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Sabato, 01 Settembre 2012 13:08

22 domenica del tempo ordinario

223
Dal Sermone per rimanere nella preghiera (C.305)

  

Se vuoi vivere bene. Prega di buon ora! Fai questo buon proposito! Questa cosa è talmente utile ad ognuno che si potrà sottrarre il tempo dell’orazione al riposo. Quando  ci decidiamo, se non sentiamo trafiggerci dentro il cuore? Quando desideriamo di metterci davanti alla passione del Signore? Quando mai riscaldarsi intimamente?


E giunta l’ora di dare inizio ad una opera talmente vera, così grande e pia, così necessaria che è comandata da Dio stesso, il quale avverte che ogni cosa ha il suo tempo e la preghiera deve avere il suo, poiché Dio vuole che a lui offriamo le nostre primizie, le offerte, i primogeniti, l’erba, i fiumi, i prati, gli uccelli, gli alberi, la terra, l’acqua, gli angeli. La religione e la bellezza dell’arte te ne danno continuamente l’esempio.


E’ il desiderio che t’invita ad essere beato, ad essere puro di cuore, sterminatore del male, ad eccitare il fuoco dell’amore di Dio in te, ad essere come Giacobbe benedetto da Dio, a saziare di cibo celeste e di soave manna la tua anima, coltivarla, seminarla, far sì che il seme fiorisca e faccia frutti. Se vuoi esaltare la misericordia di Dio, lodarlo e riempirti della sua compassione, armarti contro i nemici, rimani nella preghiera! […]


 
Sabato, 25 Agosto 2012 23:14

Ventunesima domenica del Tempo Ordinario

222Dal Sermone nella quarta domenica dopo Pasqua (C.371)


Quanto è grande la bontà di Gesù Cristo verso coloro che lo servono fedelmente. Essi non di meno sono percossi da flagelli e nella stessa tribolazione egli è presente come amorevole padre, li conforta in tal modo che, le persecuzioni appaiono come consolazioni. Se nel Vangelo gli apostoli sono afflitti per la dipartita di Gesù egli subito li consola mostrando loro che: “è bene che io vada, perché se non me ne andrò non verrà a voi il Consolatore” (Cf. Gv 16,7).


Questa parola del Vangelo mi offre l’opportunità di riflettere con voi sulla consolazione che sentono i servi di Dio nel servirlo soprattutto nella sofferenza. Contrariamente, coloro che vivono immersi nei loro piaceri, sentono in sé una grande amarezza […]. Ora fate bene attenzione. E’ stata sempre tra le caratteristiche divine la consolazione per chi è nell’afflizione. Ascoltate cosa dice l’apostolo Paolo: “Benedetto sia Dio che ci consola in ogni nostra tribolazione” (Cf. 2Cor 1,3). Così i numerosi esempi della Scrittura, attraverso gli angeli buoni inviati a Noè e ad Abramo.


[…]Se noi come gli antichi non percepiamo questa dolcezza nella tribolazione, è perché non diamo a Dio la possibilità di operare in noi. Poiché stando ad una causa ne segue un effetto se non impedito. Dio ha sempre fatto questo con anime disposte  ad essere tali. Pertanto gustate queste dolcezze. “Gustate e vedete come è buono il Signore” (Cf. Sal 33, 9)[…].

 
Sabato, 18 Agosto 2012 22:31

Ventesima domenica del Tempo Ordinario

222Dal Sermone “Solo Dio acquieta il Cuore” (C. 521)


E’ ufficio del sapiente ordinare e disporre le cose al debito fine, cosicché allontanandosi da quell’ordine, mancano non poco di perfezione e sarà cosa buona e ragionevole, o anime benedette, che il sommo sapiente, il Dio Signore nostro, come ordinatore di tutte le cose, con sommo ed infinito ordine, le abbia disposte in modo che quelle che preferiscono eccedere, non tendono più alla perfezione, ma all’imperfezione, non alla quiete, ma all’inquietudine. […]


Tuttavia, è da notare  che essendo ben considerato quest’ordine delle creature per il loro fine ed il loro proprio luogo che, quanto più da esso si allontanano, tanto più si inquietano, patiscono, e si distruggono. In effetti, se tu al cavallo gli dai del cattivo fieno, lo vedrai contristato. Se i pesci abituati alle profondità del mare li conduci ad acque basse, li vedrai sguazzare e contristarsi, se poi li poni all’asciutto ancora peggio.


