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stemma e nome

Domenica, 28 Luglio 2013 07:51

Il dialetto del cuore

editoriale 28-07-13Signore insegnaci a pregare!» Tutte le preghiere di Gesù riportate dai Vangeli (oltre cento) iniziano con la stessa tipica parola: «Padre», il modo migliore per rivolgersi a Dio. Ma specifico di Gesù, esclusivamente suo, è il termine originario «Abbà» che i Vangeli riportano nella lingua di Gesù, l'aramaico, e il cui senso è «papà, babbo». È la parola del bambino, il dialetto del cuore, il balbettio del figlio piccolo. È parola di casa, non di sinagoga; sapore di pane, non di tempio. «Nella moltitudine delle preghiere giudaiche non si trova un solo esempio di questa parola 'Abbà' riferita a Dio» (Jeremias). Solo in Gesù: Abbà-papà. Nel linguaggio corrente la parola «pregare» indica l'in­sistere, il convincere qualcuno, il portarlo a cambiare atteggiamento. Pregare per noi equivale a chiedere. Per Gesù no: pregare equivale a evocare dei volti: quello del Padre e quello di un amico. Nella preghiera di Gesù l'uomo si interessa della causa di Dio (il nome, il regno, la volontà) e Dio si interessa della causa dell'uomo (il pane, il perdono, il male), ognuno è per l'altro. E imparo a pregare senza mai dire io, senza mai dire mio, ma sempre Tu e nostro: il tuo Nome, il nostro pane, Tu dona, Tu perdona. Il Padre nostro mi vieta di chiedere solo per me: il pane per me è un fatto materiale, il pane per mio fratello è un fatto spirituale (Berdiaev). Pregare cambia la storia. «Amico prestami tre pani perché è arrivato un amico». Una storia di amicizia svela il segreto della preghiera. La parabola mette in scena tre amici: l'amico povero, l'amico del pane e il viaggiatore inatteso, carico di fame e di stanchezze, che rimane sullo sfondo ma è in realtà una figura di primo piano: rappresenta tutti coloro che bussano alla mia porta, che senza essere attesi sono venuti, che mi hanno chiesto pane e conforto. A Gesù sta a cuore la causa dell'uomo oltre a quella di Dio: non vuole che la preghiera diventi un dialogo chiuso, ma che faccia circolare l'amore (i tre pani) nel corpo del mondo. Da duemila anni ripetiamo il Padre Nostro, ma non siamo diventati fratelli e il pa­ne continua a mancare. Una domanda enorme corrode le nostre preghiere: Dio esaudisce? «Dio esaudisce sempre, ma non le nostre richieste bensì le sue promesse» (Bonhoeffer): Io sarò con te, fino alla fine del tempo. Dio si coinvolge, intreccia il suo respiro con il mio, mescola le sue lacrime con le mie. Se pregando non ottengo la cosa che chiedo, ottengo però sempre un volto di Padre e il sogno di un abbraccio.
 
Lunedì, 22 Luglio 2013 13:08

Tenerezza di madre

editoriale 21-07-13C'era tanta gente che non avevano neanche il tempo di mangiare. Gesù mostra una tenerezza come di madre nei confronti dei suoi discepoli: Andiamo via, e riposatevi un po'. Lo sguardo di Gesù va a cogliere la stanchezza, gli smarrimenti, la fatica dei suoi. Per lui prima di tutto viene la persona; non i risultati ottenuti ma l'armonia, la salute profonda del cuore. E quando, sceso dalla barca vede la grande folla il suo primo sguardo si posa, come sempre nel Vangelo, sulla povertà degli uomini e non sulle loro azioni o sul loro peccato. Più di ciò che fai a lui interessa ciò che sei: non chiede ai dodici di andare a pregare, di preparare nuove missioni, solo di prendersi un po' di tempo tutto per loro, del tempo per vivere. È un gesto d'amore, di uno che vuole loro bene e li vuole felici. Scrive sant'Ambrogio: «Si vis omnia bene facere, aliquando ne feceris, se vuoi fare bene tutte le tue cose, ogni tanto smetti di farle», cioè riposati. Un sano atto di umiltà, nella consapevolezza che non siamo noi a salvare il mondo, che le nostre vite sono delicate e fragili, le energie limitate.

