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Presenza benedettina in Sant’Agata di Puglia. I Verginiani

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manoscrFondato intorno al 529 da S. Benedetto da Norcia, l'ordine monastico dei Benedettini costituì indubbiamente il più importante ordine religioso del medioevo.


La prima comunità benedettina si costituì a Subiaco e fu la prima delle altre numerosissime che rapidamente si diffusero in Italia ed in Europa. Adattandosi alle evoluzioni sociali e storiche, la regola di S. Benedetto subì nel tempo varie interpretazioni nelle diverse congregazioni, come quella dei Benedettini di Cava, dei Camaldolesi, dei Verginiani.

In Puglia il monachesimo benedettino si affermò in modo considerevole tra l'XI ed il XII secolo per il decadere degli istituti brasiliani, per il deteriorarsi della lega greco-bizantina, per il processo di rilatinizzazione del territorio favorito dalla diffusione della riforma gregoriana. Con il favore ed il sostegno di re normanni, di feudatari e signori locali, ovunque sorsero abbazie, priorati, chiese, monasteri dipendenti dai fiorenti centri benedettini di Cava dei Tirreni, di S. Lorenzo d'Aversa, di Montevergine.

La congregazione benedettina dei Verginiani fu fondata a Montevergine nel 1124 da S. Guglielmo da Vercelli. Papa Alessandro III nel 1181 riconobbe il loro ordine indipendente sotto la regola di S. Benedetto.

I primi ad insediarsi nel territorio di Sant'Agata di Puglia furono i Benedettini di Cava che ebbero, dal 1086, il possesso del casale e priorato di S. Pietro d'Olivola, delle chiese di S. Maria Guardiola e S. Benedetto e, secondo il Guillaume, anche della chiesa di S. Biagio.

I Camaldolesi di S. Lorenzo d'Aversa dal 1092 ebbero il possesso del casale e della chiesa di S. Maria d'Olivola, delle chiese di S. Nicola e di S. Marina dello stesso casale.

Verginiani s’insediarono nel casale di S. Pietro Ursitano nel 1171.

La costruzione del monastero di S. Pietro Ursitano  (località poco distante dal paese), secondo lo storico santagatese Lorenzo Agnelli, prese l’avvio proprio ad opera del fondatore dell’ordine, S. Guglielmo da Vercelli.

Poco si può dire del priorato e della successione dei priori e degli abati che lo ressero. Molti documenti sono andati dispersi al mo­mento della soppressione, nel 1807, ed anche nel tra­sporto delle pergamene dall'Archivio storico di Montevergine a quello di Napoli.
Decaddero fino a scomparire le comunità benedettine di Olivola tra il XIII ed il XIV secolo, ma non toccò la stessa sorte al priorato di S. Pietro Ursitano, per il quale, tra il primo ed il secondo decennio del '500, si aprì  un nuovo capitolo di storia.

Fra Martino Sessa da Trevico edificò, a sud ovest del paese, su una preesistente chiesa intitolata a S. Maria delle Grazie, fuori dal centro abitato, tra il 1510 ed il 1520, chiesa e monastero di S. Maria delle Grazie, ove, nel 1557, fra Sebastiano Geremia trasferì l'antico priorato di S. Pietro Ursitano. Intorno alla nuova cellula benedettina, che divenne polo di richiamo di sentita religiosità mariana, si sviluppò il nuovo rione di S. Maria delle Grazie.

Il Lugano ed il Tranfaglia concordemente sostengono che i Verginia­ni tennero il priorato di S. Pietro Ursitano dal 1171 al 1807. Il Tranfa­glia precisa: “Questo monastero nasconde la sua origine nelle tenebre dell'antichità e solo sappiamo dall'archivio di Loreto che con una lettera dell'11 febbraio del 1557 fu permesso a fra' Sebastiano di trasferire in S. Agata il priorato di S. Pietro Ursitano edificato, come dalla visita del 1520, da fra' Martino di Trevico, suo priore con una grotta e altre co­modità e colla chiesa...”.

Il possesso fu confermato da vari papi: da Ce­lestino III nel 1197, da Alessandro IV nel 1261, da Urbano IV nel 1264.

