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Sabato, 15 Marzo 2014 15:35

II Domenica di Quaresima

286
Ven. Cesare Franciotti, Pratiche, 49v-50v

Sei giorni dopo
. Non subito il Signore promise di mostrare la sua gloria agli Apostoli, né la mostrò. Ma rimase sei giorni affinché con maggior desiderio, aspettassero quell’ora, e con gran gusto videro quello che videro. Ma da questo concludi tu. Se fu solo per vedere un assaggio della sua gloria che fossero con molto desiderio preparati, o perché quale ardente aspirazione egli avrebbe cercato da te per ricevere la sua santa persona come oggi desideri?


E fu trasfigurato. E’ vero che dunque volle trasfigurarsi per dare un piccolo saggio della gloria futura e del suo infinito e immenso amore. Tuttavia, egli, essendo glorioso in cielo, ha voluto trasfigurarsi come ora nasconde la sua maestà sotto le specie del pane. E qui dunque anima mia, quel Signore d’infinita bellezza, il cui volto (dice l’Evangelista) splendeva come il sole; non che più bella non fosse, ma perché non vi è cosa alla quale più potesse assomigliare la sua bellezza.

Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni. Questi solamente elesse come migliori e più cari di tutti. Meravigliati tu, come oggi, tra tanti che sono di maggiore bontà e di minori peccati, abbia voluto far grazia a te, chiamandoti alla santissima Eucaristia e rimani sbalordito dovendo comparire davanti a tanta grande bellezza, davanti alla quale sostano migliaia di spiriti angelici purissimi- Pur essendo tu nella bruttezza della coscienza, e  con la veste sporca dai cattivi costumi, considera che egli oggi ti ha chiamato. Infatti, come condusse gli Apostoli con sé, in un luogo appartato, lontano dalle conversazioni degli uomini, così tu devi raccogliere nel silenzio il tuo spirito per essere degno di ricevere la divina consolazione. E se per questo tu fatichi, ricordati, che anch’essi salirono il monte.

Questi è il mio figlio. Ora che nel tuo cuore anima mia, quasi come sul Tabor se ne sta il tuo Signore, meravigliato davanti a così luminosa maestà, domandati: Chi mai sarebbe costui che con sì gran luce è apparso dentro di me? Che bellezza è questa più che umana e più che angelica, a cui cede lo stesso sole? Pensa che l’Eterno Padre, per incitarti ad amare il suo carissimo figlio dice: E chi credi tu che sia se non il mio unigenito figlio tanto amato da me, del quale solo per la sua bontà mi compiaccio? Amalo tu ancora con tutto il cuore, ascolta le sue parole; poiché ti gioverebbe poco frequentare il monte Tabor, cioè la sacra Mensa, se non obbedisci alla sua legge, e alle voci che ti suscita nel cuore. Sia benedetto e glorificato un figlio tale!

Conversavano con lui. Parlava il Signore con Mosè ed Elia della sua passione, temperando quella gran consolazione con il pensiero dei vicini tormenti. E tu apprendi che ricevendo l’Eucarestia e godendo delle spirituali consolazioni, devi ricordarti della sua passione e prepararti sempre a qualche nuova battaglia che per servizio di Dio dovesse sopraggiungere.

Signore è bello per noi essere qui. S’ingannava Pietro nel dire questo, ma non sbaglierai tu affermandolo. Poiché non ci può essere in questa vita più felice condizione, che vivere sempre uniti con il suo Signore. Nel tuo cuore, nel tuo cuore Anima mia! Facciamo tre tende, una nell’intelletto pensando spesso alla sua bontà; l’altra nella memoria ricordandoti dei suoi benefici ed in particolare quando così spesso viene in te in modo sacramentale; l’altra nell’affetto, dilettandoti in lui ed amandolo con ogni tuo potere.
Domenica, 09 Marzo 2014 07:39

I domenica di Quaresima

285
Da un sermone sulla Passione (C.246)


Il ricordo della mia miseria e del mio vagare è come assenzio e veleno” (Lam 3,19). Lo disse Cristo con la voce del profeta Geremia affinché ci ricordassimo dei suoi dolori e della sua passione.

