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Sabato, 08 Ottobre 2011 17:49

La festa del re



lsm165Tre immagini riassumono la parabola di oggi: la prima è quella di una sala vuota, preparata per una festa cui nessuno partecipa. In principio il dono; in principio un Dio inascoltato e ignorato che sogna una reggia piena di volti felici e di canti. Neanche Dio può restare solo. Il suo è come un esodo perenne in cerca dell’uomo, primo di tutti gli esodi da ogni solitudine. In principio un Dio che ha bisogno di dare per essere Dio, che dall’eternità celebra il rito dell’amicizia: «Andate per le strade e quelli che troverete, buoni e cattivi, chiamateli». Disposto perfino a stare in compagnia di gente non all’altezza, inadatta, sbagliata o cattiva. E noi ci aspettavamo che accanto a Dio potessero sedere solo i buoni, i senza peccato, i puri, i meritevoli. Ma Dio non si merita, si accoglie! «E la sala si riempì di commensali». Il paradiso non è pieno di santi, ma di peccatori perdonati, di gente come noi. La seconda immagine è quella delle strade. Se il dono non è accolto e le case si chiudono, il Signore apre strade lungo le siepi. Sono le strade percorse dai servi, ma prima ancora dagli invitati che se ne vanno al pro­prio campo e ai propri affari. La strada è il simbolo della libertà delle scelte: alcuni le percorrono verso la festa, altri verso i campi e gli affari. In queste poche parole è nascosto il motivo del rifiuto: gli invitati sono troppo impegnati per avere il tempo di vivere, seguono una logica mercantile e contabile, estranea alla gratuità del tempo e del dono. Così siamo noi: pronti a dare a Dio qualcosa in cambio di qualcosa (preghiere in cambio di aiuto) ma non a dare e ricevere gratuitamente amicizia. Non ad amare riamati.  La terza immagine è quella dell’abito nuziale. L’uomo che non l’ha indossato non è peggiore degli altri, buoni e cattivi si confondono nella sala stracolma. Ma lui non si confonde con gli altri: isolato, separato, solo, non può godere la festa perché non porta il suo contributo di bellezza. Forse quell’uomo non ha creduto al re: non è possibile che un re inviti a palazzo straccioni e vagabondi. Ha la mentalità di quelli che hanno rifiutato, è lì come se fosse altrove. È il dramma dell’uomo che si è sbagliato su Dio, che non immagina un Regno fatto di festa, convivialità, godimento. Cos’è l’abito nuziale? È Cristo: «rivestitevi di Cristo», passare la vita a vestirci e rivestirci di Cristo, dei suoi gesti e dei suoi doni (E. Ronchi)
Sabato, 01 Ottobre 2011 17:43

Quotidiana vendemmia



lsm164Vigna d’uva selvatica in Isaia, vendemmia di sangue nel Vangelo di Matteo: è la domenica delle delusioni di Dio. Io sono così, vigna e delusione di Dio. Isaia e Matteo raccontano la cura appassionata di chi ha piantato la vigna, l’ha cinta come un abbraccio, vi ha scavato un tino, eretto una torre, e poi l’ha affidata alle cure d’altri: e inizia la storia perenne di un amore e di un tradimento. Da un lato la nobiltà d’animo del padrone, dall’altro la brutalità violenta e stupida dei vignaioli. Eppure il tradimento dell’uomo non è in grado di fermare il piano di Dio: la vigna darà frutto e Dio non sprecherà la sua eternità in vendette. Nelle vigne è stagione di frutti. In noi invece la vendemmia avviene ogni giorno, viene con le persone che cercano pane, Vangelo, giustizia, un po’ di coraggio e una breccia di luce. Cosa trovano in noi? Vino buono o uva acerba? Tutti cadiamo nell’errore dei vignaioli: l’atteggiamento sterile di calcolare e prendere ciò che la vigna (che è lo Stato, la Chiesa, il gruppo, la famiglia, la comunità), gli altri ci possono dare. Anziché preoccuparci di ciò che noi possiamo donare, far nascere e maturare. Ci arroghiamo il ruolo di vendemmiatori, anziché quello di servitori della vita. Anzi, il mio ruolo più vero è quello di una piccola vite, di un tralcio innestato su Cristo, chiamato a dare frutto, senza contare, per la fame e la gioia d’altri. Il sapore profondo di questo frutto è espresso da Isaia: «aspettavo giustizia, attendevo rettitudine, non più grida di oppressi, non più sangue». Il frutto che Dio attende è una storia che non generi più op­pressi, sangue, ingiustizia e volti umiliati. «Cosa farà il padrone della vigna, dopo l’uccisione del Figlio?». La soluzione proposta dai Giudei è logica: una vendetta esemplare, nuovi vignaioli, nuovi tributi. La loro idea di giustizia è riportare le cose un passo indietro, ritornare a prima del delitto, mantenendo intatto il ciclo immutabile del dare e dell’avere. Ma Gesù non è d’accordo e introduce la novità propria del Vangelo. Il sogno di Dio non è il tributo pagato, ma una vigna che non maturi più grappoli rossi di sangue e amari di lacrime, ma grappoli gonfi di sole e di luce. Per questo è ve­nuto Cristo, vite e vino di festa. Su di lui mi fondo, in lui mi innesto, di lui mi disseto, di lui godo. Cresco di lui, che riempie di vita le strade del mondo, di vino buono le giare di Cana.
Venerdì, 16 Settembre 2011 23:37