Nel 1339 il casale di S. Pietro Ursitano, con il monastero, fu ce­duto in fitto da Filippo, abate di Montevergine, a padre Nicola da Api­ce, per un compenso annuo di 40 tomoli di grano e di orzo.
Della storia dell'antico priorato restano regesti di interessanti per­gamene, pubblicati dal rev.mo P. Giovanni Mongelli nella sua pregevole opera in sette volumi Abbazia di Montevergine. Regesto delle pergamene, Roma, 1956-62.

 

S. Giovanni Leonardi a Sant’Agata di Puglia

Papa Clemente VIII, in risposta alle direttive ed allo spirito innovatore del Concilio di Trento, volle che si con­trollasse l'osservanza monasti­ca dell'ordine dei Verginiani e, su consiglio dì S. Filippo Neri, affidò a S. Giovanni Leonardi (fondatore dell'Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio e cofondatore del Collegio Urbano di Propaganda Fide di Roma) il compito di visitare i monasteri  benedettini - in tutto una cinquantina - di Montevergine.

Il Breve apostolico porta la data del 29 marzo 1596. La visita apostolica durò cinque anni.

Secondo il decreto pontificio, i monasteri andavano distinti in tre classi: nella prima rientravano le comunità monastiche con 12 religiosi professi con celle distinte; nella seconda quelle di sei – sette, nella terza quelle con un numero inferiore di religiosi.

Così, per esempio, nella prima classe rientravano i monasteri di Montevergine, Roma, S. Guglielmo, Napoli, Casamarciana, Capua, Marigliano, Penta, Salerno, Candida; nella seconda un’altra diecina, tra cui Aversa e Benevento; nella terza oltre venti, tra cui Avellino, Sant’Agata di Puglia, Forenza, Ascoli, Troia, Deliceto, Forenza.

Il Santo giunse a Sant'Agata di Puglia dalla Baronia il 2 maggio 1596, nelle vesti di commissario visitatore e riformatore apostolico. Ricevuto con i dovuti onori, visitò la chiesa di S. Maria delle Grazie, che trovò decentemente e convenientemente adorna. Non si conservava il SS.mo Sacramento. Il monastero aveva solo tre celle per cinque monaci ed una rendita di 400 scudi d’oro. Non potendo assicurare la normale osservanza monastica, doveva essere soppresso. Ma le suppliche del popolo commossero il Santo, che concesse prima sei mesi (il Santo firmò il decreto il 13 febbraio 1597 in Montevergine) e poi tre anni per l'ampliamento dell'edificio (decreto del 17 aprile 1600, sempre da Montevergine). I lavori durarono quasi quattro anni. Si spesero mille ducati, duecento offerti dal marchese di Sant'Agata di Puglia, Carlo Loffredo, ed ottocento dall'Università e dal popolo.
L'edificio fu migliorato ed ingrandito tanto da poter ospitare dodici monaci. Così, nel decreto del 26 aprile del 1600 il monastero di S. Maria delle Grazie è riportato tra quelli da lasciare aperti, in tutto 18.
Il priorato venne definito Badia il 19 maggio del 1611 «motu proprio» da papa Paolo V. Il suo primo abate fu don Anselmo Ambrosino di Mercogliano. I successori, don Luigi Ricciardi e don Urbano de Martino Musacchi, ingrandirono e migliorarono l'edificio, don Mancine reintegrò l'osservanza regolare. Papa Benedetto XIV, il 16 gennaio 1747, ebbe ad elogiare l'operosità e la rettitudine dei nostri monaci, i quali con zelo si dedicavano agli studi ed alla formazione dei giovani, facendo del monastero un centro di divulgazione culturale e di elevazione spirituale.

Dipendevano dalla comunità benedettina di Sant’Agata le grange di Ascoli, Deliceto, Forenza, Troia (i cui conventi furono soppressi da S. Giovanni Leonardi), che fruttavano la rendita di mille ducati annui.
Certamente il Santo non una volta andò Sant’Agata, ma più volte, dovendo verificare l’esattezza dell’esecuzione dei Suoi decreti.

