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CASEdSANTIDopo la prima edizione del 2009, le Case di otto Santi (S. Antonio M. Zaccaria; S. Camillo de Lellis; S. Carlo da Sezze; S. Felice da Cantalice; S. Giovanni Leonardi; S. Giuseppe Calasanzio; S. Ignazio di Loyola; S. Leonardo da Porto Maurizio) protagonisti delle vicende culturali e spirituali di Roma tra il 1500 e il 1700, aprono nuovamente e contemporaneamente le loro porte. La manifestazione è realizzata con il sostegno di Roma Capitale - Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico. Per tre giorni a settimana (venerdì, sabato e domenica) e per la durata di un mese (25 maggio-23 giugno), il pubblico avrà l’opportunità di conoscere, attraverso visite guidate gratuite, e specifiche conferenze, alcuni dei luoghi altamente simbolici per la Città Eterna. L’accesso alle Case dove dimorarono i Santi, inglobate all’interno di capolavori dell’architettura ecclesiastica romana, permette di intraprendere un percorso artistico, storico e spirituale che, partendo dalle esperienze dei singoli Santi, arriva fino ai giorni nostri. Contraddistingue questa seconda edizione un ciclo di otto conferenze ad ingresso libero, sulle figure dei rispettivi Santi, che consentiranno di approfondire aspetti meno noti della loro vita e della loro attività spirituale, missionaria e sociale a Roma. L’evento è arricchito da un concerto conclusivo, ad ingresso libero, di musica corale sacra. Venerdì 22 giugno alle ore 21,00, presso la chiesa della Maddalena a Roma, il Vocalia Consort eseguiranno “Un canto fatto preghiera”.


7 maggio 2012

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Domenica, 06 Maggio 2012 07:21

Amalagam India: Giornata dei genitori”

amalagam-P-daySi è svolto in Amalagam nella Casa di Formazione a Madurai- India, l’incontro dei genitori dei giovani in formazione. Un momento di entusiasmo e di gioia nel sapere e vedere la crescita dei loro figli. Domenica 29 aprile nella mattinata  il Rettore ed i formatori hanno incontrato personalmente tutti genitori insieme  ai giovani aspiranti. Nel dopo pranzo, organizzato dalla comunità formativa, un incontro con giochi e momenti di condivisione. Al termine la celebrazione dell’Eucaristia presieduta da P. Donathius mentre a tenere l’omelia è stato P. Santhosh. Hanno concelebrato  P. Tomaso Petrongelli, Delegato, P. Justin , P. Beno e il Diacono Cyril. In serata è stato presentato un programma culturale per mezzo del quale i ragazzi hanno mostrato i loro talenti attraverso, balli, canti, ecc., Durante questo momento è stato proposto dal Padre Delegato e da P. Donathius il “Leo Creations” e “Leo Arts”, una serie di collezione, di Articoli e arte realizzate dagli studenti  Un  momento di famiglia ha affermato P. Beno a conclusione dell’incontro. Tutti hanno insisto in accordo con i genitori di continuare questa relazione con il seminario ed aiutare i formatori nella crescita umana, spirituale e vocazionale dei loro figli.

5 maggio 2012
 
Domenica, 06 Maggio 2012 06:22

La Sapienza incisa nel cuore

193La vulcanica fucina della lingua giovannea ha forgiato le metafore più intense che la letteratura evangelica possieda per designare la grazia indicibile dell'appartenenza umana alla vita del Figlio. Il cristocentrismo su cui si fonda il mistero di una nuova alleanza stretta attorno al corpo umano di Gesù ha bisogno di tradursi in analogie elementari, dense, immediate. Cristo è pane, Cristo è strada, Cristo è pastore, Cristo è porta, Cristo è pietra. Tutto quando sia originario e indispensabile. Questa volta Cristo è vite. La metafora intercetta un'attesa umana radicale. Tutti vivono della grazia di essere attaccati a qualcosa e di appartenere a qualcuno. Sentiamo di essere qualcuno solo quando siamo certi di essere di qualcuno. La vicenda esistenziale di ogni essere umano acquisisce la propria densità nella misura in cui mette positivamente alla prova la tenuta dei propri vincoli affettivi, come nella felicità dei bambini a cui si mostra il video di nozze dei loro genitori, nell'instancabile tenacia con cui i vecchi raccontano sempre la stessa storia, nella gioia con cui due innamorati scoprono di essere reciprocamente la dimora uno dell'altra. La rassicurazione è sempre quella: non è il caso che ti porta, c'è qualcuno che ti vuole, esiste un luogo da cui provieni. L'autodefinizione di Gesù, non a caso fatta pronunciare da Giovanni nel contesto di una cena di congedo, salda queste originarie percezioni umane al mondo della vita divina finalmente in procinto di svelarsi in tutta la sua paterna affidabilità. Non siamo le creature di un demiurgo lontano, non siamo prodotti genetici abbandonati al loro destino, non siamo naufraghi dell'esistenza che hanno come unico appoggio la zattera del loro piccolo io. Siamo esseri degni di essere voluti. Viviamo a patto di non recidere il filo che ci collega a quella volontà.