La passione di Cristo è proposta come un libro nel quale leggiamo ed apprendiamo ogni virtù, come rimedio in ogni nostra tentazione e come uno specchio per conoscere le nostre imperfezioni. Si dice che questo libro è quello che vide san Giovanni nell’Apocalisse segnato con sette sigilli (Cf. Ap 5).

In esso si leggono tutti gli attributi di Dio e tutte le nostre miserie. E si dice anche che era scritto all’interno e all’esterno. Il profeta dice che nel libro trova rimedio, perché fu figurato nel serpente di bronzo e come in uno specchio nel quale è possibile vedere le virtù di Cristo e riconoscere in noi i vizi contrari.
Sabato, 01 Marzo 2014 10:18

VIII domenica del tempo ordinario

284Dal Sermone sulla nobiltà dell’anima (C.148v.) 

Oh grandezza dell’anima! Oh nobiltà dell’anima così simile al suo Creatore ed una con Lui! Immortale, invisibile, infinita, eterna, impassibile. Possiede volontà, intelletto, libertà, con il suo Creatore. Come non è possibile tenerne conto? […].

Ciò che il Signore ha realizzato nell’universo è visibile nel piccolo mondo dell’anima. Il Signore da l’esistenza al mondo. L’anima permette al corpo di esistere . Dio fa germogliare l’erba dei prati e da l’istinto agli animali. L’anima vivifica il corpo e lo fa esprimere attraverso i sentimenti. Come Dio diede la bellezza ad ogni creatura, così l’anima contiene la bellezza del corpo, onde separato da lei diventa deforme e spregevole. 

[…] Come Dio è artefice della natura così l’uomo è artefice della bellezza. […] E’ nobile quest’anima perché è trono di Dio, perché è tempio di Dio, perché Dio vi siede ed è sua sposa, delizia divina. Il valore di una realtà si conosce dal suo prezzo per la quale si compra. Ma quale fu il prezzo con il quale fu comprata l’anima? Guarda a Cristo crocifisso! O Signor mio lo sa bene il tuo corpo insanguinato, le tue membra. Per quest’anima Signore mio, prendesti la nostra carne, per questo nascesti. E i santi hanno conosciuto il valore e l’importanza dell’anima comprata a caro prezzo. 
 
Sabato, 22 Febbraio 2014 23:29

VII domenica del tempo ordinario

283Dal sermone sul paralitico (C. 453)

Quei quattro che portavano il paralitico rappresentano le quattro virtù che uno deve possedere per essere risanato dal peccato.

Poiché colui che non si confesserà bene non ha prudenza nel prendere in esame la sua coscienza. E non gli gioverà a nulla se non aggiungerà la fortezza, cioè il dispiacere di aver offeso Dio e non si proporrà di voler resistere ai vizi e alle contrarietà che gli possono accadere. E similmente la temperanza, l’abbandono di ciò che è superfluo, vano, le cattive pratiche, insomma non giungere agli estremi.

Così la prudenza, sarà nell’intelletto, la giustizia nella volontà, la fortezza nella parte irascibile e la temperanza dove risiedono le passioni; non volendo ne desiderando se non ciò che è di bisogno.