Alla presenza di S. Giovanni Leonardi, che aveva fatto costruire il famoso Santuario in Pomigliano d’Arco, è da collegare l’introduzione a Sant’Agata del culto della Madonna dell’Arco, cui alla fine del ‘500 si intitolò una chiesetta rurale, prima intitolata a S. Maria della Pace, chiesa tuttora  aperta al culto.
Dell’Ordine del Verginiani il santagatese don Donato Porro fu due volte abate generale, dal 24 maggio del 1607 al 25 maggio 1611, e nel 1618.

 

La soppressione

La serena vita dei nostri conventi, monasteri e chiese fu letteralmente sconvolta dalla temperie politico-religiosa della fine del ‘700 e il primo decennio dell’800, coincidente con il processo di laicizzazione che, avviato da tempo, la rivoluzione francese, il periodo napoleonico, il Decennio francese mettevano in atto allo scopo di ridimensionare l’autorità ecclesiastica e controllare o confiscare i beni di opere pie ed ordini religiosi.

Un decreto del 13 febbraio 1807 di Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone e re di Napoli, stabiliva la soppressione degli ordini religiosi possidenti e, quindi, anche di quello benedettino. Di conseguenza i Benedettini di Montevergine dovettero lasciare chiesa e monastero di S. Maria delle Grazie di Sant’Agata di Puglia.

Andati via i Padri, chiesa e monastero, intorno a cui era sorto il rione di S. Maria delle Grazie, subirono spoliazioni e violazioni d’ogni sorta. Il ricco archivio, la prestigiosa biblioteca, due importanti dipinti raffiguranti l’uno S. Guglielmo e Pellegrino e l’altro S. Benedetto, numerosi e preziosi arredi sacri, persino porte, pietre intagliate ed embrici furono sottratti.  Restavano in attesa di destinazione una campana e l’organo.

I santagatesi, ai quali la soppressione del monastero aveva lacerato una delle pagine più significative della loro storia, attenti e vigili, sapevano come recuperare e salvare l’una e l’altro.

La campana, già destinata alla fonderia dei cannoni, serviva per il nuovo orologio pubblico. Il vecchio non funzionava più, la popolazione ne pativa ed i malati, che non potevano assumere le medicine a tempo, rischiavano di morire. Questo comunicò il sindaco Giuseppe Del Buono all’Intendente di Capitanata. Si costruì il nuovo orologio e si collocò sulla Casa comunale (Archivio di Stato di Foggia, Amm. Int., F. 141, f. 65). La sua anima fu proprio la campana piccola della chiesa di S. Maria delle Grazie. Ha battuto il tempo a quarti d’ora dal 14 giugno del 1814, ed i suoi rintocchi hanno scandito ore lieti e tristi della comunità santagatese.

Anche l’organo doveva rimanere in loco. Fra tutte le chiese santagatesi l’unica ad esserne sprovvista era quella di S. Maria del Carmine. Ma la confraternita del Carmine non aveva la somma sufficiente per acquistarlo. Si raccolsero tra i fedeli in brevissimo tempo i 25 ducati richiesti e, con il permesso dell’Intendente, in un tripudio di popolo, l’organo fu sistemato nella chiesa del Carmelo, tanto cara a mons. Antonio Lucci, santo vescovo di Bovino, che la vide nascere e benedisse. La festa del Carmelo del 15 luglio 1812 fu particolarmente solenne, essendo le cerimonie sacre accompagnate ed arricchite dal suono dell’organo. A 376 canne (se ne aggiunsero altre nel restauro) e 9 registri, di buona fattura, esso attesta, data l’alta committenza, la sua nobile origine.

La chiesa di S. Maria delle Grazie fu affidata alla confraternita dell’Immacolata, che aveva sede nella chiesa dell’Annunziata dei padri francescani conventuali (anche il loro ordine fu soppresso). La confraternita dell’Immacolata ne ebbe cura  fino al 1851, anno in cui vi si costituì con real decreto del 2 agosto, sotto il pontificato di Pio IX, la confraternita di S. Maria delle Grazie, che provvide alla cura, al restauro ed alla manutenzione del sacro edificio, ancora oggi, grazie ad essa ed ai fedeli, aperto al culto e luogo di forte richiamo mariano. Vi si pratica, infatti, il culto della Madonna della Consolazione, della Madonna delle Grazie, della Vergine Incoronata con gran concorso di devoti.

