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Frs.-Ago--FraSabato 9 d’agosto, il vescovo di Owerri, Mons. Antony Obinna, ha imposto le mani  su 11 Diaconi  Nigeriani. Di questi due appartengono all’Ordine della Madre di Dio e si trovano in Italia per completare la loro formazione culturale. Si tratta di Augustine e Francis. È stata una festa grandiosa, diremmo “all’africana”. Cinque ore di preghiere, di canto, di ringraziamento, di balli. Insomma tutti i sensi sono stati presi dal furore mistico che in Nigeria è naturale. Gli undici novelli sacerdoti hanno riempito, con le loro famiglia e comunità lo spazio danti alla cattedrale, diventando con la natura un'unica forma di lodare Dio. Accanto al vescovo c’era presente il Rev.mo P.Generale dell’OMD P. Francesco Petrillo.  Subito dopo ci siamo riuniti in un salone  appartenente alla cattedrale, per stringersi attorno ai due nuovi  sacerdoti e per dire loro: coraggio, siete come  Cristo. Imitatelo e sarete raggainti.

12 agosto 2014
Pubblicato in 2014
Lunedì, 04 Agosto 2014 10:06

Permanent Formation in India

permanent-formation-India-1On 29th July, all the fathers of the Indian delegation, came together for their second session of the permanent formation programme , on the theme ' the healing of our love',animated by Rev.Dr.Sebastin, the  Rector of St.Paul's theological seminary. He pointed out that in order to be healed, the diagnosis of the symptoms of the problems is important. So, he brought out beautifully the symptoms of the problems a priest can be diagnosed of in Indian situation. He listed out around  20 symptoms with his lengthy explanations  for each symptom and then he called our attention to the problems and the way to heal or overcome them. For the second part also he gave number of suggestions, which were very practical and useful.  All the participants felt it was a good travel that the animator has initiated to be made into oneself. Then there was meeting of the formators with delegate council to revise and fix the study programmes for each level of formation. The next permanent formation meeting is fixed for 8th October.

4 agosto 2014
Pubblicato in 2014
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Sabato, 02 Agosto 2014 08:33

Il miracolo del dono

303Vorrei tanto essere uno dei cinquemila, quella sera, sul lago. Li invidio, non per il miracolo dei pani, ma per la seduzione che hanno provato, più forte di ogni paura: sono andati da Gesù, ascoltano e vivono, ascoltano e brucia il cuore, ascoltano e risplende la vita. Stare con lui: e quando scende la sera, la notte e il deserto profumano di pane. Stare con lui: e sentire che più vivo di così non sarà mai.  I discepoli, uomini pratici, dicono a Gesù: Congeda la folla, perché vadano a comprarsi da mangiare. Se non li congeda lui, non se ne andranno spontaneamente. Ma Gesù non li manda via, non ha mai mandato via nessuno. E’ bello questo preoccuparsi dei discepoli, ma più bello è  Gesù che prova compassione. Anzi, letteralmente,preso alle viscere per loro è dice:date loro voi stessi da mangiare. I discepoli parlano di comprare, Gesù parla di dare. Apre un altro modo di essere: dare senza calcolare, dare senza chiedere, generosamente, gratuitamente, per primi. A noi, che quotidianamente preghiamo: Dacci oggi il nostro pane, il Signore risponde:Voi date il vostro pane­.Dacci, noi invochiamo. Donate, ribatte lui.  Ci sono molti miracoli in questo racconto: il primo­quello della folla che, scesa ormai la notte nel deserto, non se ne va e rimane con Gesù. Il secondo sono i cinque pani e i due pesci che qualcuno mette nelle sue mani, fidandosi, senza calcolare, senza trattenere qualcosa per sé è poco, ma è tutta la sua cena. Terzo miracolo: è poco, eppure quel poco basta, secondo una misteriosa regola divina: quando il mio pane diventa il nostro pane, è il dono seme di miracolo. Infine il quarto: la sovrabbondanza, tipica di Dio: raccolsero gli avanzi in dodici ceste. Una per ogni tribù, una per ogni mese. Tutti mangiano e ne rimane per tutti, e per sempre. E hanno valore anche gli avanzi, le briciole, il poco che sei, il poco che sai fare, il bicchiere d'acqua dato. Nulla è troppo piccolo di ciò che è donato con tutto il cuore.  L'unico merito che i cinquemila possono vantare, l'unico loro diritto al pane è la fame. Davanti a Dio mio vanto esclusivo è il bisogno.Di nulla mi vanterò se non della mia debolezza ( 2 Cor 12, 5). Davanti a Dio non c'è nulla di meglio che essere nulla, come l'aria davanti al sole, come il polline nel vento ( Simone Weil), nutrendo così la nostra fame di sole e di pane, di cielo e di mani che conoscano il dono. 
 