Lettera del Vicario Generale all’Ordine


160911 2“Inusuale”, così definisce la sua lettera all’Ordine P. Rosario Piazzolla, Vicario Generale. La missiva è redatta in questo tempo nel quale il Rev.mo Padre Generale P. Francesco Petrillo è impedito per motivi di salute. Tutto l’Ordine invoca l’intercessione della Madre di Dio e del Fondatore in attesa di una stabile ripresa del Padre. Nella lettera scansionata dalle citazioni di Qoelet 3, il Vicario riferisce oltre allo stato di salute del P. Generale il cammino dell’Ordine in Italia e nelle Delegazioni, le feste per i nuovi fratelli che entrano nell’Ordine o sono ordinati e fratelli che hanno lasciato la terra per contemplare Cristo in cielo.
Venerdì, 16 Settembre 2011 22:25

In Cile dedicato altare a San Giovanni Leonardi

160911 1A Ñipas, Ranquil (VII regione dal Cile) lo scorso 11 settembre è stato dedicato un altare a San Giovanni Leonardi nella chiesa con titolo "Dolce nome di Maria". La nova Chiesa è stata edificata dopo i danni del terremoto il 27 di febbraio dell’anno 2010. Il parroco di quella chiesa a marzo aveva ricevuto una reliquia del Santo, dal  Vescovo ausiliare Mons. Pedro Ossandon.  Durante il rito la reliquia è stata posta sotto l'altare maggiore. Il giorno precedente tutta la comunità, insieme ad alcuni chierici della Comunità formativa di Santiago, hanno preparato l’evento con una veglia di preghiera e di venerazione delle sante reliquie. In questa occasione gioiosa il Vescovo Mons. Ossandon ha affermato che: “Occorre approfittare perché San Giovanni Leonardi ci chiama alla Pace” (Da Santiago del Cile Javier González Donoso OMD).
Sabato, 24 Settembre 2011 17:55