Passò al Comune il monastero i cui locali furono utilizzati per pretura, carcere, scuole elementari, ginnasiali e professionali.

Imponente e magnifica costruzione, realizzata grazie ai decreti di S. Giovanni Leonardi ed alla pietà della popolazione, essa attesta la presenza in Sant’Agata dei Benedettini e di S. Giovanni Leonardi, ma anche di un venerabile, padre Pietro Casani, che accompagnò il Santo nella visita e funse da segretario.
Chiesa e monastero sono due tangibili preziose testimonianze della plurisecolare presenza dei Verginiani a Sant’Agata di Puglia (oltre sei secoli), presenza nella cui storia si rileggono molte vicende della comunità, alla cui crescita spirituale e civile i Padri hanno decisamente contribuito.

 

Religiosi santagatesi nell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio

Nell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio sono entrati ben cinque religiosi santagatesi.

Il primo fu padre Nicola D’Amato, che celebrò la sua prima messa il 17 luglio 1923 in S. Maria in Campitelli ed il 15 agosto nella chiesa matrice di S. Nicola del suo paese natale. Fu rettore a Fosciandora, e rettore generale dell’Ordine dal 1946 al 1953; è stato postulatore generale dell’Ordine e parroco della chiesa di S. Maria in Campitelli. Lo hanno seguito padre Vespasiano Mele, padre Mario Mele (fratelli), padre Nicola Testa, padre Filippo Santoro, padre Paolo Fredella.

 

Il testo della visita apostolica

Die 2 Maij. Adm. R. D. Commiss. ad S. Agatham, quam dicunt de Apulia, iter direxit, et in conventu pread. Religionis honorifice receptus, ecclesiam reperiit convenientem et ornatam omniaque in ea satis munda et decentia; non tamen ibi …servabatur SS. Euchar. Sacram. Domum invenit angustam nimis, cum 3 tantum cellis. Habitant ibi quinque monachi, et proventus ad summum ascendit quatuorcentum aureorum, aut circa. Interrogati monachi de priore et pace, dixerunt bene. Illius terrae populi petierunt obnixe non sopprimi locum, et ad  aliquam expensam, incertam tamen, obtulerunt se paratos; ….locus inaptus nimis videtur aedificationi.

In hoc loco referit prior (foglio bucato) eius bona stabilia non parvi pendenda, absque Apostolico indulto fuisse (foglio bucato) […] pta.

Giorno 2 maggio 1596. Il molto reverendo Sig. Commissario Apostolico diresse il suo viaggio a Sant’Agata che dicono di Puglia e nel convento di predetta Religione [fu] ricevuto con onori, trovò la chiesa decente ed ornata e tutto abbastanza pulito e decente; non vi si conservava il SS.mo Sacramento dell’Eucaristia.  Trovò la casa abbastanza angusta, con solo tre celle. Vi abitano cinque monaci, e i proventi assommano a scudi 400, o circa. Interrogati i monaci intorno al priore ed alla pace dissero bene. La popolazione di quella terra chiese con fermezza che non si sopprimesse il luogo, e si disse disposta a collaborare con qualche somma, ma non la precisò. …il luogo poco adatto alla costruzione. In questo luogo riferì il priore che alcuni beni stabili di certa consistenza erano stati alienati senza l’Indulto Apostolico.

 

Documenti e Bibliografia essenziale

Archivio storico dell’abbazia di Montevergine
Archivio storico della SS.ma Trinità di Cava dei Tirreni
Archivio storico dell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio (docc.  fattimi pervenire in CD dal rev.mo Padre Davide Carbonaro – che ringrazio).
G. Mongelli, L'Archivio Storico dell'Abbazia di Montever­gine, Vol. Il, Roma, 1974.
P. N. D'Amato, S. Giovanni Leonardi, in “Incontro”,Rivista dell'Associazione Santagatesi residenti in Roma, febbraio 1969.
D. Donofrio Del Vecchio, Monachesimo benedettino in Sant’Agata di Puglia, in “Itinerari Santagatesi”, Matera 1982.
Tranfaglia, Montevergine e la congregazione verginiana, Roma 1929.
Padre Vittorio Pascucci, La riforma cattolica in S. Giovanni Leonardi, Lucca 2004.

