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Con Cristo
misurate le cose
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Domenica 15 giugno nella Solennità de la Ssma. Trinità, sono stati cosacrati presbiteri due diaconi cileni Javier e Claudio. L’Eucaristia è stata celebrata nel Duomo di Rancagua il rito è stato officiato da Mons. Alejandro Goic Karmelic, vescovo di questa diocesi. Hanno concelebrato il Rettore Generale e il P. Delegato del Cile. Durante l’omelia Mons. Goic ha sottolineato sopratutto il dono e il centro della Trinitá: amore; questo amore che chiama e porta a farsi di Dio. Alla fine ha detto che “soltanto nella mano della Vergine, la Madre di Dio, possiamo andare avanti nel ministero sacerdotale”. In conclusione il Padre Generale ha ringrazio il vescovo ed anche tutto il popolo di Dio, affermando che in questa solennità i neo sacerdote sono un dono per l’Ordine, ma anche per tutta la Chiesa. Dopo la celebrazione si è condiviso insiseme a tutti i partecipanti presso la Parrocchia N. S. del Carmine.
Il Tema di P. Javier é: “Concedi al tuo servo un cuore docile” (1 Re 3,9), e quello di P. Claudio é: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore” (Gv 10,11)
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17 giugno 2014
La festa di Pentecoste è stata festeggiata nella Parrocchia N.S. di Guadalupe del Cile, con la Professione Solenne del chierico Saúl Ahumada, nell’Ordine della Madre di Dio L’ Eucaristia è stata presiduta dal Rettore Generale, P. Francesco Petrillo, ed insieme ai confratelli religiosi, sacerdote, famiglia e fedeli. P. Francesco nell’omelia ha sottolineato ciò che porta con sé la Pentecoste, ed inoltre, come la consacrazione e anche un dono per la Chiesa. Al termine della liturgia, Saúl ha ringraziato tutti, e sopratutto Dio, per quel percorso che gli ha lasciato fare nell’Ordine della Madre di Dio.
14 giugno 2014
E’ uscito il periodico dell’Ordine della Madre”Notiziario OMD” numero 174. Su questo numero continua la riflessione spirituale sulla “Spezieria del Fondatore” a cura del P. Generale. Notizie dalle comunità in particolare l’apertura della nuova casa in Colombia. 13 giugno 2014
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Notiziario 174
Tutti noi sappiamo che la Nigeria è una grande paese nel quale molti contrasti si sono manifestati in questi ultimi tempi. Rapimenti di 240 ragazze, autobomba nelle piazze, persone che si fanno esplodere in Chiesa contro i cristiani. Sono pagine che fanno piangere ai nigeriani, ma anche a noi che con loro continuavamo la missione. Questo ha detto il P. Generale dell’Ordine della Madre di Dio in visita alla Nigeria. I constasti sono evidente. Da un lato si sono stragi e ferite, ma da un altro c’è pace e riconciliazione, come oggi hanno fatto i religiosi OMD in Nigeria con il loro seminario e con i fedeli. Abbiamo voluto celebrare la domenica V di Pasqua con la comunità, offrendo alla Chiesa i tre nuovi ministri, uno di Accolitato gli altri due di Lettorato, come segno di riconciliazione e di pace. Annunciare Cristo e servire l’altare del Signore, ha detto P. Francesco Petrillo, significano mettere una risorsa capace di spaccare ogni prepotenza e guerra. È Il Signore che ci da questa forza e ci fa capaci di continuare la missione pasquale che lui ha inaugurato. Un mondo nuovo del quale Cristo è la pietra d’angolo. La festa è stata partecipate da tutti, ma in particolare i bambini che oggi hanno fatto la loro festa e sono stati messi al centro del seminario. Nel pomeriggio il P. Generale ha fatto una visita alla scuola “ St. John Leonardi nursery primary and secondary school”, fatta costruire dell’Ordine della Madre di Dio con i proventi ricevuti dalla Conferenza Episcopale Italiana, grazie all’attenzione della EsseGiElle. Anche questa iniziativa, va in contrasto con quanto abbiamo detto della violenza e della soprafazione. Una scuola, che sarà inaugurata il 15 agosto, è una vittoria della pace e della voglia di mettere al centro i bambini contro ogni volontà di usarli per i loro sforzi i ribelli e i terroristi.