 
Sabato, 15 Febbraio 2014 07:32

VI domenica del tempo ordinario

282
Da un sermone per la XIII domenica dopo Pentecoste (C. 351)


Lungo il cammino verso Gerusalemme Gesù attraversava la Samaria e la Galilea (Lc 17,11). Un vangelo di grazia e di salvezza quello che oggi ascoltiamo. Consideriamolo con diligenza e poi eseguiamolo con prontezza. Gesù passa, facendo del bene a tutti (Cf. At 10,38), come fa il sole che sempre concede benessere. Così anche noi in ogni tempo, in ogni luogo ed occasione, siamo chiamati a compiere il bene. […]

Occorre prendere sempre l’occasione come accadde a quei lebbrosi che prima dell’ingresso di Cristo in Samaria cominciarono a gridare. Come se volessero supplicare uno che sta per passare solo per tale circostanza. Anche noi accogliamo le opportunità che ci vengono offerte durante la nostra vita, quando soprattutto ascoltiamo la Parola del Signore perché entra lo sposo e la porta sarà chiusa (Cf. Mt 25,10) [...]. I lebbrosi erano lontani e separati per non infettare gli altri […]. In effetti, gli uomini si guardano da varie situazioni che possano contaminare la loro vita dal male come per esempio la peste o altre malattie; perché non si guardano con accuratezza di evitare i peccati? Sono attenti a non infettare gli altri, ma nel vizio fanno tutto il contrario. […]

I lebbrosi gridano. La preghiera è fonte della salvezza perché prima ci si salva e dopo viene il conforto. Che nessuno preghi soltanto per sé, ma per gli altri. […] Così nelle nostre necessità non conviene guardare agli interessi propri, ma a ciò che ci accomuna.
Sabato, 08 Febbraio 2014 22:57

V Domenica del tempo Ordinario

281
Dal commento a Giobbe (Fasc. 9. C. 54)


Cos’è questa milizia di cui parla Giobbe? Mentre la milizia terrena è a servizio del governo corporale, l’altra è necessaria per il governo spirituale. Nell’una si esibiscono le armi umane nell’altra quelle spirituali.  Con l’una si combattono i nemici, con questa le potenze del male, ricevendo rispettivamente una corona corruttibile per l’una, mentre incorruttibile per l’altra. Poiché come afferma l’apostolo Paolo: “Siamo diventati spettacolo al mondo” (1Cor 4,9).

Quanto è attuale la lettura odierna! La vita dell’uomo è un duro servizio sulla terra (Gb 7,1) anzi un combattimento. Nella milizia umana vi sono ordini, obbedienze si tengono a posto le armi, si ascoltano le sentinelle, si aspira alla vittoria, si combatte aspramente, si sopportano le sofferenze, si dorme male, si mangia senza mormorare, si è mercenari, si da tutto al capo, si pone attenzione al nemico, non si fugge, si è uniti, si mette a disposizione la vita, insomma si vive con accortezza! Siamo a conoscenza della vita militare!

Nella vita spirituale il buon soldato segue il suo capitano che è Cristo Gesù, come egli stesso afferma nel Vangelo: “le mie pecore mi seguono e mi ascoltano” (Cf Gv 10). Se nella vita militare si ha conoscenza delle armi terrene, nella vita spirituale ciò che importa è stare nella conoscenza di Cristo.
 
Venerdì, 31 Gennaio 2014 13:16

Presentazione al Tempio

280
Dal Sermone sul Salmo 33 (
C. 254)


Gli occhi del Signore sui giusti (Sal 33,15). Questa provvidenza è così grande che se appunto Dio li  ritira da noi cadremmo a terra come dei bambini che non sanno camminare. Essi sono ritti, quando sono custoditi dalla madre, ma una volta che questa li lascia andare da soli si precipitano, e così Dio nei nostri confronti.

Accade anche che colui il quale vuole far rappresentare la sua immagine in uno specchio, questo sguardo ci fa stare rivolti a Dio.

Così come quando uno vuole vedere la sua immagine, occorre che guardi nello specchio. In effetti, noi non possiamo guardarci da soli, solamente in Dio possiamo ammirare la nostra immagine.