 

Dora Donofrio Del VecchioFondato intorno al 529 da S. Benedetto da Norcia, l'ordine monastico dei Benedettini costituì indubbiamente il più importante ordine religioso del medioevo.

La prima comunità benedettina si costituì a Subiaco e fu la prima delle altre numerosissime che rapidamente si diffusero in Italia ed in Europa. Adattandosi alle evoluzioni sociali e storiche, la regola di S. Benedetto subì nel tempo varie interpretazioni nelle diverse congregazioni, come quella dei Benedettini di Cava, dei Camaldolesi, dei Verginiani.

In Puglia il monachesimo benedettino si affermò in modo considerevole tra l'XI ed il XII secolo per il decadere degli istituti brasiliani, per il deteriorarsi della lega greco-bizantina, per il processo di rilatinizzazione del territorio favorito dalla diffusione della riforma gregoriana. Con il favore ed il sostegno di re normanni, di feudatari e signori locali, ovunque sorsero abbazie, priorati, chiese, monasteri dipendenti dai fiorenti centri benedettini di Cava dei Tirreni, di S. Lorenzo d'Aversa, di Montevergine.

La congregazione benedettina dei Verginiani fu fondata a Montevergine nel 1124 da S. Guglielmo da Vercelli. Papa Alessandro III nel 1181 riconobbe il loro ordine indipendente sotto la regola di S. Benedetto.

I primi ad insediarsi nel territorio di Sant'Agata di Puglia furono i Benedettini di Cava che ebbero, dal 1086, il possesso del casale e priorato di S. Pietro d'Olivola, delle chiese di S. Maria Guardiola e S. Benedetto e, secondo il Guillaume, anche della chiesa di S. Biagio.

I Camaldolesi di S. Lorenzo d'Aversa dal 1092 ebbero il possesso del casale e della chiesa di S. Maria d'Olivola, delle chiese di S. Nicola e di S. Marina dello stesso casale.

Verginiani s’insediarono nel casale di S. Pietro Ursitano nel 1171.

La costruzione del monastero di S. Pietro Ursitano  (località poco distante dal paese), secondo lo storico santagatese Lorenzo Agnelli, prese l’avvio proprio ad opera del fondatore dell’ordine, S. Guglielmo da Vercelli.

Poco si può dire del priorato e della successione dei priori e degli abati che lo ressero. Molti documenti sono andati dispersi al mo­mento della soppressione, nel 1807, ed anche nel tra­sporto delle pergamene dall'Archivio storico di Montevergine a quello di Napoli.
Decaddero fino a scomparire le comunità benedettine di Olivola tra il XIII ed il XIV secolo, ma non toccò la stessa sorte al priorato di S. Pietro Ursitano, per il quale, tra il primo ed il secondo decennio del '500, si aprì  un nuovo capitolo di storia.

Fra Martino Sessa da Trevico edificò, a sud ovest del paese, su una preesistente chiesa intitolata a S. Maria delle Grazie, fuori dal centro abitato, tra il 1510 ed il 1520, chiesa e monastero di S. Maria delle Grazie, ove, nel 1557, fra Sebastiano Geremia trasferì l'antico priorato di S. Pietro Ursitano. Intorno alla nuova cellula benedettina, che divenne polo di richiamo di sentita religiosità mariana, si sviluppò il nuovo rione di S. Maria delle Grazie.

Il Lugano ed il Tranfaglia concordemente sostengono che i Verginia­ni tennero il priorato di S. Pietro Ursitano dal 1171 al 1807. Il Tranfa­glia precisa: “Questo monastero nasconde la sua origine nelle tenebre dell'antichità e solo sappiamo dall'archivio di Loreto che con una lettera dell'11 febbraio del 1557 fu permesso a fra' Sebastiano di trasferire in S. Agata il priorato di S. Pietro Ursitano edificato, come dalla visita del 1520, da fra' Martino di Trevico, suo priore con una grotta e altre co­modità e colla chiesa...”.

Il possesso fu confermato da vari papi: da Ce­lestino III nel 1197, da Alessandro IV nel 1261, da Urbano IV nel 1264.

