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34a edizione

Premio-Valentino-BucchiConcorsi e Incontri internazionali (per musicisti di ogni Paese)
Esecuzione - Composizione

Concorsi internazionali di esecuzione

Sala Baldini Roma 15-29 novembre 2011
Lunedì, 28 Novembre 2011 15:49

International Inner Wheel


Inner-wheelDistretto 208 Italia
Club Roma Eur Centro PHF

Presenta:

Roma di Note
Itinerario musicale nella Città Eterna dal passato ad oggi

Sala Baldini
Venerdì 18 novembre 2011 ore 19,00
Lunedì, 28 Novembre 2011 15:47

Musica Migrante


Muica-MigranteConcerto di Presentazione della II edizione
delle Borse di Studio “Riccardo Bevilacqua”
per studenti latinoamericani
presso il Conservatorio di “Santa Cecilia” in Roma

Sala Baldini 13 Novembre 2011
Lunedì, 28 Novembre 2011 15:46

X Stagione Austria in Musica


Camerini2Musiche di W.A. Mozart

F. Scubert

J. Brahms

Pianista Enrico Camerini

Sala Baldini 12 novembre 2011 ore 17,00
Lunedì, 28 Novembre 2011 15:43

Choro Romani Cantores Onlus


Romani-cantoresAbend Mit Wolken

Momenti del Romanticismo Europeo

Mercoledì 26 ottobre 2011 ore 20,30
Venerdì, 18 Novembre 2011 09:51

Il bene misura della storia


lsm170Ciò che avete fatto ai miei fratelli, è a me che l'avete fatto. Il Padre è nei cieli, ma i cieli del Padre sono i suoi figli. Il povero è il cielo di Dio. Di più: è fratello di Dio. Nel suo cielo entreremo, solo se saremo entrati nella vita del povero. Perché il prossimo è simile a Dio (Mt 22,39). Un detto chassidico esorta: se un uomo chiede il tuo aiuto, non gli dire devotamente: «rivolgiti a Dio, abbi fiducia, deponi in Lui la tua pena», ma agisci come se non ci fosse Dio, come se in tutto il mondo ci fosse uno solo che può aiutare quell'uomo, tu solo. Una cosa mi affascina nel Vangelo: argomento del giudizio non sarà tutta la mia vita, ma le cose buone della mia vita; non la fragilità, ma la bontà; il Padre guarderà non a me, ma attorno a me, alla porzione di lacrime e di sofferenti che mi è stata affidata, per vedere se qualcuno è stato da me consolato, se ha ricevuto pane e acqua per il viaggio, coraggio per oggi e per domani. Dio non andrà in cerca della nostra debolezza, ma del bene fatto. Misura dell'uomo e di Dio, misura della storia è il bene. Davanti a Lui non temo la mia debolezza, ho paura solo delle mani vuote. Capire che si ha bisogno di noi, ora, è allora più importante che chiederci quale giudizio verrà dato, domani, alle nostre azioni. Ora è il tempo in cui sono io a giudicare il povero, e Dio stesso in lui; ora io sono per il bisognoso gesto di benedizione o atto di rifiuto. Ebbene questo stesso giudizio, quello che io ho riservato al povero, tornerà su di me nell'ultimo giorno: non c'è domani per chi non si apre al bisognoso, per chi potendolo non si è fatto pane all'affamato. Matteo presenta sei opere, vaste quanto è vasto il campo del dolore umano. A nessuno di noi è chiesto di compiere miracoli, ma di prenderci cura. Non di guarire i malati, ma di visitarli; di accudire con premura un anziano in casa, custodire in silenzioso eroismo un figlio handicappato, aver cura senza clamori del coniuge in crisi, di un vicino che non ce la fa. Esigente bellezza di questo Vangelo: prendersi cura del fratello è così importante che Dio lega la vita eterna ad un pezzo di pane dato all'affamato; è così facile che nessuno è senza un po' di tempo o di acqua o di cuore, da non poter essere salvo. Il giudizio però prende sul serio anche la fragile libertà umana: è possibile fallire la vita. Andatevene da me, maledetti. Lontani dal povero, siamo lontani da Lui, lontani da noi stessi. È questa la perdizione: lontananza dalla vita. È il giudizio di tutte le genti,Vangelo rivolto ad ogni uomo, cristiano, ebreo, musulmano, buddista, laico: l'unica cosa che di noi rimane è la nostra capacità di amare, nel tempo e per l'eternità. Ogni altro, è sempre l'Altro. Nel giudizio ultimo Dio non pone se stesso al centro, ma si dimentica dentro i diritti dei poveri, dove sogna un uomo senza fame e lacrime, senza prigioni e malattie, felice e salvo, simile a Lui. Il futuro non si attende, si genera; il nostro cielo, il nostro avvenire è frutto del bene che io e tu, che tutti abbiamo donato al Lazzaro innumerevole della terra. (E. Ronchi)
Giovedì, 10 Novembre 2011 09:42