Gesù insegna una duplice strategia: fare le cose come se tutto dipendesse da noi, con impegno e dedizione; e poi farle come se tutto dipendesse da Dio, con leggerezza e fiducia. Fare tutto ciò che sta in te, e poi lasciar fare tutto a Dio. Un particolare: venite in disparte, con me. Stare con Gesù, per imparare da lui il cuore di Dio. Ritornare poi nella folla, portando con sé un santuario di bellezza che solo Dio può accendere. Ma qualcosa cambia i programmi: sceso dalla barca vide una grande folla ed ebbe compassione di loro. Prendiamo questa parola, bella come un miracolo, come filo conduttore: la compassione. Gesù cambia i suoi programmi, ma non quelli dei suoi amici. Rinuncia al suo riposo, non al loro. E ciò che offre alla gente è per prima cosa la compassione, il provare dolore per il dolore dell'altro; il moto del cuore che muove la mano a fare.

Stai con Gesù, lo guardi agire, e lui ti offre il primo insegnamento: «come guardare», prima ancora di come parlare; uno sguardo che abbia commozione e tenerezza, le parole e i gesti seguiranno. Quando impari il sentimento divino della compassione, il mondo si innesta nella tua anima. Se an­cora c'è chi si commuove per l'ultimo uomo, questo uomo avrà un futuro.

Gesù sa che non è il dolore che annulla in noi la speranza, non è il morire, ma l'essere senza conforto. Facciamo in modo di non privare il mondo della nostra compassione, consapevoli che «ciò che possiamo fare è solo una goccia nell'oceano, ma è questa goccia che può dare significato a tutta la nostra vita»  (E. Ronchi)

 
anteprima OMD_18-07-13La solenne celebrazione che ricorda l’apparizione della Madre di Dio  al Papa Giovanni I e a Santa Galla è stata presieduta mercoledì 17 luglio nella Chiesa di Campitelli da S. E. il Cardinale Giuseppe Bertello Presidente del Governatorato per la Città del Vaticano. Nell’indirizzo di saluto il parroco p. Davide Carbonaro, ha ringraziato Sua Eminenza: “Che viene a celebrare questa memoria di Maria cara alla tradizione romana. E’ lei infatti che insegna ai discepoli del suo Figlio la carità solidale che si rinnova nei gesti evangelici della comunità credente”.  Il Cardinale Bertello durante l’omelia ha ricordato come il saluto evangelico uscito dalle labbra della donna anonima, attraverso l’elogio alla Madre “Beato il seno da cui hai preso il latte”:  “Viene presentato a noi colui che vince il male”. La beatitudine proclamata nel Vangelo non è solo una felicità effimera o la fortuna capitata a Maria: “Ma la capacità di sapersi mettere nelle mani di Dio, solo così si può trovare la vera pace”. Tale beatitudine in effetti, ha proseguito il Cardinale: “Nasce da chi sa ascoltare, credere e mettere in pratica quanto ascoltato. Ma quanto siamo capaci di ascolto? Siamo veramente capaci di trasformare ciò che ascoltiamo nella vita?”. L’odierna festività mariana cara alla tradizione romana, ha concluso Sua Eminenza, ci ricorda che: “La parola ascoltata non si vive da soli, ma nella carità espressione della comunione ecclesiale”.