Sabato, 26 Luglio 2014 13:16

Il Tesoro trovato

301Tesoro: parola rara, parola da innamorati, da avventure grandi, da favole. Oggi, parola di Vangelo e nome di Dio. Un contadino e un mercante trovano tesori. Lo trova uno che, per caso, tra rovi e sassi, su un campo non suo, è folgorato dalla sorpresa; lo trova uno che è intenditore appassionato e sa bene quello che cerca: Dio non sopporta statistiche, è possibile a tutti incontrare o essere incontrati. Trovato il tesoro, l'uomo pieno di gioia va, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala. Dio ci seduce ancora perché parla il linguaggio della gioia, che muove, mette fretta, fa decidere: «ogni uomo segue quella strada dove il suo cuore gli dice che troverà la felicità» (sant'Agostino). La gioia è un sintomo, è il segno che stai camminando bene, sulla strada giusta. Noi avanziamo nella vita non a colpi di volontà, ma per una passione, per scoperta di tesori ( dov'è il tuo tesoro, là corre felice il tuo cuore); avanziamo per innamoramenti e per la gioia che accendono. Vive chi avanza verso ciò che ama. La vita non è etica ma estetica (H.U. Von Balthasar) nel senso che avanza non per ordini, ma per seduzione di tesori e di perle, si muove per una passione, e la passione sgorga da una bellezza, dall'aver intravisto la bellezza di Cristo, la vita bella, buona e beata del Vangelo. Ma il dono deve essere accolto, alla scoperta deve rispondere l'impegno: il contadino e il mercante vendono tutto, ma per guadagnare tutto. Lasciano molto, ma per avere tutto. Non perdono niente, lo investono. Così sono i cristiani, non più buoni degli altri, ma più ricchi: hanno un tesoro di speranza, di luce, di cielo, di cuore, di Dio. Tesoro e perla è Cristo per me, averlo seguito è stato l'affare migliore della mia vita. Mi sento contadino fortunato, mercante ricco. Non è un vanto, ma una responsabilità! E dico grazie a Colui che mi ha fatto inciampare in un tesoro, anzi in molti tesori, lungo molte strade, in molti giorni della mia vita, facendola diventare come «una finestra di cielo» (Antonia Pozzi), una vita intensa, vibrante, appassionata, gioiosa, pacificata, e spero anche, almeno un po', buona e non inutile. Tesoro e perla sono nomi di Dio. Con la loro carica di affetto e di gioia, con la travolgente energia, con il futuro che aprono, si rivolgono a me, un po' contadino e un po' mercante, e mi domandano: ma Dio per te è un tesoro o soltanto un dovere? È una perla o un obbligo? È tesoro, perché il Vangelo non è mortificazione, ma dilatazione di vita; il cristianesimo non è sacrificio e rinuncia, ma offerta di solarità che fa rifiorire instancabilmente la rosa del mondo, la rosa del vivere.
 