Pertanto occorre  accettare che fra la nostra visione e quella di Dio c’è molta differenza. Da parte nostra siamo portati a vedere bassezze o varie cose per conoscenza. La visione di Dio è produttrice di bene, e questo lo potrai notare nelle parole pronunziate dalla Vergine Maria: Egli ha guardato l’umiltà della sua serva (Cf Lc 1,48), alle quali fanno eco quelle del salmista: Egli che guarda la terra e la fa sussultare (Sal 103,32).
Sabato, 12 Settembre 2015 21:28

XXIV domenica del tempo ordinario

225
Sermone nel giorno dei santi Pietro e Paolo (C. 510)


Questo è quel Pietro che segue Giovanni chiamato da Cristo, lascia il Battista per passare ad uno stato di vita più nobile e perfetto, e perché tu possa imparare da questo! Pietro appena viene chiamato, abbandona la barca, la rete ed il padre e segue subito il Signore e questo perché tu possa apprendere che quando il Signore chiama devi abbandonare tutto e subito come fece l’Apostolo. 

Questi è colui che vedendo Gesù dalla barca chiese licenza di andare verso di lui sull’acqua, ma vedendo venire quell’onda, si perse d’animo. E questo perché tu impari che quando Dio ti fa incominciare un’opera e poi vedi le tentazioni che sorgono, non per questo ti devi perdere d’animo.  

Questi è colui che essendosi affaticato tutta la notte per pescare senza prendere nulla, al comando della parola di Gesù sperimentò l’abbondanza. Questi è colui che, mentre Gesù affermava la sua dipartita a Gerusalemme disse dopo averlo riconosciuto come Messia, questo non ti accada o Signore (Cf. Mc 8,32) e Gesù gli disse vai dietro a me Satana! Perché tu possa apprendere a non togliere i tuoi passi da quello che il Signore vuole.
Sabato, 25 Gennaio 2014 21:57

III Domenica del tempo Ordinario

279
Da un Sermone sul Paradiso (C. 294)


Si tratta di una materia così nobile e belle che se tutte le pietre preziose di questo mondo fossero raccolte insieme, sarebbero come fumo paragonate alla bellezza del Paradiso. […]

Oh città del mio Dio! Oh abitazione eccelsa! Oh luogo di riposo e di pace! Stanza della gioia! Dimora di ogni felicità! Cumulo di delizie! A te sospiro a te grido a te mi rivolgo, a te con i padri  esclamo: Ho Gerusalemme, casa di Dio! Dopo il mio amore a Gesù, tu sei la mia gioia e la mia consolazione, la tua dolce memoria sia refrigerio alla mia tristezza.

Ognuno si levi da questo fango, dalle viscose insidie di questo mondo e salga in cielo, a godere del riposo eterno a disporre per sempre della pace, trovarsi nell’eccelsa luce, ammirare l’incredibile bellezza e stare con il nostro Dio per sempre.
Sabato, 18 Gennaio 2014 20:07

II Domenica del tempo Ordinario

278
Dal Sermone su Lc 10,23 (C. 347)

[…]  Ma cosa vedevano gli apostoli per essere beati? Vedevano come affermavano i Padri della Chiesa per mezzo della fede viva nella sua intimità il Verbo eterno, l’atteso da tutti, il diletto.
Essi vedevano in Lui corrispondere tutto il loro bene, la loro felicità, la loro consolazione. Per questo come riferisce Paolo vedono ogni cosa in obbedienza (2Cor 9,13).
Fratelli, quanto sono vane le cose del mondo, instabili gli apprezzamenti, le grandezze, le ricchezze, le dignità, ecco perché Gesù disse Beati i vostri occhi perchè vedono (Cf. Lc 10,23).
Per seguirmi avete abbandonato la barca, la rete, il padre! Beati voi perché il mondo, vi è di scherno e disprezzo. Beati voi che per seguire me, disprezzate voi stessi, lasciate la vita e gli affetti. Molti hanno desiderato vedere quello che voi vedete, conoscere quello che voi conoscete, comprendere quello che voi comprendete ma non fu loro possibile.

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