18 luglio 2013
anteprima OMD_17-07-13Con il Decreto del 14 Luglio 1926, la Sacra Congregazione dei Riti, accettava la richiesta del XXIV Rettore Generale, p. Giuseppe Tosto, e del suo Consiglio, perché la Festa di Santa Maria in Portico fosse riconosciuta e celebrata in tutte le nostre Comunità, Oratori e Chiese extra titolari e venisse celebrata la Messa Propria con il relativo Ufficio Divino, già approvati precedentemente. Il 110° Capitolo Generale, in vista di un recupero della forma mariana del nostro carisma, ci ha esortato a riprendere (o a fomentare) in tutte le nostre Case e Parrocchie o Unità pastorali, la devozione verso la sacra Icona di Santa Maria in Portico, venerata da tutti i nostri padri, a partire dal 1601, quando l’antica basilica fu affidata al nostro santo Fondatore che ne scrisse anche una Narrazione, e i locali annessi divennero l’abitazione del nostro Ordine a Roma. Da allora, come ha scritto il beato papa Giovanni Paolo II è nata una nuova storia fatta di dottrina e di culto, di studio e di cultura, e soprattutto di testimonianza, tra la preziosa immagine e la vita del nostro Ordine fino ad oggi (Lettera al Reverendissimo padre Vincenzo Molinaro, Rettore Generale dell’Ordine della Madre di Dio, Città del Vaticano, 25 Luglio 2001). Perché il desiderio capitolare sia reso fruibile da parte di tutti, si potranno scaricare i testi della Liturgia delle Ore, della Celebrazione eucaristica (Messale e Lezionario) e alcuni inni e preghiere.

17 luglio 2013


icon LEZIONARIO SMP 2013 (23.58 kB)
pdf  Messa SMP 2013 (81.72 kB)
pdf  Preghiera dei Fedeli SMP 2013 (15.3 kB)
pdf  SMP LH 2013 (131.49 kB)

pdf

 
Martedì, 16 Luglio 2013 17:11

A Napoli la festa di Santa Maria in Portico

news 16-07-13“Con Maria, bellezza di vita nuova”, Con questo tema sarà celebrata la solennità annuale di Santa Maria in Portico a Napoli. Nei giorni 15, 16 e 17 luglio saranno offerte una serie di “Lectio divine” ricavate dalla lettura biblica ed artistica di alcune pitture della Vergine conservate nella Chiesa di Santa Maria in Portico a Chiaia. “I dipinti presenti nella cappella dell’Assunta raffiguranti l’Incoronazione, la Dormitio, l’Assunzione. Stimolati dai testi delle Costituzioni,- ha affermato il parroco P. Michele Lopopolo-  che a più riprese rimandano all’effetto proprio dei Chierici Regolari loro trasmesso da S. Giovanni Leonardi”.  La “lettura” sarà guidata da don Franco De Marchi parroco di S. Maria di Piedigrotta  e sarà scandita da tre tematiche: “ Con Maria, pienezza di umanità”;   “Con Maria certezza di immortalità”; “Con Maria, bellezza di vita nuova”.