Sabato, 19 Luglio 2014 16:39

La mano di Dio semina bontà

300C'è un campo nel cuore in cui intrecciano le loro radici, spesso inestricabili, il bene e il male: nes­suno è solo zizzania, nessuno puro grano. La parabola racconta due modi di leggere e lavorare il cuore. Il primo è quello dei servi che fissano l'attenzione sulla zizzania: «Da dove viene? Vuoi che andiamo a raccoglierla?» Il secondo è quello del padrone del campo che ha invece gli occhi fissi al buon grano: «Non raccogliete la zizzania, per non sradicare anche il grano: una sola spiga conta più di tutta la zizzania». Quale dei due sguardi è il nostro? Quello opaco e triste dei servi che vede il mondo e le persone invasi dal male, che giudica con durezza manichea? Quello positivo e solare del signore che intuisce, dovunque, spighe, pane e mietiture fiduciose, e che ha messo la sua forza nella mitezza? «Non strappate la zizzania». Noi abbiamo sempre una violenta fretta di moralizzare e mettere a posto. L'uomo infantile che è in noi grida: strappa via da te, e soprattutto intorno a te, ciò che è puerile, fragile, difettoso. Il signore del campo suggerisce: preoccupati del buon seme, ama i tuoi germi di vita, custodisci ogni germoglio. Tu non sei le tue debolezze, ma le tue maturazioni; l'uomo non coincide con i suoi peccati, ma con le potenzialità di bene. Vero esame di coscienza è leggere la vita con quello sguardo divino che cerca non l'assenza di difetti, illusione inutile e spesso mortifera, ma la fecondità come etica della vita. Impariamo a vedere ciò che di vitale, di bello, di promettente Dio ha seminato in noi (non è orgoglio, ma responsabilità), facciamo sì che porti frutto, che ogni granellino di senapa cresca con il dono di attrarre e accogliere vite, che ogni pizzico di lie­vito abbia il tempo per sollevare e rialzare i giorni inerti. Facciamo nostra l'attività positiva, solare, vitale del Creatore che per vincere le tenebre accende ogni giorno il suo mattino, per muovere la massa immobile vi nasconde il lievito. Preoccupiamoci non della zizzania, dei difetti, delle debolez­ze, ma di avere un amore grande, ideali forti, desideri positivi, una venerazione profonda per le forze di bontà, generosità e coraggio che la mano viva di Dio semina in noi. Facciamo che esse erompano in tutta la loro bellezza, in tutta la loro potenza, e vedremo le tenebre ritirarsi e la zizzania senza più terreno. E tutto il nostro essere maturare nel sole.
smp2014La solenne eucaristia giovedì 17 luglio nel santuario parrocchiale di Santa Maria in Portico in Campitelli, in occasione del 1490 anniversario dell’apparizione dell’icona al Papa San Giovanni I e a Santa Galla, è stata presieduta da S. E. il Signor Cardinale Paolo Sardi. Riportiamo di seguito alcuni tratti dell’omelia: “In una delle circostanze nella quale Galla nobile romana esercitava la carità, apparve l’immagine che noi oggi veneriamo con grande fervore e devozione dal popolo. Il popolo romano è venuto varie volte a cercare conforto e guarigione da questa immagine miracolosamente giunta nel cuore dell’Urbe senza particolari meriti da parte dei cittadini. Il giorno in cui dal Papa Giovanni primo fu utilizzata l’icona per benedire il popolo era appunto il 17 luglio del 524. Il titolo attribuito all’immagine è Romanae portus securitatis: “Porto di sicurezza per i romani”, una qualifica che colpisce. In effetti, noi viviamo nel tempo che è un mare su cui le nostre rispettive barchette viaggiano ed a volte devono affrontare tempeste non facili. Nel mio stemma, quando sono diventato vescovo, ho scelto l’immagine di una barchetta sul mare e sopra un libro, la parola di Dio ed una stella. Maria Stella matutina, perché in questi riferimenti che può trovare sicurezza la nostra barca ed arrivare poi al porto che ci attende; il porto nostro è il Paradiso che tutti guardiamo con speranza. La Madonna è la nostra garanzia, la madre buona che è con noi per guidarci verso questo porto. Così, abbiamo ascoltato con interesse questa pagina del libro del Siracide che parla tutta al femminile: “Io sono uscita dalla bocca dell’altissimo, generata prima delle creatura”. Ma non è la Madonna la persona di cui si parla, qui è il Verbo di Dio, uscito dalla bocca dell’Altissimo e sceso sulla terra per redimere gli uomini; questo Verbo di Dio, è stato affidato dal Padre a Maria, la donna che lo ha portato in grembo e lo ha generato. Allora è a questo Verbo di Dio che bisogna guardare e mettersi in ascolto. Se vuoi trovare la Parola di Dio con sicurezza è a Maria che devi rivolgerti perché lei l’ha consegnato al mondo. Se a Maria ti rivolgi, puoi essere certo di trovare il Verbo in cui sta la nostra speranza di salvezza. Ma c’è un’altra parola che abbiamo pure ascoltato, e merita di essere meditata.  Chi ha fatto questa liturgia ha scelto bene i testi. La seconda lettura tratta dall’Apocalisse di San Giovanni. Lì si parlava della “Fidanzata”, la “Sposa dell’Agnello”; anche qui non è Maria, si tratta della Chiesa. Tuttavia sappiamo che la Madonna è immagine della Chiesa, e perciò in qualche modo vale anche per lei questa pagina del libro dell’Apocalisse. Mi interessa raccogliere due particolari. Il primo è dato dalla città cinta da un grande muro, con dodici porte e poi dodici angeli; la città è costruita sopra dodici basamenti che sono gli Apostoli. Questa città è la Chiesa, nella Chiesa hai speranza di salvezza. Ma la Chiesa, non è un’accozzaglia di persone che entrano ed escono a piacimento, come a volte avviene nelle chiese materiali, con piena libertà di scelta. Se vuoi essere nella Chiesa devi metterti a disposizione di chi è responsabile della Chiesa. Infatti, l’immagine dell’Apocalisse, indica che  la città è cinta da un alto muro, non ci si accede con libertà non ci sono le porte aperte per entrare e per uscire. Poi vi sono gli Angeli che la proteggono, gli Apostoli che le garantiscono l’autenticità. La Madonna che è immagine della Chiesa, proprio a questo ci invita: guardate che la Chiesa è una realtà semplice, avete la fortuna di farne parte, sappiate raccogliere gli impegni che da questa partecipazione derivano per ciascuno di voi. Mettetevi in ascolto della Chiesa, entrate in sintonia con la Chiesa, collaborate nella evangelizzazione insieme con la Chiesa. Un altro pensiero che raccolgo dice che la città, la comunità dei salvati, non ha bisogno della luce del sole , né della luce della luna, perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Come possiamo interpretare questo?  