La notizia si accompagna anche al comandamento. Il dono viene sempre col compito. La grazia di aver ricevuto porta con sé la tentazione di dimenticarsene. Perdere coscienza della natura vitale del vincolo. Entrare in un desiderio di emancipazione che frutta solo l'inferno della solitudine. Per questo il coman­damento intima di rimanere. Restare nel vincolo. Mantenersi nel legame. Perché sospettarne la natura dispotica o semplicemente superflua è il tema di una tentazione che va in onda fin dalle origini. Questo invito che possiede tutte le tonalità di una implorazione (rimanete in me e io in voi) risuona come il lu­minoso rovescio dell'insidiosa allusione del tentatore. Nella promessa di amicizia di Gesù si ricuce la ferita del primo peccato.

La legge quindi ritorna a risplendere come parola data nella reciprocità. Non più come il documento di una volontà esteriore, arbitraria, anonima. Ma come segno di custodia di un vincolo di cui conservare lo spirito. La legge, del resto, ha definitivamente preso corpo. Parla disinvoltamente nella vita umana del Figlio. Non è più solo un indice scolpito nella pietra. Ha tutta l'intensità di una sapienza incisa nel cuore.

 

Giuliano Zanchi 

 
Lunedì, 30 Aprile 2012 12:04

A Campitelli: “Giornata con Maria”

Giornata-con-Maria-1Sabato 28 aprile una giornata dedicata a Maria nella Chiesa di Campitelli a Roma. Dalle 15,00 alle 20,00 ha sostato l’effige della Madonna di Fatima. Il pellegrinaggio, che si ispira alle apparizioni avvenute in Portogallo nel 1017, è organizzato dai Padri e Fratelli Francescani dell’Immacolata. Oltre alla diffusione del messaggio di Fatima che si radica nelle esigenze evangeliche della Conversione,  della Preghiera e della Penitenza, “Un giorno con Maria” ha inteso offrire ai fedeli momenti di devozione mariana e adorazione eucaristica. Al culmine la celebrazione dell’Eucaristia e la consacrazione alla Vergine delle Famiglie. (http://www.ungiornoconmaria.com)

29 aprile 2012

 
Sabato, 28 Aprile 2012 16:46

Il bel Pastore

192Curioso questo dovere di Pietro di rendicontare al cospetto delle alte sfere della tradizione il beneficio recato a un uomo infermo. Curioso e istruttivo. La fede dell'alleanza ha perfettamente conosciuto la cura divina riservata all'uomo fragile. I suoi interpreti non sempre. La loro affezione per l'alterità sovrana del Dio degli eserciti li ha spesso resi unilaterali difensori di quel principio a scapito della viscerale passione dell'Altissimo per l'umanità offesa. Quale orizzonte religioso può trovare di che interrogarsi sul ristabilimento dell'integrità di un essere umano se non uno rimasto sordo al compiuto svelamento in Gesù di quel Dio che non dorme di notte se un uomo non è al sicuro? Tutta la straziante novità di questa rivelazione la si tocca con mano nell'incredibile contenzioso nel quale Pietro, ormai abitato dalla grazia della Pasqua, deve spiegare le circostanze di un episodio di prodigiosa rinascita umana. Davvero i tempi sono nuovi. Si sente dallo scricchiolare di quelli vecchi. Pietro dunque, nel cuore della sua requisitoria, confessa il nome di Gesù, non senza ricordare apertamente l'opera del suo misconoscimento e gli atti del suo rifiuto. Nonostante questo, avviene tutto grazie a lui. Come una pietra che tiene su tutto l'edificio. Ma la sua natura di fon­damento non proviene da ragioni prestazionistiche da sistema sanitario. Il mondo nuovo di cui Cristo è la chiave di volta si fonda piuttosto sull'inaudita intimità a cui egli stesso ha saputo riportare le trepide speranze di Dio e le confuse aspettative dell'uomo. Un nuovo incontro.

