostolato parte e si irradia principalmente dalle nostre chiese.
Queste pertanto siano centri animatori di vita liturgica e sacramentale, secondo la spiritualità dell'Ordine.
Le funzioni liturgiche si compiano con grande decoro, in conformità con lo spirito e le disposizioni della Chiesa, nella certezza che nella liturgia terrena si partecipa, pregustandola, a quella celeste.
Non manchino le altre attività apostoliche di promozione umana, cristiana, missionaria e di impegno sociale.


R.106. I nostri diano costante testimo­nianza delle virtù cristiane e religiose che, in armonia con i doveri della vita consacra­ta, rendano più efficace il loro apostolato.
Risplenda pertanto in essi la modestia, la semplicità di vita, l'umile sentimento di sé e il rispetto verso gli altri.


R.107. Siano sempre pronti ad esercitare con la dovuta preparazione il ministero del­la Parola con la catechesi, missioni, con­ferenze, incontri spirituali e culturali in tutte le forme approvate e incoraggiate dalla Chiesa, tenendo presente la mentalità, la ca­pacità, l'età e il genere di vita di coloro che ascoltano.


R.108. Il ministero sacro può essere gran­demente avvantaggiato dalle moderne tec­niche della comunicazione sociale; i nostri pertanto usino questi strumenti seguendo le istruzioni pastorali della Chiesa.                      


R.109. Siano solleciti nel visitare i mala­ti e nell'assistere i moribondi, zelanti nel portare la pace e la serenità nelle famiglie, invitando tutti con il loro continuo aposto­lato alla conversione e alla santità.


R.110. I sacerdoti rivestiti dell'ufficio di parroci eserciteranno là cura pastorale sotto l'autorità del Vescovo diocesano, secondo le norme della Chiesa.
Siano tra i fedeli della parrocchia esempio di virtù e di bon­tà, in modo che dal loro comportamento risplenda la missione del Divino Maestro, presente nel loro servizio per insegnare, san­tificare e governare.
In conformità alla no­stra tradizione promuovano l'apostolato della Parola di Dio, la celebrazione dei sa­cramenti, l'insegnamento della Dottrina Cristiana, la formazione dei fanciulli e dei giovani; sviluppino l'attività missionaria, il fervore delle opere caritative e sociali e lo zelo della casa di Dio.
Sappiano infine che soprattutto a loro sono affidati i poveri e i malati, ai quali il Signore volle dimostrarsi particolarmente unito.


R.111. Per rendere più intensa ed estesa l'attività apostolica del Popolo di Dio, pro­muovano ed assecondino la collaborazio­ne dei laici affinché partecipino anch'es­si, secondo le loro forze e le necessità dei tempi, all'opera salvifica della Chiesa.


R.112. Abbiano cura di coltivare adegua­tamente la scienza e l'arte liturgica, affin­ché per mezzo di questo loro ministero i fe­deli elevino una lode più perfetta a Dio. 
 
Lunedì, 01 Luglio 2013 08:57

Celebrazioni




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   iconRINNOVAZIONE DEI VOTI nell'ANNO DELLE COSTITUZIONI (378.51 kB)

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Martedì, 21 Maggio 2013 11:28

Anno delle Costituzioni

stand testata_sito Con un rito speciale ha avuto inizio il 1° settembre del 2012 l’Anno delle Costituzioni indetto dal P. Generale. Il rito di apertura è stato un segno di gratitudine e di impegno per il dono delle Costituzioni all’osservanza delle quali San Giovanni Leonardi, nostro Fondatore ha vincolato il cammino della santità personale e della santificazione del prossimo: santi per santificare. Nella sua sobrietà, si è svolto in un clima familiare, in ogni comunità locale che nella testimonianza della vita religiosa e nelle attività apostoliche manifesta il carisma ereditato dal santo Fondatore ed approvato dalla Chiesa.


pdf   RITO DI APERTURA



 
P. Pietro Pieroni omd, in Notiziario OMD, 87 (1991), 6-9.


Tra gli elementi teologici fondamentali delle Costituzioni rinnovate, assume una rilevanza notevole quello mariano, come distintivo e stemma del nostro Ordine.

Questo breve e articolato studio di p. Pieroni, mostra la presenza di Maria nella vita dell’Ordine, delle comunità, del singolo religioso, e nella vita apostolica.


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pdf   pdf Lo spirito mariano nelle costituzioni - Pieroni (15.95 kB)
 
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