Discepoli nei fatti


lsm163«Un uomo aveva due figli», e si potrebbe tradurre così: un uomo aveva due cuori. Siamo tutti così, contradditori e incerti, con due cuori: uno che dice sì e uno che lo contraddice. Abbiamo tutti due anime: quella dell’apparire e del fingere per gli altri, e quella dell’essere veri anche se nessuno vede e sa. Non si illude Gesù. Conosce bene come siamo fatti: non esiste un terzo figlio ideale, in cui senza contraddizioni avvenga l?incontro perfetto del dire e del fare. Così noi: cristiani solo a parole o con i fatti? Primo attore della breve parabola è il padre, che va? verso i suoi figli, si fa vicino, li cerca, chiede loro di lavorare in una vigna che non dice «mia», ma sottintende «nostra», che al ri­fiuto non si scandalizza e non si deprime. C’è poi un figlio vivo e reattivo, impulsivo, che prima di aderire a suo padre prova il bisogno imperioso, vitale, di fronteggiarlo, di misurarsi con lui, di contraddirlo, che non ha nulla di servile, libero da sudditanze e da paure. L’altro figlio, che dice e non fa', è invece un adolescente immaturo, che si accontenta di apparire, cui importa non la verità e la coerenza ma il giudizio degli altri. Qualcosa poi accade e viene a disarmare il rifiuto del figlio che ha detto no. Tutto in una parola: ' si pentì', cioè 'cambiò il modo di vedere' il padre e il lavoro. Il padre non è più il padre padrone cui obbedire o cui ribellarsi, ma colui che progetta il bene della casa, che non ha bisogno di lavoratori ma di figli. La vigna è più che fatica e sudore, diventa il luogo dove, nel vino, è racchiusa una profezia di gioia e di festa per tutta la casa. La differenza decisiva tra i due ragazzi: uno diventa figlio e coinvolto, l’altro rimane un servo esecutore di ordini. Chi dei due ha fatto la volontà del padre? È il passaggio centrale: volontà di Dio non è mettere alla prova l’obbedienza o la coerenza dei figli, è invece una vigna dai grappoli colmi di sole e di miele. Il suo pro­getto, suo e mio, si realizza nei frutti buoni che ognu­no può portare per la vita del mondo. Ciò che Dio sogna non è l?obbedienza o la fatica, ma far maturare la vigna della storia. Se agisci così fai vivere te stesso, dice il profeta Ezechiele nella I lettura, fai viva la tua vita! E il vangelo si diffonderà a partire da tutte le piccole vigne nascoste, dove ciascuno si impegna a rendere meno ari­da la terra, meno soli gli uomini, meno contraddittorio il cuore. (E. Ronchi)
Venerdì, 16 Settembre 2011 17:48

Oltre la giustizia


lsm162Finalmente un Dio che non è un padrone, nemmeno il migliore dei padroni. È altra cosa: è il Dio della bontà senza perché, che crea una vertigine nei normali pensieri, che trasgredisce le regole del mercato, che sa ancora saziarci di sorprese. Intanto è il signore di una vigna: fra tutti i campi la vigna è quello dove il contadino investe più passione e più attese, con sudore e poesia, con pazienza e intelligenza. È il lavoro che più gli sta a cuore: per cinque volte infatti, da uno scuro all’altro, esce a cercare lavoratori. E' questa terra la passione di Dio, e coinvolge me nella sua custodia; è questa mia vita che gli sta a cuore, vigna da cui attende il frutto più gioioso. Eppure mi sento solidale con gli operai della prima ora che contestano: non è giusto dare la medesima paga a chi fatica molto e a chi lavora soltanto un’ora. È vero: non è giusto. Ma la bontà va oltre la giustizia. La giustizia non basta per essere uomini. Tanto meno basta per essere Dio. Neanche l’amore è giusto, è un’altra cosa, è di più Se, come Lui, metto al centro non il denaro, ma l’uomo; non la produttività, ma la persona; se metto al centro quell’uomo concreto, quello delle cinque del pomeriggio, un bracciante senza terra e senza lavoro, con i figli che hanno fame e la mensa vuota, allora non posso contestare chi intende assicurare la vita d?altri oltre alla mia. Dio è diverso, ma è diversa pienezza. Non è un Dio che conta o che sottrae, ma un Dio che aggiunge continuamente un di più. Che intensifica la tua giornata e moltiplica il frutto del tuo lavoro. Non fermarti a cercare il perché dell’uguaglianza della paga, è un dettaglio, osserva piuttosto l’accrescimento, l’incremento di vita inatteso che si espande sui lavoratori. Nel cuore di Dio cerco un perché. E capisco che le sue bilance non sono quantitative, davanti a Lui non è il mio diritto o la mia giustizia che pesano, ma il mio bisogno. Allora non calcolo più i miei meriti, ma conto sulla sua bontà. Dio non si merita, si accoglie. Ti dispiace che io sia buono? No, Signore, non mi dispiace, perché sono l’ultimo bracciante e tutto è dono. No, non mi dispiace perché so che verrai a cercarmi anche se si sarà fatto tardi. Non mi dispiace che tu sia buono. Anzi. Sono felice che tu sia così, un Dio buono che sovrasta le pareti meschine del mio cuore fariseo, affinché il mio sguardo opaco diventi capace di gustare il bene. (E. Ronchi)
Venerdì, 09 Settembre 2011 17:40