16 luglio 2013
 
Domenica, 14 Luglio 2013 08:35

L’eterno nome dell’uomo

editoriale 14-07-13Maestro, che cosa devo fare per essere vivo, per essere uomo vero? Gesù risponde con un racconto in cui è racchiusa la possibile soluzione della storia, la sorte del mondo e il destino di ognuno. Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico. Un uomo, dice Gesù. Guai se ci fosse un aggettivo, buo­no o cattivo, ricco o povero, dei nostri o straniero. Può essere perfino un disonesto, un brigante anche lui. È l'uomo, ogni uomo aggredito e che ha bisogno. Ogni strada del mondo va da Gerusalemme a Gerico. Il mondo geme, con le vene aperte; c'è un immenso peso di lacrime in tutto ciò che vive, un oceano di uomini derubati, umiliati, violati, naufragati per ogni continente. È questo il nome eterno dell'uomo. Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada. Il primo che passa, un prete, un uomo spirituale, passa oltre. Ma cosa c'è oltre? Oltre il dolore, oltre la carne dell'uomo non c'è lo spirito, bensì il nulla. Quel prete non troverà mai Dio. «Percorri l'uomo, dice sant'Agostino, e raggiungerai Dio». Uomo, via maestra verso l'assoluto! Invece un samaritano che era in viaggio lo vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino. Un samaritano: uno straniero, un extracomunitario d'oggi, ha compassione e si avvicina, scende da cavallo, forse ha paura, non è spontaneo fermarsi. Misericordia - avere cuore per il dolore - non è un istinto, ma una conquista. Bisogna avvicinarsi, vedere gli occhi, ascoltare il respiro, allora ti accorgi che quell'uomo è tuo fratello, un pezzo di te. E nulla di ciò che è umano ti può essere estraneo. Il racconto di Luca mette in fila dieci verbi per descrivere l'amore: lo vide, si mosse a pietà, si avvicinò, scese, versò, fasciò, caricò, lo portò, si prese cura, pagò... fino al decimo verbo: al mio ritorno salderò il debito se manca qualcosa. Questo è il nuovo decalogo, i nuovi dieci comandamenti, una proposta per ogni uomo, credente o no, perché l'uomo sia uomo, la vita sia amica, la terra sia abitata da «prossimi», non da avversari.  Ma chi è il mio prossimo? Gesù risponde: tuo prossimo è chi ha avuto compassione di te. Allora ricordati di amare i tuoi samaritani, quelli che ti hanno salvato, hanno versato olio e vino sulle tue ferite, e riversato affetto in cuore. Non dimenticare chi ti ha soccorso e ha pagato per te. Li devi amare, con gioia, con festa, con gratitudine. E poi da loro imparare. Va e anche tu fa lo stesso. Anche tu diventa samaritano, fatti prossimo, mostra misericordia. Il vero contrario dell'amore non è l'odio, è l'indifferenza.
 
Venerdì, 05 Luglio 2013 23:19

La prima enciclica di Papa Francesco

anteprima 07-07-13b“Lumen fidei”, “La luce della fede”: si intitola così la prima Enciclica di Papa Francesco, pubblicata oggi. Indirizzata a vescovi, presbiteri, diaconi, consacrati e a tutti i fedeli laici, e suddivisa in quattro capitoli, l’Enciclica – spiega Papa Francesco – era già stata “quasi completata” da Benedetto XVI. A quella “prima stesura” l’attuale Pontefice ha aggiunto “ulteriori contributi”. Obiettivo del documento è recuperare il carattere di luce proprio della fede, capace di illuminare tutta l’esistenza umana. Chi crede, vede. Chi crede, non è mai solo, perché la fede è un bene per tutti, un bene comune che aiuta a distinguere il bene dal male, a edificare le nostre società, donando speranza. È questo il cuore della Lumen fidei: quello di una fede che non separa l’uomo dalla realtà, ma lo aiuta a coglierne il significato più profondo. In un’epoca come quella moderna- scrive il Papa- in cui il credere si oppone al cercare e la fede è vista come un’illusione, un salto nel vuoto che impedisce la libertà dell’uomo, è importante fidarsi ed affidarsi, umilmente e con coraggio, all’amore misericordioso di Dio che raddrizza le storture della nostra storia. 

6 luglio 2013

iconLumen Fidei (497.2 kB)
 