Nel 1339 il casale di S. Pietro Ursitano, con il monastero, fu ce­duto in fitto da Filippo, abate di Montevergine, a padre Nicola da Api­ce, per un compenso annuo di 40 tomoli di grano e di orzo.
Della storia dell'antico priorato restano regesti di interessanti per­gamene, pubblicati dal rev.mo P. Giovanni Mongelli nella sua pregevole opera in sette volumi Abbazia di Montevergine. Regesto delle pergamene, Roma, 1956-62.

 

S. Giovanni Leonardi a Sant’Agata di Puglia

Papa Clemente VIII, in risposta alle direttive ed allo spirito innovatore del Concilio di Trento, volle che si con­trollasse l'osservanza monasti­ca dell'ordine dei Verginiani e, su consiglio dì S. Filippo Neri, affidò a S. Giovanni Leonardi (fondatore dell'Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio e cofondatore del Collegio Urbano di Propaganda Fide di Roma) il compito di visitare i monasteri  benedettini - in tutto una cinquantina - di Montevergine.

Il Breve apostolico porta la data del 29 marzo 1596. La visita apostolica durò cinque anni.

Secondo il decreto pontificio, i monasteri andavano distinti in tre classi: nella prima rientravano le comunità monastiche con 12 religiosi professi con celle distinte; nella seconda quelle di sei – sette, nella terza quelle con un numero inferiore di religiosi.

Così, per esempio, nella prima classe rientravano i monasteri di Montevergine, Roma, S. Guglielmo, Napoli, Casamarciana, Capua, Marigliano, Penta, Salerno, Candida; nella seconda un’altra diecina, tra cui Aversa e Benevento; nella terza oltre venti, tra cui Avellino, Sant’Agata di Puglia, Forenza, Ascoli, Troia, Deliceto, Forenza.

Il Santo giunse a Sant'Agata di Puglia dalla Baronia il 2 maggio 1596, nelle vesti di commissario visitatore e riformatore apostolico. Ricevuto con i dovuti onori, visitò la chiesa di S. Maria delle Grazie, che trovò decentemente e convenientemente adorna. Non si conservava il SS.mo Sacramento. Il monastero aveva solo tre celle per cinque monaci ed una rendita di 400 scudi d’oro. Non potendo assicurare la normale osservanza monastica, doveva essere soppresso. Ma le suppliche del popolo commossero il Santo, che concesse prima sei mesi (il Santo firmò il decreto il 13 febbraio 1597 in Montevergine) e poi tre anni per l'ampliamento dell'edificio (decreto del 17 aprile 1600, sempre da Montevergine). I lavori durarono quasi quattro anni. Si spesero mille ducati, duecento offerti dal marchese di Sant'Agata di Puglia, Carlo Loffredo, ed ottocento dall'Università e dal popolo.
L'edificio fu migliorato ed ingrandito tanto da poter ospitare dodici monaci. Così, nel decreto del 26 aprile del 1600 il monastero di S. Maria delle Grazie è riportato tra quelli da lasciare aperti, in tutto 18.
Il priorato venne definito Badia il 19 maggio del 1611 «motu proprio» da papa Paolo V. Il suo primo abate fu don Anselmo Ambrosino di Mercogliano. I successori, don Luigi Ricciardi e don Urbano de Martino Musacchi, ingrandirono e migliorarono l'edificio, don Mancine reintegrò l'osservanza regolare. Papa Benedetto XIV, il 16 gennaio 1747, ebbe ad elogiare l'operosità e la rettitudine dei nostri monaci, i quali con zelo si dedicavano agli studi ed alla formazione dei giovani, facendo del monastero un centro di divulgazione culturale e di elevazione spirituale.

Dipendevano dalla comunità benedettina di Sant’Agata le grange di Ascoli, Deliceto, Forenza, Troia (i cui conventi furono soppressi da S. Giovanni Leonardi), che fruttavano la rendita di mille ducati annui.
Certamente il Santo non una volta andò Sant’Agata, ma più volte, dovendo verificare l’esattezza dell’esecuzione dei Suoi decreti.