La letteratura giovannea è la più creativa nel verbalizzare questo perno affettivo della rivelazione. Essa esprime anzitutto la costernata meraviglia umana nel sentirsi attratta per sempre dall'orbita filiale della vita divina. Ci sarebbe bastato essere servi trattati bene. Dio ci ha presi per figli. Ma non per finta. Proprio davvero. Realmente. Ma quanto tempo abbiamo perso a crogiolarci nella paura del divino?  L'evangelista Giovanni libera la grazia delle sue metafore agresti facendone il vettore della natura intima e confidente della fede a cui il Dio di Gesù convoca al suo cospetto il precario nomadismo della vita umana. Sono sempre in grande numero quelli che si presentano a indicare la strada al disorientato cammino dell'uomo. Molti sono mercanti d'anime interessati all'affare. Avuta la controparte, scompaiono nel nulla. Tornano magari a illudere con nuovi prodotti per la felicità. Pronti a dileguarsi di nuovo. Solo il bel pastore giovanneo, sotto le cui sembianze si confida un Gesù in procinto di morire, offre la garanzia di una custodia a oltranza e di una intimità a prova di voce. La sua incondizionata dedizione al gregge umano ha il proprio fondamento in quel sentimento di appartenenza agli affetti divini che dà ragione di ogni spassionata consegna di sé. Tutto quanto è perso per amore conosce misteriose vie di conservazione. È l'intesa tacita e solida di ogni madre col suo bambino. Basta il suono della voce per farlo dormire in pace. (Giuliano Zanchi)

 
Giovedì, 26 Aprile 2012 21:10

Trigesimo di Fra Franco Aguglia

Fra-Franco-2E’ stato ricordato Fra Franco Aguglia nel trigesimo della morte con una celebrazione eucaristica lunedì 23 aprile presieduta da P. Davide Carbonaro Rettore di Santa Maria in Campitelli. Il biglietto commemorativo riporta un pensiero tratto dal Sermone C. 506 di San Giovanni Leonardi sul fine dell’uomo: “L’Altissimo ed eterno Dio creando questo universo, costituì come dice la Sapienza tutte le cose in peso, numero e misura (Cf. Sap 11,21) e ad ogni cosa diede il proprio fine […]. Ora l’uomo, il più nobile tra tutte le creature, fu stabilito come fine di tutte le cose create. E che sia l’uomo il fine delle cose create lo afferma la Scrittura dicendo: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza (Gn 1,26)”.  Fra Franco fu abile nell’uso dei pesi, dei numeri e delle misure umane che mise ha servizio della Chiesa e dell’Ordine, oggi ricordando la sua esistenza operosa e fedele, la Comunità dove lungamente ha vissuto, ha voluto rendere grazie al Signore per tanta evangelica testimonianza.

26 aprile 2012
Giovedì, 26 Aprile 2012 21:04

Delegazione indiana: Campo vocazionale

newsSi sono svolti in questi giorni gli incontri vocazionali nella delegazione indiana. I candidati provenienti da diverse diocesi, hanno fatto esperienza con i padri provenienti dalle comunità di Maduray, Trichy e Alikal. Un vivo ringraziamento dobbiamo al Signore, ha affermato il promotore vocazionale  p. Justin, per la viva esperienza compiuta tra Padri e Fratelli.