Venerdì, 05 Luglio 2013 23:11

Nigeria: La nuova scuola di Amakohia

anteprima 07-07-13aL’edificio scolastico di Amakohia è arrivato al suo terzo piano, manca la copertura, il tetto, come in tutte le case, il tetto per i bambini in età scolare della periferia di Owerri. È il progetto che la EsseGiElle e l’Ordine della Madre di Dio hanno ideato, mentre il finanziamento della CEI Comitato per gli interventi Caritativi per il Terzo Mondo, ha reso fattibile a partire dal gennaio 2012. Nel mese di giugno P. Francesco Petrillo OMD, al rientro dalla missione nigeriana, ci ha portato una testimonianza sullo stato dei lavori. Ha visitato il cantiere salendo per le tre rampe di scale della struttura, e percorrendo la lunga fila di colonne che passano da un’aula all’altra lungo il perimetro e tra un piano e l’altro. Un suggestivo gioco di linee e sguardi, quasi a ricordare la bellezza artistica di altri tempi. Ma ciò che qui si esprime è la bellezza della solidarietà e del donare, del dare senza ricevere ad un altro sconosciuto. Non è l’amico che primo o poi ricambierà, è lo sconosciuto e lontano. Questo aggiunge sapore al nostro intervento e ci spinge a continuare sulla strada intrapresa per il diritto all’istruzione di tutti i bambini e le bambine del mondo, come recita il secondo obiettivo di sviluppo del millennio da raggiungere entro il 2015. Vogliamo arrivare pronti a questo appuntamento avendo almeno provato a fare la nostra parte. Uno sforzo in più è richiesto a tutti a questo punto per rifinire l’edificio, mancano i pavimenti, gli infissi, i bagni. Poi occorrerà equipaggiarlo affinchè il prossimo anno didattico la nuova scuola possa aprire le porte ai bambini di Amakohia. Grazie a tutti coloro che, in gruppo o singolarmente, da ogni parte d’Italia hanno contribuito a mettere un mattone, a partire dalle Comunità OMD di S. Ferdinando di Puglia dove si organizzano le cene solidali e si vende il riso dell’iniziativa “Abbiamo riso per una cosa seria…”,  così come a Lariano, Napoli, Lucca, Roma e Gallipoli, dove oltre le tradizionali attività, si affiancano le pesche di beneficenza, le mostre e i concerti. Grazie a coloro che contribuiscono con il Sostegno Scolastico a Distanza, a chi con il 5 per mille ha firmato per la EsseGiElle scegliendo di destinare una parte delle imposte in occasione della dichiarazione dei Redditi e che continua a farlo. Grazie a tutti i volontari impegnati a promuovere le nostre missioni nelle varie sedi.

7 luglio 2013
 
Venerdì, 05 Luglio 2013 23:04

La casa della pace

editoriale 07-07-13Partono senza pane, né sacca, né denaro, senza nulla di superfluo, anzi senza nemmeno le cose più utili. Solo un bastone cui appoggiare la stanchezza e un amico a sorreggere il cuore. Senza cose. Semplicemente uomini. Perché l'incisività del messaggio non sta nello spiegamento di forza o di mezzi, ma nel bruciore del cuore dei discepoli, sta in quella forza che ti fa partire, e che ha nome: Dio. La forza del Vangelo, e del cristianesimo, non sta nell'organizzazione, nei mass-media, nel denaro, nel numero. Ancora oggi passa di cuore in cuore, per un contagio buono.  Partono senza cose, perché risalti il primato dell'amore. L'abbondanza di mezzi forse ha spento la creatività nelle chiese. Il viaggio dei discepoli è come una discesa verso l'uomo essenziale, verso quella radice pura che è prima del denaro, del pane, dei ruoli. Anche per questo saranno perseguitati, perché capovolgono tutta una gerarchia di valori.  Gesù affida ai discepoli una missione che concentra attorno a tre nuclei: Dove entrate dite: pace a questa casa; guarite i malati; dite loro: è vicino a voi il Regno di Dio. I tre nuclei della missione: seminare pace, prendersi cura, confermare che Dio è vicino. Portano pace. E la portano a due a due, perché non si vive da soli, la pace. La pace è relazione. Comporta almeno un altro, comporta due in pace, in attesa dei molti che siano in pace, dei tutti che siano in pace. La pace non è semplicemente la fine delle guerre: Shalom è pienezza di tutto ciò che desideri dalla vita. Guariscono i malati. La guarigione comincia dentro, quando qualcuno si avvicina, ti tocca, condivide un po' di tempo e un po' di cuore con te. Esistono malattie inguaribili, ma nessuna incurabile, nessuna di cui non ci si possa prendere cura. Poi l'annuncio: è vicino, si è avvicinato, è qui il Regno di Dio. Il Regno è il mondo come Dio lo sogna. Dove la vita è guarita, dove la pace è fiorita.  Dite loro: Dio è vicino, più vicino a te di te stesso; è qui, come intenzione di bene, come guaritore della vita.  E poi la casa.  Quante volte è nominata la casa in questo brano! La casa, il luogo più vero, dove la vita può essere guarita. Il cristianesimo dev'essere significativo nel nostro quotidiano, nei giorni delle lacrime e della festa, nei figli buoni e in quelli prodighi, quando l'amore sembra lacerarsi, quando l'anziano perde il senno e la salute. Lì la Parola è conforto, forza, luce; lì scende come pane e come sale, sta come roccia la Parola di Dio, a sostenere la casa.
 