L’Ordine in Cile ha la gioia di festeggiare nel prossimo mese due celebrazioni importanti: La Professione Solenne del Chierico Saúl Ahumada il giorno di Pentecoste nella parrocchia N.S. di Guadalupe e l’ordinazione presbiterale dei diaconi: Javier e Claudio nella Solennità della Santissima Trinità nel Duomo di Rancagua da Mons. Alejandro Goic.
16 giugno 2014
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Invitacion ordenacion
Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fiducia. Sono le parole primarie del nostro rapporto con Dio e con la vita, quelle che devono venirci incontro appena aperti gli occhi, ogni mattina: scacciare la paura, avere fiducia. Avere fiducia (negli altri, nel mondo, nel futuro) è atto umano, umanissimo, vitale, che tende alla vita. Senza la fiducia non si può essere umani. Senza la fede in qualcuno non è possibile vivere. Io vivo perché mi fido. In questo atto umano la fede in Dio respira. Abbiate fede in me, io sono la via la verità e la vita. Tre parole immense. Che nessuna spiegazione può esaurire. Io sono la via: la strada per arrivare a casa, a Dio, al cuore, agli altri. Sono la strada: davanti non si erge un muro o uno sbarramento, ma orizzonti aperti e una meta. Sono la strada che non si smarrisce. Shakespeare scrive «la vita è una favola sciocca recitata da un idiota sulla scena, piena di rumore e di furore, ma che non significa nulla». Con Gesù la favola senza senso diventa la storia più ambiziosa del mondo, il sogno più grandioso mai sognato, la conquista di amore e libertà, di bellezza e di comunione: con Dio, con il cosmo con l'uomo. Io sono la verità: non in una dottrina, in un libro, in una legge migliori delle altre, ma in un «io» sta la verità, in una vita, nella vita di Gesù, venuto a mostrarci il vero volto dell'uomo e di Dio. Il cristianesimo non è un sistema di pensiero o di riti, ma una storia e una vita (F. Mauriac). Io sono: verità disarmata è il suo muoversi libero, regale e amorevole tra le creature. Mai arrogante. La tenerezza invece, questa sorella della verità. La verità sono occhi e mani che ardono! (Ch. Bobin). Così è Gesù: accende occhi e mani. Io sono la vita. Che hai a che fare con me, Gesù di Nazareth? La risposta è una pretesa perfino eccessiva, perfino sconcertante: io faccio vivere. Parole enormi, davanti alle quali provo una vertigine. La mia vita si spiega con la vita di Dio. Nella mia esistenza più Dio equivale a più io . Più Vangelo entra nella mia vita più io sono vivo. Nel cuore, nella mente, nel corpo. E si oppone alla pulsione di morte, alla distruttività che nutriamo dentro di noi con le nostre paure, alla sterilità di una vita inutile. Infine interviene Filippo: «Mostraci il Padre, e ci basta». È bello che gli apostoli chiedano, che vogliano capire, come noi. Filippo, chi ha visto me ha visto il Padre. Guardi Gesù, guardi come vive, come ama, come accoglie, come muore, e capisci Dio e la vita.
Si terrà presso il Santuario Santa Maria della Chiesa Jaddico (Brindisi) il prossimo 1 giugno, il Meeting delle Madrine OMD 2014. “Una giornata di comunione e formazione, preghiera e condividere”, ha affermato P. Luigi Piccolo Delegato Generale Opera Madrine OMD. La presenza delle Madrine OMD nella Chiesa, ispirata al carisma leonardino, ha lo scopo di pregare e sostenere le vocazioni dell’Ordine. 13 maggio 2014