Se togli l’aria agli uccelli del cielo, se al cane togli la terra e gli dai acqua altrettanto si contristerà! Da questo puoi notare l’importanza del fine che è in ciascuna realtà senza il quale, non potrà chetare ciò che è inquieto, poiché proprietà del fine è placare l’appetito di quella cosa di cui è fine. […].


Ora l’uomo essendo il più nobile tra le creature deve avere un fine ed un luogo nobili. E questi non è altro che il suo Dio. E se le creature nei propri fini si placano, l’uomo potrà farlo solo in Dio.  Così anima cara, quando ti allontanerai dal tuo Dio,  sarai sempre inquieta […]. Poiché il tuo appetito non potrà essere saziato da altri, se non  solo dal tuo Dio.

 
221Sermone sull’onore dovuto ai genitori (C. 244)

 Nel precetto onora il Padre e la madre non s’intende solo l’onore che si deve ai genitori. ma anche agli altri superiori, e al contempo la cura che i superiori devono avere verso i sudditi. 

Occorre essere soggetti ai superiori come ai propri padri, perché ognuno sia conservato nel proprio stato. Ciò si dimostra dal fatto che i principi e tutori sono come dei padri e ad essi si deve amore, obbedienza e riconoscenza.

 Oh quanto agisce male chi trasgredisce con portare odio o non obbedisce e straparli o mormora! Guarda bene che nella trasgressione di questo precetto possono cadere sia i sudditi che i superiori.

 

 
Sabato, 28 Luglio 2012 09:11

Diciottesima domenica del tempo ordinario

220
Dal Sermone sulla nobiltà dell’anima (C. 148 v.)


 Fra tutte le cose che sono reprensibili nell’uomo, una è principale: la brutta e abominevole ignoranza delle cose grandi che egli è tenuto a sapere per renderne conto. Da questa considerazione nasce il fatto che le cose di pregio non si stimano e le vili ed abiette, si tengono tra le importanti. Così come accade ad un contadino che non conoscendo il valore di un rubino lo venderà a poco prezzo, mentre il gioielliere ne terrà di gran conto il valore. Questo accade alla miseria della nostra umanità, che ceca ed ignorante della preziosità della sua anima la disprezza a favore della viltà del proprio corpo […].

 Ora Dio che creò il cielo e la terra con i suoi ornamenti a compimento di tutto fece una creatura che fosse più nobile ed eccellente delle altre creature; un trono, una sede dove l’altissimo Signore potesse trovar riposo per mostrare  la sua magnificenza e grandezza.  Fece come fanno i pittori, i quali quando cominciano le loro opere, prima le abbozzano iniziando dai colori grigi, poi vanno sempre più al vivo dell’immagine man mano che giungono al completamento della pittura. Aggiungono la vivacità dei colori, in modo che la magnificenza dell’opera si mostri e l’arte del maestro venga lodata.

Così il Signore nostro, Carissimi, creando questo universo, abbozzandolo, tirò solo le linee dicendo semplicemente: si compia la mia parola (Cf. Gen 1,3), ma quando toccò all’uomo non disse solo si compia, ma facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza (Cf. Gen 1,26), onde formato il corpo dal suolo, su quel nobile colore disegnò la sua bellezza, ispirando sul volto lo spirito di vita e donandogli l’anima. Questo fu l’ultimo atto della creazione di Dio.

Oh, grandezza di questa anima! Oh nobiltà che la fa simile ed una con  il suo Creatore: immortale, invisibile, infinita, eterna, impassibile. Essa possiede volontà, intelletto, libertà come Dio […]. Si conosce la grandezza dell’anima dal cibo che per essa è stato ordinato. Poiché quando si vede una mensa con delicatissime vivande, subito ci rendiamo conto a chi appartiene tale cibo e a chi è offerto il più nobil cibo che trovar si possa.  E’ nobile dunque questa nostra anima, perché è trono di Dio, è tempio di Dio, e sede di Dio, è sposa di Dio è delizia di Dio.

