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Sabato, 10 Dicembre 2011 10:33

Il mondo riconciliato


172Figura anche ingombrante quella del Battista se l’evangelista Giovanni deve impegnarsi a mettere in scena una sorta di quadro didattico attraverso cui esplicitare la corretta gerarchia che deve legare l’ultimo profeta all’autentico messia. L’ambiente che ha generato il Battista e Gesù dev’essere stato abbondantemente contiguo, comune, prossimo, tanto da rendere indiscernibile la linea di confine delle loro rispettive biografie spirituali. Le cerchie dei rispettivi discepoli devono anche essere state tra loro in un qualche antagonismo, forse anche al tempo in cui questo vangelo giovanneo prende forma, chiamandolo dunque al chiarimento sulla natura dei rispettivi maestri. L’evangelista incastona nella lirica del suo prologo una parentesi “dogmatica” incaricata di conferire importanza ma non primato al ruolo del Battista, di riconoscerne il ruolo ma di non equivocarne la natura, di esaltarne la funzione ma di non esasperarne le pretese. Ma non bastando l’unilateralità della sua lezione teologica, l’evangelista Giovanni convoca tutte le voci di una specie di commissione di inchiesta la cui puntigliosità ha lo scopo di produrre la stessa “confessione” del Battista,la sua aperta e inequivocabile dichiarazione di subalternità all’ineguagliabile grandezza messianica di Colui che non viene nominato ma si sa di imminente apparizione. Tutto viene postillato, con quello storicismo tipico che si va riscoprendo in Giovanni, da un preciso riferimento di luogo, che deve imprimere alla scena – e dunque alla confessione – un sigillo di inoppugnabile oggettività storica. In gioco è l’identità del Cristo alla cui più delicata apparizione la presenza del Battista deve aver fatto molta ombra. Come in Marco entrano in gioco il ruolo del battesimo e il richiamo a Isaia, ma che per Giovanni teologo dal volo d’aquila, sono elementi entro cui fare le debite distinzioni, mettendo in luce il senso nuovo e unico che essi acquistano nell’orizzonte della venuta messianica. Pure anticipazioni, ombre tipologiche dei compimenti che diverranno con Gesù, essi saranno il distintivo della scena inaugurale dell’ingresso dell’Altissimo nella storia degli umani. Il battesimo non sarà più emblema di una terapia morale richiesta da un’alleanza avvolta ancora dall’ombra, ma sarà quello operato nello Spirito, autentica ricreazione dell’uomo interiore, nuova genesi dell’umano, operata mediante la carne umana del Figlio, alla cui perfezione definitiva nessuno potrà mai togliere più nulla. Quanto a Isaia, sulla scia della felice immaginazione di un mondo riconciliato alla luce dell’alleanza, con Gesù acquisterà tutto il realismo della forma tipica dell’apparire di Dio nel suo Messia: si vedranno storpi camminare, ciechi vedere, prigionieri in libertà, fragilità recuperate, umanità reintegrate. E tutto questo sarà il segno che Dio opera. La venuta del Regno verrà sottratta all’immaginazione giudiziaria del Battista.Verrà consegnata invece alla letizia di una grazia indefettibile. Quella di cui Paolo insegna a gioire ai suoi cristiani di Corinto. (Giuliano Zanchi)
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