Affidabile


lsm169La parabola dei talenti è una lieta notizia contro la paura, che stravolge il rapporto con Dio e rende sterile la vita. L'ultimo servo non ha capito che, affidandogli il talento, il padrone vuole fare di lui un amico; che quel talento è un dono di comunione, un atto di fiducia. Su tutto invece incombe la paura del castigo, e il dono da opportunità si trasforma in incubo. Il servo ha paura di Dio! Ne ha un'immagine orribile: sei duro... tu mieti dove non hai seminato... Errore fatale: si sbaglia su Dio e quindi sbaglia la vita; diviene, invece che amico, schiavo inerte, Adamo senza più giardino. Perché solo quando ti senti amato dai il meglio di te stesso, e mai la paura ti libera dal male. Dio invece sorprende i servi. Non vuole indietro i talenti affidati, raddoppia la posta, la moltiplica: sei stato fedele nel poco ti darò autorità su molto. Non di una restituzione si tratta, ma di un rilancio. Noi non esistiamo per restituire a Dio i suoi doni. Questa immagine, dettata dalla nostra paura, immiserisce Dio. Noi viviamo per essere come Lui, a nostra volta donatori: di pace, libertà, giustizia, gioia. Cose di Dio, che diventano seme di altri doni, sorgente di energie, albero che cresce, orizzonte che si dilata, grazia su grazia. Gloriosa e gioiosa pedagogia di vita. La parabola dei talenti è il poema della creatività. E senza voli retorici. Nessuno dei tre servi crede di dover salvare il mondo. Tutto invece odora di casa, di vite e di olivi, o, come nella prima lettura, di lana, di fusi, di lavoro e di attesa: fedele nel poco. Il mondo e la vita ci sono affidati come un dono che deve crescere, un giardino incompiuto che deve fiorire. Una spirale di vita crescente è legge alla creazione. Pena il non senso della vita. Dopo la lunga assenza di Dio, la sua lunga fiducia in noi, il giudizio non sarà sulla quantità del guadagno, ma sulla qualità del servizio; non sul numero, ma sulla verità dei frutti. Non esiste una tirannia della quantità nel Regno dei cieli: fedele nel poco. Quel giorno, dice un racconto chassidico, non mi sarà chiesto perché non sono stato come Mosè o Elia o uno dei profeti. Ma solo perché non sono stato me stesso. Devo camminare con fedeltà a me stesso, emozionato e disciplinato servo della vita, vero della verità tracciata in me da Dio. Nessuno è senza talenti. È legge della creazione. E vado avvolto da doni di Dio. Ogni creatura che incontro è un talento, da custodire e lavorare per fare ricca la mia e l'altrui vita. Ognuno è talento di Dio per gli altri. «Come talento io ho ricevuto te». Lo può dire la sposa allo sposo, il figlio al padre, l'amico all'amico: sei tu il mio talento! Poterlo dire a qualcuno, poterlo dire a molti, per entrare così con passo creatore nella liturgia della vita. (E. Ronchi)