 
219
Dal sermone (C. 254)


 Gli occhi del Signore sui giusti (Sal 33,15). Questa provvidenza è così grande che se appunto Dio li  ritira da noi cadremmo a terra come dei bambini che non sanno camminare. Essi sono ritti, quando sono custoditi dalla madre, ma una volta che questa li lascia andare da soli si precipitano, e così Dio nei nostri confronti.

 Accade anche che colui il quale vuole far rappresentare la sua immagine in uno specchio, questo sguardo ci fa stare rivolti a Dio.

 
Così come quando uno vuole vedere la sua immagine, occorre che guardi nello specchio. In effetti, noi non possiamo guardarci da soli, solamente in Dio possiamo ammirare la nostra immagine.

Pertanto occorre  accettare che fra la nostra visione e quella di Dio c’è molta differenza. Da parte nostra siamo portati a vedere bassezze o varie cose per conoscenza.

La visione di Dio è produttrice di bene, e questo lo potrai notare nelle parole pronunziate dalla Vergine Maria: Egli ha guardato l’umiltà della sua serva (Cf Lc 1,48)

 
Domenica, 22 Luglio 2012 05:44

Sedicesima Domenica del Tempo Ordinario

218 

Dal sermone sulla bontà del consigliarci (C. 322)
  
Avendo Nostro Signore fornito la bontà umana dell’originale giustizia, e come il freno agisce su un cavallo feroce, così la parte sensibile della nostra umanità si trova  soggetta alla ragione, per cui con gran facilità l’uomo si libera dall’amor proprio, ma il peccato è sempre alle porte: “Più fallace di ogni altra cosa è il cuore difficilmente guaribile chi lo può conoscere?” (Ger 17, 9).

 Ciò è segno divino che ai medici non è permesso di curare se stessi, né a coloro che guidano di essere al contempo, pastori e pecore. Vedi come l’infinita bontà divina fra gli altri rimedi alle miserie pose quello contro la tirannia dell’amor proprio. E se nelle nostre cose non vogliamo errare occorre che prendiamo qualche buon consiglio. 
 
Per questo afferma la Scrittura: “ Figlio non agire senza consiglio”. Ci viene ricordata così la nostra miseria. Mentre vogliamo costruirci da soli, è conveniente umiliarci davanti agli uomini. E questo perché? “La sapienza si trova presso coloro che prendono consiglio”. Questi sono i veri sapienti. Ed è Dio che regge coloro che con sano consiglio si governano e con tutte le loro azioni lo onorano e lodano.

 
Sabato, 14 Luglio 2012 10:14

Quindicesima domenica del tempo ordinario

217
Dal sermone sul fine dell’uomo (C. 506)



Nelle cose spirituali i mezzi per condurci al nostro fine sovrannaturale devono esse anch’essi sovrannaturali. Ed il Signore non ce ne ha privato. Fra questi mezzi proporzionati ed efficaci a questo fine, vi sono i santissimi sacramenti. E fra tutti, quando uno ha perso l’innocenza battesimale, vi sono il sacramento della penitenza e quello dell’eucaristia. […] Questi in effetti, sono i mezzi più efficaci per conseguire il nostro fine.


Ora benché la passione di Gesù Cristo sia causa naturale dell’umana salvezza, […] Dio ha ordinato che la causa naturale, cioè la passione di Gesù Cristo, venga a noi unita mediante i santi sacramenti. […]. Cosiché il buon cristiano frequentando questi celesti misteri, purifica la sua coscienza ed è confortato lungo il suo pellegrinaggio terreno, ed in tal modo può pervenire al suo fine.