Alla presenza di S. Giovanni Leonardi, che aveva fatto costruire il famoso Santuario in Pomigliano d’Arco, è da collegare l’introduzione a Sant’Agata del culto della Madonna dell’Arco, cui alla fine del ‘500 si intitolò una chiesetta rurale, prima intitolata a S. Maria della Pace, chiesa tuttora  aperta al culto.
Dell’Ordine del Verginiani il santagatese don Donato Porro fu due volte abate generale, dal 24 maggio del 1607 al 25 maggio 1611, e nel 1618.

 

La soppressione

La serena vita dei nostri conventi, monasteri e chiese fu letteralmente sconvolta dalla temperie politico-religiosa della fine del ‘700 e il primo decennio dell’800, coincidente con il processo di laicizzazione che, avviato da tempo, la rivoluzione francese, il periodo napoleonico, il Decennio francese mettevano in atto allo scopo di ridimensionare l’autorità ecclesiastica e controllare o confiscare i beni di opere pie ed ordini religiosi.

Un decreto del 13 febbraio 1807 di Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone e re di Napoli, stabiliva la soppressione degli ordini religiosi possidenti e, quindi, anche di quello benedettino. Di conseguenza i Benedettini di Montevergine dovettero lasciare chiesa e monastero di S. Maria delle Grazie di Sant’Agata di Puglia.

Andati via i Padri, chiesa e monastero, intorno a cui era sorto il rione di S. Maria delle Grazie, subirono spoliazioni e violazioni d’ogni sorta. Il ricco archivio, la prestigiosa biblioteca, due importanti dipinti raffiguranti l’uno S. Guglielmo e Pellegrino e l’altro S. Benedetto, numerosi e preziosi arredi sacri, persino porte, pietre intagliate ed embrici furono sottratti.  Restavano in attesa di destinazione una campana e l’organo.

I santagatesi, ai quali la soppressione del monastero aveva lacerato una delle pagine più significative della loro storia, attenti e vigili, sapevano come recuperare e salvare l’una e l’altro.

La campana, già destinata alla fonderia dei cannoni, serviva per il nuovo orologio pubblico. Il vecchio non funzionava più, la popolazione ne pativa ed i malati, che non potevano assumere le medicine a tempo, rischiavano di morire. Questo comunicò il sindaco Giuseppe Del Buono all’Intendente di Capitanata. Si costruì il nuovo orologio e si collocò sulla Casa comunale (Archivio di Stato di Foggia, Amm. Int., F. 141, f. 65). La sua anima fu proprio la campana piccola della chiesa di S. Maria delle Grazie. Ha battuto il tempo a quarti d’ora dal 14 giugno del 1814, ed i suoi rintocchi hanno scandito ore lieti e tristi della comunità santagatese.

Anche l’organo doveva rimanere in loco. Fra tutte le chiese santagatesi l’unica ad esserne sprovvista era quella di S. Maria del Carmine. Ma la confraternita del Carmine non aveva la somma sufficiente per acquistarlo. Si raccolsero tra i fedeli in brevissimo tempo i 25 ducati richiesti e, con il permesso dell’Intendente, in un tripudio di popolo, l’organo fu sistemato nella chiesa del Carmelo, tanto cara a mons. Antonio Lucci, santo vescovo di Bovino, che la vide nascere e benedisse. La festa del Carmelo del 15 luglio 1812 fu particolarmente solenne, essendo le cerimonie sacre accompagnate ed arricchite dal suono dell’organo. A 376 canne (se ne aggiunsero altre nel restauro) e 9 registri, di buona fattura, esso attesta, data l’alta committenza, la sua nobile origine.

La chiesa di S. Maria delle Grazie fu affidata alla confraternita dell’Immacolata, che aveva sede nella chiesa dell’Annunziata dei padri francescani conventuali (anche il loro ordine fu soppresso). La confraternita dell’Immacolata ne ebbe cura  fino al 1851, anno in cui vi si costituì con real decreto del 2 agosto, sotto il pontificato di Pio IX, la confraternita di S. Maria delle Grazie, che provvide alla cura, al restauro ed alla manutenzione del sacro edificio, ancora oggi, grazie ad essa ed ai fedeli, aperto al culto e luogo di forte richiamo mariano. Vi si pratica, infatti, il culto della Madonna della Consolazione, della Madonna delle Grazie, della Vergine Incoronata con gran concorso di devoti.

Passò al Comune il monastero i cui locali furono utilizzati per pretura, carcere, scuole elementari, ginnasiali e professionali.