Sabato, 29 Giugno 2013 12:07

Dipendenti dal cielo

editoriale 29-06-13Tre brevi dialoghi su come seguire Gesù. Il primo personaggio che entra in scena è un generoso e dice: Ti seguirò, dovunque tu vada!  Gesù deve avere gioito per lo slancio, deve aver apprezzato l'entusiasmo giovane di quest'uomo. Eppure risponde: Pensaci. Neanche un nido, neanche una tana, solo strada, ancora strada. Non un posto dove posare il capo, se non in Dio, quotidianamente dipendente dal cielo. Così è Gesù: nudo amore che deve essere amato in nuda povertà. Eppure seguirlo è scoprire una ricchezza che mai avrei immaginato; è diventare ricchi, non di cose, di luoghi o nidi, ma di incontri, di opportunità, di luce. Gesù non ha una casa, ma ne trova cento sul suo cammino, colme di volti amici. Le parole di Gesù sono sempre, anche quelle dure, una risposta al nostro bisogno di felicità. Il secondo riceve un invito diretto: Seguimi! E questi risponde: sì. Solo permettimi di andare prima a seppellire mio padre. La richiesta più legittima che si possa pensare, dovere di figlio, compito di umanità. Gesù replica con parole tra le più dure del vangelo: Lascia che i morti seppelliscano i morti! Parole che dicono: è possibile essere dei morti dentro, vivere una vita spenta, una religiosità oscura, tenebrosa, intrisa di paure. Parole dure che sottintendono però: segui me, io ti darò il segreto della vita autentica! Il Vangelo è sempre un inno alla vita, scoperta di bellezza, incremento di umanità. Infine il terzo dialogo: Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che mi congedi da quelli di casa. Una richiesta delicata e naturale. È così duro il cammino senza amici e senza affetti! Tutto si gioca attorno a una parola-simbolo: «prima». La cosa da fare prima, indica la priorità del cuore, quello che sta in cima ai tuoi pensieri, il tuo Dio o il tuo idolo. La risposta di Gesù: Non voltarti indietro, non guardare a ciò che ti mancherà, ma a ciò che ti viene donato. Non guardare alle difficoltà, ma all'orizzonte che si apre. Non alla nostalgia, ma alla strada e ai grandi campi del mondo. La fede spalanca orizzonti più grandi. Chi si volta indietro non è adatto al Regno. Ma allora chi è adatto? Chi non si è mai voltato indietro? Non Pietro, non Giacomo e gli altri. Non ce l'hanno fatta i Dodici, come posso pensare di farcela io? Ma Gesù non cerca eroi incrollabili per il suo regno, ma uomini e donne autentici che sappiano sceglierlo ogni giorno di nuovo, che sappiano rispondere «sì», ogni volta, come Pietro, all'unica domanda: mi vuoi bene?
 
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