La luce del sole, la luce della luna, è una luce materiale, una luce umana, creata; di questa luce l’umanità si deve anche servire, penso a tutto lo sforzo che nel corso della storia i popoli hanno fatto per capire meglio quali erano le norme che reggevano l’universo in cui si trovavano collocati, le norme che reggevano il loro fisico per trattarlo in modo conveniente e non creare guai. La scienza è necessaria, la luce del sole e della luna immagine della luce dell’intelletto e della scienza son pur necessarie. Ma per entrare nella città di Dio, per accedere alla strada giusta che porta verso il cielo, non è alla scienza che ti devi rivolgere, ma è alla parola di Dio che la Chiesa ti presenta e che la Madonna ti raccomanda. Allora bisogna prendere coscienza di questo: Non è necessario avere tanta scienza e cultura, anche se è da rispettare. Ciò che conta non è la luce del sole o della luna, i mezzi naturali di conoscenza, ciò che conta è la luce di Dio e questa ti viene donata se hai fede, se hai amore per lui. E’ importante coltivare nella preghiera l’apertura alla fede, l’impegno dell’amore. Nell’ultima lettura breve, ma estremamente densa, abbiamo sentito che Gesù stava parlando ed una donna uscì con questo grido di ammirazione: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai reso il latte”. Una grande lode che chiamava in causa la madre. La risposta di Gesù potrebbe sembrare persino poco rispettosa per sua madre, ma egli disse - il ma indica una direzione diversa- “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano”. Se ci pensi è questa la gloria di Maria, non tanto quella di aver dato la vita umano e di aver generato il Verbo, ma quella di essersi messa in ascolto del Figlio suo Verbo incarnato e per aver in tutta la sua vita osservato la Parola, a cominciare dalla prima parola registrata nei vangeli: “Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola”. L’osservanza della Parola di Dio ha accompagnato la Madonna, e sappiamo, che non è stata una vita facile la sua, una vita con numerose difficoltà. Tanto che, ricordano i vangeli nell’episodio dello smarrimento del fanciullo Gesù nel Tempio, apprese dalle sue labbra: “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio”. Giuseppe e Maria non capirono questa risposta, ma la Madonna conservava nel suo cuore queste parole, meditandole, e piano piano ha compreso sempre meglio il mistero di suo Figlio e la missione singolarissima che il Padre aveva affidato a lui. La strada di Maria non è stata facile, alle volte siamo tentati di pensare che la Madonna abbia vissuto in un mondo diverso, è vissuta nel nostro mondo, ha dovuto affrontare i problemi del nostro mondo, pensaci pure tu! E’ vissuta in un paese accanto a Giuseppe suo sposo e al figlio Gesù. Un paesetto Nazareth dove ci saranno state le polemiche, i pettegolezzi, le tensioni a volte  gli scontri tra la gente. Venivano anche  avventori alla bottega di Giuseppe e magari, a volte non pagavano; sono le difficoltà della vita quotidiana che la famiglia di Nazareth ha accettato, ha affrontato ed ha superato. Non parliamo dell’ultima fase di questa vita quando il Figlio viene catturato, flagellato e poi portato sul Calvario e muore sulla croce. La Madonna è lì accanto a lui e non fa polemiche, accetta e Gesù a lei dice: “Ecco tuo figlio”, guardando a Giovanni e in questa parola è contenuto l’affidamento di tutti noi alla materna protezione della Madonna. Vogliamo stasera guardare a Maria che è rappresentata in questa piccola icona, tanto bella e tanto venerata dall’antichità: Romanae portus securitatis, Porto della romana sicurezza, diciamo pure dell’umana sicurezza, quindi anche nostra, siamo qui a Roma e di conseguenza questa parola vale anche per noi, ma vale anche per qualsiasi essere umano in cammino sulla terra verso il destino ultimo che è il cielo. Che la Madonna  ci sia accanto, lei che è: “Porto dell’umana sicurezza” voglia accoglierci nel porto  dove tutti siamo incamminati perché è là che troverà piena realizzazione la nostra esistenza”. La liturgia è stata animata dalla Cappella musicale di Santa Maria in Campitelli che il cardinale al termine della celebrazione ha ringraziato con queste singolari parole: “Devo dire un grazie al Coro e al suo Maestro per la grande esecuzione corale di tutte le parti liturgiche, sia polifoniche che di canto gregoriano. Non è facile sentire un coro così ben preparato e partecipe che sappia eseguire e rendere solenne la liturgia. Il coro svolge una funzione educativa e di unità per l'assemblea liturgica”. Nei locali della Parrocchia il Cardinale ha salutato i convenuti  e sono state distribuite le ceramiche commemorative dell’icona di Santa Maria in Portico in occasione del 1490° anniversario dell’apparizione.
Pubblicato in 2014
Generale-Camilliani-1Con una solenne conclebrazione presieduta da P.Leocir Pessini Superiore Generale dei Cammilliani si sono concluse, lunedì 14 luglio le celebrazioni per il IV Centenario della nascita al Cielo di San Camillo De Lellis.  Così nell’omelia il neo P. Generale nella Chiesa della Maddalena a Roma, dove riposano le spogle del santo patrono degli infermi: “In questi mesi abbiamo percepito con chiarezza che il cuore materno della Chiesa ha protetto la purezza originaria della “piccola pianticella” del nostro carisma, e ci ha spinti con coraggio a rilanciare il dono prezioso della carità misericordiosa verso i malati. È fresco nella nostra mente e nel nostro cuore l’augurio accorato che papa Francesco ci ha rivolto domenica, durante l’Angelus in piazza San Pietro. Ci sentiamo quindi particolarmente responsabili nel custodire e nel far crescere il patrimonio carismatico che ci è stato depositato nel cuore e nelle mani”. Il Superiore ha ricordato che “San Camillo non rispondeva solo alla malattia, ma accoglieva ogni persona ferita dalla malattia nella sua più profonda ed inalienabile dignità, realizzando un’accoglienza incondizionata verso tutti quei poveri e miserabili che non rientravano nella logica elitaria del grande rinascimento”. “Oggi – ha proseguito padre Pessini – siamo chiamati ad essere discepoli missionari nel mondo della salute, contribuendo ad accrescere la cultura dell’incontro in opposizione alla cultura dell’indifferenza, dell’efficienza a tutti i costi e dello scarto, uscendo dal nostro egoismo”. Il Superiore generale ha concluso con “un invito alla preghiera per tutti i malati, in particolare per i nostri confratelli ammalati che, nella stagione difficile dell’anzianità o della sofferenza, continuano ad essere testimoni fedeli del carisma; una preghiera per chiedere al Signore il dono di sante vocazioni e la perseveranza fedele di tutti noi e in particolare dei giovani confratelli in formazione perché con il loro entusiasmo possano contagiarci per un autentico rinnovamento della nostra vita consacrata”.