Mercoledì, 09 Novembre 2011 09:39

Dieci piccole luci

lsm168Ecco lo sposo! Andategli incontro! In queste parole trovo l'immagine più bella dell'esistenza umana, rappresentata come un uscire e un andare incontro. Uscire da spazi chiusi e, in fondo alla notte, lo splendore di un abbraccio. Dio come un abbraccio. L'esistenza come un uscire incontro. Fin da quando usciamo dal grembo della madre e andiamo incontro alla vita, fino al giorno in cui usciamo dalla vita per incontrare la nostra vita, nascosta in Dio. Il secondo elemento importante della parabola è la luce: il Regno di Dio è simile a dieci ragazze armate solo di un po' di luce, di quasi niente, del coraggio sufficiente per il primo passo. Il regno di Dio è simile a dieci piccole luci, anche se intorno è notte. Simile a qualche seme nella terra, a una manciata di stelle nel cielo, a un pizzico di lievito nella pasta. Ma sorge un problema: cinque ragazze sono sagge, hanno portato dell'olio, saranno custodi della luce; cinque sono stolte, hanno un vaso vuoto, una vita vuota, presto spenta. Gesù non spiega che cosa sia l'olio delle lampade. Sappiamo però che ha a che fare con la luce e col fuoco: in fondo, è saper bruciare per qualcosa o per Qualcuno. L'alternativa centrale è tra vivere accesi o vivere spenti. Dateci un po' del vostro olio perché le nostre lampade si spengono... la risposta è dura: no, perché non venga a mancare a noi e a voi. Il senso profondo di queste parole è un richiamo alla responsabilità: un altro non può amare al posto mio, essere buono o onesto al posto mio, desiderare Dio per me. Se io non sono responsabile di me stesso, chi lo sarà per me? Parabola esigente e consolante. Tutte si addormentano, sagge e stolte, ed è la nostra storia: tutti ci siamo stancati, forse abbiamo mollato. Ma nel momento più nero, qualcosa, una voce una parola una persona, ci ha risvegliato. La nostra vera forza sta nella certezza che la voce di Dio verrà. È in quella voce, che non mancherà; che verrà a ridestare da tutti gli sconforti; che mi rialza dicendo che di me non è stanca; che disegna un mondo colmo di incontri e di luci. Dio non ci coglie in flagrante, è una voce che ci risveglia, ogni volta, anche nel buio più fitto, per mille strade. A me basterà avere un cuore che ascolta, ravvivarlo come una lampada, e uscire incontro a un abbraccio. (E. Ronchi)
Martedì, 08 Novembre 2011 10:53

Potere è servire



Editoriale-okSono io di quelli che dicono e non fanno? La parola di Dio brucia le labbra se pronunciata male, ma brucia anche a pronunciarla senza che sia vissuta. E capisco la tentazione dei farisei, è la mia: accontentarsi di dire, appagati dalle parole. Dico parole di un fuoco che non mi arde dentro? Quando il mio compito primo non è neppure dire o proclamare, ma è ascoltare Dio. Il vangelo elenca tre errori che svuotano la vita. L'ipocrisia: dicono e non fanno. L'incoerenza è dentro di me, parte della mia vita. Eppure, non è l'incoerenza di chi è ancora lontano dalla Sua statura che Gesù condanna, ma l'ipocrisia dei pii e dei potenti, di chi non si sforza più, e lo giustifica. La vanità: tutto fanno per essere ammirati. Tutto, perché lo spettacolo sia applaudito. Conta ciò che gli altri vedono di me, io non sono che la mia immagine, sempre più straniera; vivo di riflesso, di echi, mi angoscia o mi esalta il giudizio degli altri. Vanità, che rende vuoto l'intimo. Il gusto del potere: impongono pesanti fardelli a tutti. Ho forse bisogno anch'io di abbassare qualcuno per sentirmi superiore? Di far chinare teste per sentirmi grande? Di essere severo, per sentirmi giusto? Il Vangelo offre altre regole per la verità della vita: l'agire nascosto invece dell'apparire, la semplicità invece della doppiezza, il servizio invece del potere. Il più grande comandamento, diceva Gesù, è «Tu amerai». Il più grande tra gli uomini, dice ora, è colui che traduce l'amore nella divina follia del servizio: il più grande tra voi sia vostro servo. Il folle in Cristo è ormai il più intelligente. Paradosso del vangelo, invocato da molti: Io mi aspetto che i cristiani ogni tanto accarezzino il mondo contro pelo» (Sciascia). Questa è la strada contromano di Gesù: Dio non tiene il mondo ai suoi piedi, è ai piedi di tutti. Dio non è il padrone dei padroni, è il servitore che in Gesù lava i piedi ai discepoli. Non è il Signore della vita, è di più, il servo di ogni vita. I grandi del mondo si costruiscono troni di morti, Dio non ha troni, cinge un asciugamano e vorrebbe fasciare tutte le ferite della terra. Dio come un servo: che non esige, sostiene; non pretende, si prende cura; non rivendica diritti, risponde ai bisogni. Servitore ineguagliabile. E se una gerarchia nella chiesa deve sussistere, sarà rovesciata rispetto alle norme della società terrena: Voi siete tutti fratelli. E poi rovesciata di nuovo, da Cristo, che si è fatto fratello, ma poi da fratello si è fatto ultimo. Gesù cambia la radice del potere, la capovolge al sole e all'aria. E rivela che ogni uomo è capace di potere se è capace di servizio. Servizio: questo il nome nuovo, il nome segreto della civiltà, perché questo è lo stile di Dio.(E. Ronchi)



231011In occasione della festività liturgica di San Giovanni Leonardi, lo scorso 8 ottobre il P. Generale ha benedetto la nuova statua di San Giovanni Leonardi Patrono dei farmacisti. Preparata da maestranze locali, è stata portata in processione nelle vie della parrocchia ricevendo l’omaggio dei fedeli.




 
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