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Sabato, 16 Giugno 2012 16:21

La misura di Dio

199L’immaginazione umana, intenta a individuare segni della presenza di Dio nella storia, alza normalmente lo sguardo in cerca di qualcosa che sopravanzi l’ordinaria statura delle cose umane. Il divino - se agisce - deve, per definizione, produrre segni di manifestazione che siano inequivocabili, portentosi, paranormali, dotati di quella efficacia che non aspetta tempo a far valere le proprie regole, a imporre la propria logica, ad applicare quando è il caso - il processo della propria resa dei conti. Quando Dio arriva - pensa l'uomo, specie se religioso -, ci si accorge per forza. Non è tipo da passare inosservato. La sua non è presenza che ama dissimularsi. Entra, al contrario, nella mischia segnando perentoriamente il proprio territorio. Questa idea di una presenza divina provvista di sicura e spietata efficienza cosmica assiste da sempre le ambizioni di un certo zelo religioso. L'antica Scrittura, in effetti, per esempio at­traverso la visionarietà escatologica di Ezechiele, attribuisce sovente connotati di grandezza alle intenzioni con cui Dio annuncia il suo imminente ingresso nella storia degli umani. Esse si incarneranno certamente in una presenza dotata di inestirpabile stabilità, di definitiva solidità, di sicura ospitalità. Dio entrerà nella storia umana con la solennità di un cedro secolare, con la maestosità di un albero senza tempo, con una possenza senza confronti. Ma già in questa dichiarazione di grandezza e di sublimità erano contenuti i principi di una logica anomala capace di lasciare interdetta qualsiasi ragione del buon senso umano. Già il Dio degli eserciti, quello testimoniato da Ezechiele, faceva dipendere il propagarsi della propria potenza di crescita da un punto di germinazione minimo, elementare, invisibile. Al Dio di Ezechiele basta un rametto di cedro per mettere in moto il metabolismo del suo radicamento nella storia e, una volta impiantate le sue radici, ha la forza di ribaltare le più consolidate gerarchie delle potenze vitali del mondo. Il piccolo lo farà diventare grande. A chi si crede immenso rivelerà la sua piccolezza. L'assimilazione con cui il Figlio parla del Regno come di qualcosa di invisibile rivela definitivamente la felpata discrezione con cui il Dio dell'alleanza entra nello spazio della storia umana. Quando arriva, normalmente si confonde con la terra della vita umana. Agisce facendone lievitare la quotidiana nascosta bellezza. Essa resta invisibile allo sguardo di quelli che cercano segni di manifestazione "religiosa". Si manifesta invece nella sua smisurata potenza di ramificazione agli occhi di chi la sa cercare negli innumerevoli atti con cui gli umani preservano nella carità la grazia della fraternità reciproca. Allora si scopre che Dio è continuamente in azione. Persino all'insaputa di quelli che sono chiamati a esserne testimoni. A loro toccherebbe semplicemente avere occhi per riconoscere dove essa già scava sentieri di salvezza nella fragile vita degli umani. Magari ringraziare Dio con stupefatta meraviglia. (Giuliano Zanchi)

 
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