16 luglio 2014
Pubblicato in 2014
imagUn antico borgo medievale, arroccato tra i Monti Volsini ed il Lago di Bolsena, Latera conserva da trecento anni una copia dell’icona di Santa Maria in Portico giunta in questo luogo per vie alquanto insolite. Santa Lucia Filippini (1672- 1732) agli inizi del 1700 aprì a Latera una scuola. L’incontro tra la Filippini ed il Servo di Dio Don Domenico Canepuccia  (1687-1739) a Montefiascone fu provvidenziale. Il Canepuccia, stimato dal Cardinale Marco Antonio Barbarigo (1640-1706), confidò alla fondatrice delle Maestre Pie di voler ampliare la scuola di Latera fornendola di abitazione e di una nuova chiesa. Così il 4 maggio 1708 venivano poste le fondamenta di Santa Maria della Consolazione. Mentre la fondazione si andava completando con notevoli disagi e privazioni, nel 1711 la Provvidenza  mandò a don Canepuccia “un soccorso inaspettato”. Un giorno al Servo di Dio, mentre recitava il breviario per strada, gli si fecero innanzi alcuni ladri che tentarono di assalirlo e derubarlo. Il pio sacerdote non perdette l’occasione di far tornare sui loro passi i profittatori, ammonendoli con parole forti e persuasive. Cosicché, dopo un atto di ravvedimento consegnarono a don Canepuccia  la loro borsa carica di refurtiva ed un’immagine della Madonna “artisticamente dipinta”. Il Canepuccia non sapendo la provenienza del denaro lo adoperò per portare al termine la costruzione della chiesa della Consolazione che venne consacrata l’11 settembre 1712; ed il 20 giugno 1713 don Canepuccia concesse l’uso della chiesa della Consolazione alle figlie di Santa Lucia Filippini. Il quadretto della Madonna consegnato dai ladri, fu deposto sull’altare maggiore ed il vescovo stabilì che se ne facesse memoria nella festa del SS. mo nome di Maria.  Nell’anno 1808 in occasione di alcuni lavori di restauro: “Fu spolverata ancora la Madonnina della detta Chiesa, dipinta in oro zecchino in una tavoletta, e dietro la tavoletta in presenza delli Signori D. Clemente Arciprete Poscia, e  lo d.o D. Francesco Penna e Giuseppe Levanti vi si lesse scritta la seguente scrittura, quale da me sacerdote Benedetto Marsiliani fedelmente qui si trascrive perché ne resti permanente la memoria – Copia vera effigie di S. Maria in Portico. Quale più volte ha liberato la Città di Roma dalla Peste, e da altre gravi calamità: e  nel contaggio dell’anno 1656 e seguente, essendo ad essa con solenne voto ricorso l’inclito Popolo Romano, la liberazione della Città e di tutto lo Stato Ecclesiastico benignamente ne impetrò- Dipinta da me Agostino Gabrini di Carpegna l’anno 1711 li 15 Luglio”. La testimonianza così redatta è conservata nell’Archivio delle Maestre Pie di Latera: “Libro manoscritto di Memorie, p. 253”. Ancora oggi nella piccola chiesa della Consolazione è possibile venerare l’icona di Santa Maria in Portico custodita in una cornice, circondata da Angeli e per secoli onorata dalle Maestre Pie e dai fedeli delle contrade di Latera.
 