 
Questo ci fu rappresentato, carissimi, nel santo Elia il quale, sfuggito dall’ingiusta regina Gezabele e giunto presso il torrente Cherit, stanco per il viaggio, agitato dal dolore, indebolito per la mancanza di cibo, si buttò sotto un ginepro e domandò la morte (Cfr 1 Re 19,4). E nel sonno ecco giungere il Padre della provvidenza che inviò il suo Angelo con una brocca d’acqua e un pane cotto sotto la cenere. Svegliato il profeta gli ordinò di mangiare e bere. Fatto ciò il profeta si addormentò e nuovamente l’Angelo comandò di alzarsi e mangiare. Per quale scopo? Perché restava ancora un grande viaggio da compiere. Fortificato da quel cibo, come afferma la Scrittura, Elia camminò quaranta giorni e quaranta notti verso il monte di Dio l’Oreb. Ora ditemi, mancavano forse a Dio altri mezzi per condurre il profeta, di cibo, di pane e di acqua? Ciò egli comandò, essendo tale cibo figura del Santissimo Sacramento. […] e se contemplate, o carissimi, la dolcezza di questo convito, scoprirete che qui vi è un cibo sopra ogni altro cibo, un pane sopra ogni pane, qui vi è Cristo!
 
216
In quel tempo Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono (Mc 6,1)



Da un sermone sul Paradiso (C.294)

 
Benedite il Signore voi tutti suoi eletti (Cf. Tb 13,10) […]. Quasi volesse dire riempite i vostri giorni di letizia e lodate il Signore. Beati tutti coloro che amano te Gerusalemme e si rallegrano per la tua pace […]. Benedite la casa di Dio!

 Oh casa di Dio risplendente e bella! Io ho amato la bellezza ed il fuoco dove abita la gloria del mio Signore che ti ha creato e ti possiede. A te sospiro lungo il mio pellegrinaggio, giorno e notte, desidera e brama te il mio cuore, a te anela la mente mia, all’amicizia della tua felicità e gloria desidera giungere la mia anima. Io dico a colui che ha fatto te che possieda me, me in te, perché lui ha fatto me e te. Che io mi consumi per la dolcezza di te o patria sì bella!

 Oh città del mio Dio! Oh abitazione suprema! Oh luogo di riposo e di pace! Sede della letizia! dimora sopra ogni felicità! Cumulo di delizie! A te sospiro, a te grido, a te supplico e ti dico: Ho Gerusalemme, Casa di Dio, dopo l’amor di Gesù tu sia la mia allegrezza e consolazione, la dolce memoria di te sia refrigerio nella mia amarezza.

 Tutti leviamoci di dosso questo fango, stacchiamoci da questo mondo infelice, saliamo in cielo a godere del riposo di Dio, per trovarci in quella suprema luce, ammirare quella incredibile bellezza e starcene con il nostro Dio per sempre. Amen.

Domenica, 01 Luglio 2012 05:14

Tredicesima domenica del tempo ordinario

215
Da un sermone nella quinta domenica dopo Pasqua (C.375v.)


 

Dopo aver ascoltato il Vangelo i nostri animi dovrebbero essere accesi e infiammati nel voler servire il nostro amabilissimo Creatore. Abbiamo ascoltato che se anche colpisce con calamità i suoi servi, è sempre pronto a sostenerli e consolarli in queste situazioni. […]

Così c’insegna  come  aiutarci nelle tribolazioni, e ancora ci indica tutto ciò che l’anima desidera per essere consolata. Infatti, come afferma la Scrittura: tutto ciò che chiederete al Padre nel mio nome egli ve lo concederà (Gv 16,23). Nota come sia importante essere servo di Dio in quanto egli stesso si sentirà obbligato a concedere quanto si domanderà. […]

Chiedete e otterrete perché la vostra gioia sia piena (Gv 16,24) Ho! Come sarà piena la nostra gioia. Infatti come si dice pieno quel vaso che in sé non ha alcuna parte vuota, così si dirà dell’anima nella celeste patria della gioia, in quanto vedremo faccia a faccia. Non più speranza perché saremo tra le mani di Dio. Nella patria celeste la nostra intelligenza sarà unita per la luce della gloria alla divina essenza.

Qui la volontà sarà rapita dalla profondità dell’amore divino. Qui la memoria si ricorderà dei doni ricevuti. Qui l’occhio, qui l’orecchio, qui il gusto, qui l’odorato, qui il tatto, qui ciò che si desidera, qui ciò che ci irrita, qui le malattie della carne, qui non più nostalgia, non più il mondo.

Oh che gaudio pieno! Oh che dolcezza piena! Signore Dio mio, Gesù mio, chi non domanderà una tale gioia? Chi non la desidererà?

 
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