26 aprile 2012

Domenica, 22 Aprile 2012 21:37

Cile: Visita del Nunzio Apostolico

visita-del-nunzioIn occasione della visita del Padre Generale P. Francesco Petrillo a Santiago del Cile S. Ecc.za Mons. Ivo Scapolo, nunzio apostolico del Papa Benedetto XVI, ha fatto visita alla comunità del seminario san Juan Leonardi. E' stato un momento di amore alla Chiesa e all'Ordine. In questa occasione il nunzio apostolico si è complementato con P.Baldo Santi, con il Padre Generale e con tutti i Padri e seminaristi per la devozione alla Santo Padre e al suo Magistero.

22 aprile 2012
Cronica7 G161V07SC_1_1181“El caso de la Clínica del Sida, fundada por el ya fallecido padre Baldo Santi, es un ejemplo patente del acompañamiento y dedicación de la Iglesia a las personas con este mal, y particularmente a los homosexuales”. Las palabras fueron del obispo de San Bernardo, Juan Ignacio González, en una carta al diario El Mercurio hace algunos días, en defensa del apoyo otorgado a la familia de Daniel Zamudio, el joven que murió tras ser cobardemente atacado por una pandilla de neonazis. Monseñor González, sin embargo, se equivocó medio a medio en un detalle “no menor”: el padre Santi no ha fallecido y a sus 90 años —tal como pudo constatarlo “La Segunda” esta semana— sigue trabajando incansablemente en la Clínica Familia, de La Florida, pionera en medicina paliativa para enfermos terminales. Al día siguiente, en otra carta al director, el obispo González pidió disculpas por el “lamentable error”. ¿Cómo reaccionó el sacerdote? Riéndose a carcajadas, como buen italiano... y, como buen chileno (en 1994 se le otorgó la nacionalidad por gracia, junto a Anacleto Angelini, su amigo), hizo gala de su vigor y bromeó con la idea de que le queda “cuerda para rato”. En silla de ruedas y acompañado por sus colaboradores más cercanos, el padre Santi nos recibió la tarde del miércoles. Fue él quien dirigió la conversación, apuntalando cada una de sus intervenciones con una visión sobrenatural de la labor que realiza, poniendo a Dios en casi todas sus frases. —¿Cuánto años más quiere vivir, padre? —Yo le pido a Dios Creador que me dé cuatro años más. —¿Sólo cuatro? —Es que después uno se pone a hablar leseras... —¿Y qué quiere hacer en los próximos cuatro años? —Terminar todo esto (la clínica), con un centro de formación para los voluntarios. —El obispo de San Bernardo lo dio a usted por muerto... —Me llamó para pedirme disculpas y ya está. Usted me ve aquí, muy vivo.

Su vitalidad, de hecho, es asombrosa. “Es un hombre impulsivo”, decía el cardenal Juan Francisco Fresno. Cuando habla de la clínica, su gran obra, los or2t6q se le encienden: en 26 años se ha acogido a más de 4 mil personas afectadas por el VIH, el cáncer y otras enfermedades incurables. Y de ellos, 2.800 han fallecido... “rodeados de amor, acompañados por sus familiares, en paz con Dios y con ellos mismos”, cuenta el padre Santi. En el recinto incluso se hace un trabajo con las familias de los pacientes difuntos, enseñándoles a vivir el duelo. Proveniente de Barga (Toscana), el padre Santi llegó a nuestro país en 1946. Casi inmediatamente fue destinado a la diócesis de Rancagua, donde estuvo durante un año. De regreso a Santiago, fue párroco en algunas poblaciones. Desde 1986, a través de «Cáritas Chile», comenzó a asistir y relacionarse con infectados de sida. “Eran otros tiempos, cuando existía mucho desconocimiento y temor respecto a la enfermedad”, dice él, recordando que debió enfrentar el prejuicio social que marginaba casi por completo a este tipo de enfermos. En 1997 logró concretar el sueño de la Clínica Familia, especializada en cuidados paliativos, gratuita, atendida en un 98% por voluntarios. Por estos días, el sacerdote ha recibido la visita de su superior en la Orden de la Madre de Dios, rector general, padre Francesco Petrillo, con quien recorre las instalaciones e im-parte la bendición a los enfermos. Lo secunda Juan Pablo Zúñiga, su fiel secretario y asistente —“mi bastón”, dice él— y María Margarita Reyes, la directora de la clínica. Al padre Santi no le gusta hablar de platas. “No me quejo nunca”, responde, cuando le preguntamos por el financiamiento del lugar. De todos modos —¿es necesario consignarlo?— siempre les vienen bien las donaciones. La colecta de este año (el 13 de noviembre) será promocionada con más fuerza que en ocasiones anteriores. Quieren darle mayor difusión al servicio que prestan... y poder crecer, consiguiendo más voluntarios. Durante la visita a las habitaciones —todas amplias, limpias y bien iluminadas—, el padre se da tiempo para rezar a los pies de cada una de las camas. A los enfermos les besa las manos y les da la bendición. Su sola presencia, cuenta una enfermera, “les alivia el dolor”. Su rutina diaria comienza temprano, a las 7:30 de la mañana. Celebra misa y trabaja en su oficina, a pocos metros de una capilla en la que ya está el espacio para la que será su propia tumba, que él mismo diseñó para cuando fallezca. “Su deseo es permanecer aquí, cerca de los enfermos”, cuenta una de sus colaboradoras, antes de que el padre Santi se retire a su habitación, a descansar, cuando el día ya termina. (Miguel Ortiz A.  Diario La segunda viernes 20 de Abril de 2012, 12)