Perdonare senza misura


lsm161"Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette". Cioè, sempre. L'unica misura del perdono è perdonare senza misura. Ma perché farlo? La risposta è semplice e alta: perché così fa Dio. Gesù lo spiega con la parabola dei due debitori. Il primo doveva una cifra iperbolica al suo re, qualcosa che non sarebbe mai riuscito a pagare: allora, gettatosi a terra, lo supplicava. E il re provò compassione. Sente come sua l'angoscia del servo, essa conta più dei suoi diritti, pesa più di diecimila talenti, allarga il cuore del re. C'è un modo regale di stare nel mondo, un modo divino, e risiede nella larghezza di cuore: sa perdonare chi è più grande e più forte.

 E in opposizione a questo cuore regale ecco il cuore servile: appena uscito quel servo trovò un altro servo... Appena uscito, non una settimana dopo, non il giorno dopo, non un'ora dopo. Appena uscito, ancora immerso in una gioia insperata, appena liberato, appena restituito al futuro e alla famiglia, appena fatta l'esperienza di un cuore regale, preso il suo compagno per il collo lo strangolava, gridando: ridammi le mie mille lire, lui, perdonato di miliardi. Il servo perdonato non agisce contro il diritto o la giustizia. È giusto, e spietato. È onesto, e al tempo stesso cattivo. Quanto è facile essere giusti e spietati, onesti e cattivi. Perché non basta essere giusti per essere uomini, tanto meno per essere di Dio. Giustizia e diritto da soli non bastano a fare nuovo il mondo. Anzi, l'estrema giustizia, ridammi le mie mille lire, può contenere la massima offesa all'uomo: presolo per il collo lo strangolava.
Gesù propone l' illogica pietà: non dovevi anche tu avere pietà di lui, come io ho avuto pietà di te? Perché avere pietà e perdonare? Per acquisire il cuore di Dio, immettere il suo divino disordine dentro l'equilibrio apparente del mondo. Perché niente vale quanto una vita. E allora occorre una dismisura, il perdono fino a settanta volte sette, un eccesso di pietà.
Occorre il perdono di cuore. È difficilissimo perdonare di cuore. Comporta un atto di fede, non d'intelligenza. Nell'uomo. Un atto di speranza, non di spontaneità. Nell'uomo. Palestinesi ed israeliani usciranno dal loro equilibrio di paura e di morte solo con il coraggio di un atto di fede reciproca. Fede è dare fiducia all'altro, guardando non al passato, ma al futuro. Così fa Dio con me: mi perdona non come Colui che dimentica il mio passato, ma come Colui che mi sospinge oltre.
Dio perdona come un liberatore. Ti lancia in avanti. Ti fa salpare ancora verso albe intatte, come vento che gonfia le vele, supplemento d'energia. Ti perdona come atto di fede in te, cuore largo verso il tuo futuro. (E. Ronchi)
Venerdì, 02 Settembre 2011 17:14