Hanno preso parte all’Eucaristia di lunedì 12 maggio nella Cappella di Santa Marta in Vaticano celebrata da Papa Francesco, una rappresentanza di fedeli della Parrocchia di Santa Maria in Portico in Campitelli accompagnati dal Parroco P. Davide Carbonaro. Al temine della celebrazione sono stati ricevuti e ascoltati dal Santo Padre con paterna cordialità. La comunità parrocchiale ha voluto lasciare in dono a Papa Francesc,o una copia dell’icona di Santa Maria in Portico particolare protettrice di Roma. Nell’omelia durante la santa Messa, il Papa ha ricorrdato il compito essenziale della Chiesa che è quello di “aprire porte”. “Chi siamo noi per chiudere le porte” allo Spirito Santo? È la domanda ricorrente che Papa Francesco ha posto durante l’omelia della Messa del mattino, presieduta a Casa Santa Marta, e dedicata alla conversione dei primi pagani al cristianesimo. Lo Spirito Santo, ha ribadito, è quello che fa andare la Chiesa “oltre i limiti, più avanti”. Lo Spirito soffia dove vuole, ma una della tentazioni più ricorrenti di chi ha fede è di sbarrargli la strada e di pilotarlo in una direzione piuttosto che un’altra. Una tentazione non estranea nemmeno agli albori della Chiesa, come dimostra l’esperienza che vive Simon Pietro nel brano degli Atti degli Apostoli proposto dalla liturgia. Una comunità di pagani accoglie l’annuncio del Vangelo e Pietro è testimone oculare della discesa dello Spirito Santo su di loro, ma prima esita ad avere contatti con ciò che aveva sempre ritenuto “impuro” e poi subisce dure critiche dai cristiani di Gerusalemme, scandalizzati dal fatto che il loro capo avesse mangiato con dei “non circoncisi” e li avesse persino battezzati. Un momento di crisi interna, che Papa Francesco rievoca con un filo di ironia: “E’ una cosa che non si poteva pensare quella. Se domani venisse una spedizione di marziani, per esempio, e alcuni di loro venissero da noi, ecco... marziani, no? Verdi, con quel naso lungo e le orecchie grandi, come vengono dipinti dai bambini ... E uno dicesse: ‘Ma, io voglio il Battesimo!’. Cosa accadrebbe?”. Pietro comprende l’errore quando una visione gli illumina una verità fondamentale: ciò che è stato purificato da Dio non può essere chiamato “profano” da nessuno. E nel narrare questi fatti alla folla che lo critica, l’Apostolo – ricorda Papa Francesco – rasserena tutti con questa affermazione: “Se dunque Dio ha dato loro lo stesso dono che ha dato a noi, per avere creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?”. “Quando il Signore ci fa vedere la strada, chi siamo noi per dire: ‘No Signore, non è prudente! No, facciamo così’… E Pietro in quella prima diocesi – la prima diocesi è stata Antiochia – prende questa decisione: ‘Chi sono io per porre impedimenti?’. Una bella parola per i vescovi, per i sacerdoti e anche per i cristiani. Ma chi siamo noi per chiudere porte? Nella Chiesa antica, persino oggi, c’è quel ministero dell’ostiario. E cosa faceva l’ostiario? Apriva la porta, riceveva la gente, la faceva passare. Ma mai è stato il ministero di quello che chiude la porta, mai!”. Ancora oggi, ripete Papa Francesco, Dio ha lasciato la guida della Chiesa “nelle mani dello Spirito Santo”. “Lo Spirito Santo – prosegue – è quello, come dice Gesù, che ci insegnerà tutto” e “farà che noi ricordiamo quello che Gesù ci ha insegnato”: “Lo Spirito Santo è la presenza viva di Dio nella Chiesa. E’ quello che fa andare la Chiesa, quello che fa camminare la Chiesa. Sempre più, oltre i limiti, più avanti. Lo Spirito Santo con i suoi doni guida la Chiesa. Non si può capire la Chiesa di Gesù senza questo Paraclito, che il Signore ci invia per questo. E fa queste scelte impensabili, ma impensabili! Per usare una parola di San Giovanni XXIII: è proprio lo Spirito Santo che aggiorna la Chiesa: veramente, proprio la aggiorna e la fa andare avanti. E noi cristiani dobbiamo chiedere al Signore la grazia della docilità allo Spirito Santo. La docilità a questo Spirito, che ci parla nel cuore, ci parla nelle circostanze della vita, ci parla nella vita ecclesiale, nelle comunità cristiane, ci parla sempre”.