Imponente e magnifica costruzione, realizzata grazie ai decreti di S. Giovanni Leonardi ed alla pietà della popolazione, essa attesta la presenza in Sant’Agata dei Benedettini e di S. Giovanni Leonardi, ma anche di un venerabile, padre Pietro Casani, che accompagnò il Santo nella visita e funse da segretario.
Chiesa e monastero sono due tangibili preziose testimonianze della plurisecolare presenza dei Verginiani a Sant’Agata di Puglia (oltre sei secoli), presenza nella cui storia si rileggono molte vicende della comunità, alla cui crescita spirituale e civile i Padri hanno decisamente contribuito.


 
Religiosi santagatesi nell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio

Nell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio sono entrati ben cinque religiosi santagatesi.

Il primo fu padre Nicola D’Amato, che celebrò la sua prima messa il 17 luglio 1923 in S. Maria in Campitelli ed il 15 agosto nella chiesa matrice di S. Nicola del suo paese natale. Fu rettore a Fosciandora, e rettore generale dell’Ordine dal 1946 al 1953; è stato postulatore generale dell’Ordine e parroco della chiesa di S. Maria in Campitelli. Lo hanno seguito padre Vespasiano Mele, padre Mario Mele (fratelli), padre Nicola Testa, padre Filippo Santoro, padre Paolo Fredella.

 

Il testo della visita apostolica

Die 2 Maij. Adm. R. D. Commiss. ad S. Agatham, quam dicunt de Apulia, iter direxit, et in conventu pread. Religionis honorifice receptus, ecclesiam reperiit convenientem et ornatam omniaque in ea satis munda et decentia; non tamen ibi …servabatur SS. Euchar. Sacram. Domum invenit angustam nimis, cum 3 tantum cellis. Habitant ibi quinque monachi, et proventus ad summum ascendit quatuorcentum aureorum, aut circa. Interrogati monachi de priore et pace, dixerunt bene. Illius terrae populi petierunt obnixe non sopprimi locum, et ad  aliquam expensam, incertam tamen, obtulerunt se paratos; ….locus inaptus nimis videtur aedificationi.

In hoc loco referit prior (foglio bucato) eius bona stabilia non parvi pendenda, absque Apostolico indulto fuisse (foglio bucato) […] pta.

Giorno 2 maggio 1596. Il molto reverendo Sig. Commissario Apostolico diresse il suo viaggio a Sant’Agata che dicono di Puglia e nel convento di predetta Religione [fu] ricevuto con onori, trovò la chiesa decente ed ornata e tutto abbastanza pulito e decente; non vi si conservava il SS.mo Sacramento dell’Eucaristia.  Trovò la casa abbastanza angusta, con solo tre celle. Vi abitano cinque monaci, e i proventi assommano a scudi 400, o circa. Interrogati i monaci intorno al priore ed alla pace dissero bene. La popolazione di quella terra chiese con fermezza che non si sopprimesse il luogo, e si disse disposta a collaborare con qualche somma, ma non la precisò. …il luogo poco adatto alla costruzione. In questo luogo riferì il priore che alcuni beni stabili di certa consistenza erano stati alienati senza l’Indulto Apostolico.

 

Documenti e Bibliografia essenziale

Archivio storico dell’abbazia di Montevergine
Archivio storico della SS.ma Trinità di Cava dei Tirreni
Archivio storico dell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio (docc.  fattimi pervenire in CD dal rev.mo Padre Davide Carbonaro – che ringrazio).
G. Mongelli, L'Archivio Storico dell'Abbazia di Montever­gine, Vol. Il, Roma, 1974.
P. N. D'Amato, S. Giovanni Leonardi, in “Incontro”,Rivista dell'Associazione Santagatesi residenti in Roma, febbraio 1969.
D. Donofrio Del Vecchio, Monachesimo benedettino in Sant’Agata di Puglia, in “Itinerari Santagatesi”, Matera 1982.
Tranfaglia, Montevergine e la congregazione verginiana, Roma 1929.
Padre Vittorio Pascucci, La riforma cattolica in S. Giovanni Leonardi, Lucca 2004.

 
Dora Donofrio Del Vecchio

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