 
Sabato, 21 Aprile 2012 10:35

Memoria di intimità

191Eccoci di fronte alla stabile e consolidata struttura narrativa di un racconto di apparizione. Essa però ci gratifica questa volta di una variante estremamente istruttiva. Come al solito, difatti, qui si parla di discepoli confusi dall'apparizione di un fantasma dalla natura indecifrabile. Ma tra coloro che ri­mangono interdetti dalla vertigine di questa strana visitazione ci sono anche quei due che tornano reduci dall'esperienza di Emmaus di cui hanno consegnato ai presenti un animato e sollecito resoconto. Ma sembrano tornati improvvisamente ciechi. La loro fervida testimonianza inservibile. Appena Gesù si ripresenta, torna a far paura col più classico effetto reattivo di ogni storia di fantasmi. Sembra letteratura gotica della più genuina. Il semplice fenomeno paranormale alimenta inquietudine, non favorisce la comprensione. Stava del resto scritto fra le righe di una di quelle storielle con cui Gesù declina la tradizione sapienziale in annuncio del Regno: se uno non ascolta Mosè e i Profeti, non viene persuaso nemmeno se gli appare un morto. L'effetto soprannaturale, dunque, non è determinante agli effetti del riconoscimento che è richiesto dalla fede. Anzi. Esso si presenta come l'elemento di cui rimuovere l'invadenza. Ogni fede che vuole fondarsi sul paranormale si costringe ogni volta a partire da capo. Resta prigioniera dell'immediatezza emotiva del prodigio. Resta letteralmente senza parole. Al contrario, la pedagogia della fede a cui si dedica il Risorto richiede una nuova affezionata attenzione al senso delle parole. Senza di quelle, lo spazio affettivo della fede resta un conato di bisogni indistinti. Come una maestra che tiene la mano al bambino che impara a scrivere, il Risorto svela con premurosa pazienza l'evidente corrispondenza delle antiche speranze con le vicende che lo riguardano. Tutta la Scrittura non parlava che di lui. Ma l'immaginazione umana, legata al volto arcaico di un dio dalla sovranità dispotica e dal volto indecifrabile, era un organo troppo debole per una simile rivelazione. L'apparizione del Risorto non ha dunque scadenti obiettivi dimostrativi. Ma profonde ragioni di rieducazione sentimentale. Di cui il gesto di mangiare è più di una semplice dimostrazione di consistenza corporea. È memoria di intimità ancora del tutto intatte. Rianimare il processo della comprensione richiede il lento battito cardiaco del tempo. Non si dà nella folgore della sorpresa. La sua efficacia è destinata a compiersi attraverso lo strumento simbolico della ripetizione. Notiamo. La struttura narrativa di questi episodi è già intrisa dello schema liturgico della comunione eucaristica. Difficile districare in questi racconti le due matrici. Le apparizioni sono raccontate già come eucaristie. Ma le eucaristie nascono sull'impronta delle apparizioni. La parola e il pane sono segni decisivi per tenere la fede lontano dai fantasmi trat­tenendola entro il perimetro del rigore corporeo della rivelazione. (Giuliano Zanchi)
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