l buon pastore chiama le sue pecore, ciascuna per nome. Non l'anonimato del gregge, ma nella sua bocca il mio nome proprio, il nome dell'affetto, dell'unicità, dell'intimità, pronunciato come nessun altro sa fare. Sa che il mio nome è «creatura che ha bisogno». Ad esso lui sa e vuole rispondere. E le conduce fuori. Il nostro non è un Dio dei recinti chiusi ma degli spazi aperti, pastore di libertà e di fiducia. E cammina davanti ad esse. Non un pastore di retroguardie, ma una guida che apre cammini e inventa strade, è davanti e non alle spalle. Non un pastore che pungola, incalza, rimprovera per farsi seguire ma uno che precede, e seduce con il suo andare, affascina con il suo esempio: pastore di futuro. Io sono la porta, Cristo è passaggio, apertura, porta spalancata che si apre sulla terra dell'amore leale, più forte della morte ( chi entra attraverso di me si troverà in salvo); più forte di tutte le prigioni ( potrà entrare e uscire), dove si placa tutta la fame e la sete della storia ( troverà pascolo). E poi la conclusione: Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza . Non solo la vita necessaria, non solo la vita indispensabile, non solo quel respiro, quel minimo senza il quale la vita non è vita, ma la vita esuberante, magnifica, eccessiva, vita che dirompe gli argini e sconfina, uno scialo di vita. Così è nella Bibbia: manna non per un giorno ma per quarant'anni nel deserto, pane per cinquemila persone, carezza per i bambini, pelle di primavera per dieci lebbrosi, pietra rotolata via per Lazzaro, cento fratelli per chi ha lasciato la casa, perdono per settanta volte sette, vaso di nardo per 300 denari sui piedi di Gesù In una piccola parola è sintetizzato ciò che oppone Gesù, il pastore vero, a tuti gli altri, ciò che rende incompatibili il pastore e il ladro. La parola immensa e breve è «vita». Cuore del Vangelo. Parola indimenticabile. Vocazione di Dio e vocazione dell'uomo. «Non ci interessa un divino che non faccia anche fiorire l'umano. Un Dio cui non corrisponda il rigoglio dell'umano non merita che ad esso ci dedichiamo» (Bonhoeffer). Pienezza dell'umano è il divino in noi, diventare figli di Dio: i quali non da sangue, non da carne, ma da Dio sono nati (cfr. Gv 1,13 ). Diventare consapevoli di ciò che già siamo, figli, e non c'è parola che abbia più vita dentro; realizzarlo in pienezza. E questo significa diventare anch'io pastore di vita per il piccolo, per il pur minimo gregge (la mia famiglia, la mia comunità, gli amici, cento persone con nome e volto) che Lui ha affidato alle mie cure. Vocazione di Cristo e dell'uomo è di essere nella vita datori di vita.
Il Vangelo di Emmaus si snoda, come una grande liturgia, in tre momenti: la liturgia della strada, della parola e del pane. La liturgia della strada. Emmaus dista da Gerusalemme due ore di cammino, due ore trascorse a parlare di quel sogno in cui avevano tanto sperato, un sogno naufragato nel sangue. Camminano, benedetti dal salmo 84 dice: beato l'uomo che ha sentieri nel cuore. Che ha il coraggio di mettersi in cammino. Anche la fede è un perpetuo camminare, perché Dio stesso è una vetta mai conquistata, e l'infinito ci attende all'angolo di ogni strada. Pasqua è voce del verbo pèsach, passare. Fa pasqua chi fabbrica passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, chi apre brecce, chi inventa strade che ci portino gli uni verso gli altri e insieme verso Dio. Ed ecco Gesù si avvicinò e camminava con loro. Un Dio sparpagliato per tutte le strade, un Dio vestito di umanità ( Turoldo), un Dio delle strade, continuamente in cerca di noi. La liturgia della parola. Spiegava loro le scritture, mostrando che il Cristo doveva patire: la sublime follia della Croce è la parola definitiva che ogni cristiano deve custodire, trasmettere, scrutare, capire, pregare. Gesù fa comprendere che la Croce non è un incidente ma la pienezza dell'amore, che cambia la comprensione di Dio e della vita. I due camminatori scoprono una verità immensa. C'è la mano di Dio posata là dove sembra impossibile, proprio là dove sembrava assurdo: sulla croce. Così nascosta da sembrare assente, mentre invece sta tessendo il filo d'oro della tela del mondo. Non dimentichiamolo: più la mano di Dio è nascosta più è potente. La liturgia del pane. Resta con noi, perché si fa sera. Ed egli rimase con loro. Da allora Cristo entra sempre, se soltanto lo desidero. Rimane con me e mi trasforma, cambiandomi tre cose, il cuore, gli occhi, il cammino. La Parola ha acceso il cuore, il pane apre gli occhi dei discepoli: Lo riconobbero allo spezzare del pane. Il segno di riconoscimento di Gesù è il suo Corpo spezzato, vita consegnata per nutrire la vita. La vita di Gesù è stata un continuo appassionato consegnarsi. Fino alla croce. Infine la parola e il pane cambiano il cammino, la direzione, il senso: Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme. Ma il primo miracolo è stato un altro: non ci bruciava forse il cuore mentre per via ci spiegava il senso delle Scritture e della vita? Efrem Siro presta a Gesù queste parole: chi mangia me, mangia il fuoco! Ricevere Cristo è essere abitati da un calore, da una fiamma, dal dono intermittente, forse, ma favoloso, del cuore acceso.