Guadagnerai il fratello


lsm160Mai senza l'altro. Tema della prima lettura: ti ho fatto sentinella, custode, voce per i tuoi fratelli. Tema di Paolo: avete un solo debito da versare ognuno nel cuore dell'altro, quello di un amore reciproco. In una società di competizione, il cristiano è diverso: è custode, debitore, intercessore degli altri. Non un pretendente, ma un debitore grato. Verso i genitori, gli amici, coloro che ti fanno vivere perché ti vogliono bene. In una società dove l'uomo è solo un essere sociale, il credente dice che questo non basta, che dove due o tre sono riuniti nel nome di Cristo, lì c'è Cristo stesso, Dio seminato nei solchi dell'umanità. Quando due o tre si guardano con pietà e verità, lì c'è Dio. Quando un uomo dice ad una donna: tu sei carne della mia carne, vita della mia vita, lì c'è Dio, cuore del loro cuore, nodo degli amori, legame delle vite. Quando un genitore e un figlio si guardano e si ascoltano con amore, lì c'è Dio. Quando l'amico paga all'amico il debito del reciproco affetto, lì c'è Cristo, l'uomo perfetto, il fine della storia umana, punto focale dei desideri, gioia di ogni cuore, pienezza delle aspirazioni, forza che ti fa partire, energia che ti mette in cammino verso tuo fratello: se tuo fratello commette una colpa, tu va'...esci, prendi il sentiero, bussa alla sua porta. Dio è una strada che ci porta gli uni verso gli altri. Se tuo fratello sbaglia, tu va', tu avvicinati, tu cammina verso di lui. Che cosa mi autorizza a intervenire nella vita dell'altro? Solo questa parola: fratello. Solo se porti il peso e la gioia dell'altro, se ne conosci le lacrime, se ne sei fratello, sei autorizzato ad ammonire. Ciò che ci autorizza non è la verità, ma la fraternità. I cristiani sono coloro che fanno la verità nell'amore. Che non separano mai verità e amore. Per non farli morire. La verità senza amore porta a tutti i conflitti, alle guerre di religione, ai "sacri macelli". Mettere la verità prima della persona è l'essenza della bestemmia (S. Weil). D'altro canto, l'amore senza verità è sterile, perché è amore per caso, fortuito, senza progetto nè futuro. Se ti ascolta hai guadagnato tuo fratello. Questo verbo è stupendo: il fratello è un guadagno, un tesoro per te e per il mondo, un talento, una ricchezza per Dio e per la terra. Per questo un celebre detto ebraico assicura: chi salva un solo uomo, salva il mondo intero. Ciò che scioglierete, allora, come Lui che ha sciolto Lazzaro dalle bende della morte, e ciò che legherete, come Lui che ha legato a sé uomini e donne capaci di scommettere sull'invisibile e sulla croce, ciò che scioglierete avrà libertà per sempre, ciò che legherete avrà comunione per sempre. Perché Dio dona eternità a tutto ciò che di più bello hai seminato nel mondo. (E. Ronchi)
Venerdì, 02 Settembre 2011 09:59

1 settebre presbiterale a Madurai India

020911La festa del 1 settembre, giorno di ringraziamento per la fondazione dell’Ordine avvenuta a Lucca nel 1574 è stata celebrata in tutte le Comunità dell’Ordine, ma particolarmente nella Comunità formativa Oothuppatty di Madurai dove i novelli sacerdoti ordinati lo scorso agosto si sono ritrovati per rendere grazie al Signore e alla Madre di Dio. La vigilia del 31 la solenne Eucaristia è stata presieduta da P. Sekar mentre P. Cruz ha pronunziato l’omelia erano presenti il P. Delegato e diversi sacerdoti amici. Nel suo ringaziamento il Rettore, P. Beno Vaz, ha ricordato con gioia la presenza dei noveli sacerdoti che la Comunità di Madurai ha accompagnato nei tempi della prima formazione, ed ha invitato i farmandi a sognare il giorno in cui anch’essi potranno celebrare con gioia l’Eucaristia.
Mercoledì, 14 Settembre 2011 07:44

In Nigeria Professioni e ingresso in Noviziato

140911Lo scorso 8 settembre festa della Natività di Maria, hanno emesso la Professione Temporanea nell’Ordine della Madre di Dio i Novizi: Luke Meleki Oluwaseum, Vitus Okereke Chibueze, John Odo Mark Kingsley Umeadi Chukvumezie, Ivo Cheo Lajong. Nello stesso giorno, hanno chiesto l’ingresso in noviziato i Postulanti: Philip Okafor Chukwuebuka, Emmanuel Agber Terkimbir, Livinus Nnamani Esomchi, Justice Okfor Chidera. La celebrazione è stata presieduta dal Rev. P. Delegato Generale James Methos nella cappella del St John Leonardi’s Jubilee Seminary di Owerri.
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