Pubblicato in 2014
Sabato, 12 Luglio 2014 15:15

Contadini della Parola

299Il seminatore uscì a seminare. Già solo questa frase vibra di gioia e di profezia, è colma di promesse e di mietiture, presagio di pane e di fame saziata. Ancora adesso Dio esce a seminare, e diffonde i suoi germi di vita a piene mani, e le strade del mondo e dell'anima esultano davanti a Dio, il fecondatore infaticabile delle nostre vite. Dio non è il mietitore che valuta e pesa il raccolto, ma è il seminatore: mano che dona, forza che sostiene, giorno che inizia, voce che risveglia. Ma quante volte io ho rallentato il corso del miracolo! Io che sono strada, io che sono campo di pietre e sassi, io che sono groviglio di spine, cuore calpestato, superficie di pietra, che coltivo spine e radici di veleno... Mi piace tanto questo Gesù che racconta in parabole: il seminatore uscì a seminare e il mondo è gravido di vita. La parabola fa parlare la vita. La vita non è vuota, non è assenza: c'è qualcosa di Dio nella vita. Se noi avessimo occhi per guardare la vita, se avessimo la profondità degli occhi di Gesù, anche noi in questa vita comporremmo parabole, racconteremmo di Dio con parabole e poesia, come faceva Gesù. Noi siamo chiamati ad essere contadini della Parola, a diffonderla, con l'ostinazione fiduciosa della parabola; con fiducia, perché la forza non è nel seminatore, ma nel seme; la forza non è in me, ma nella Parola. Che non tornerà a Dio senza aver portato frutto. Il seminatore uscì a seminare: oggi, questa mattina, adesso, esce ancora a seminare; ed è grande questo Dio seminatore, questo Dio contadino: è grande perché crede nella bontà e nella forza della Parola più ancora che nei frutti visibili. Crede nella Parola più ancora che nei risultati della Parola: è la Parola che è vera, non i suoi esiti. Egli mi chiama a un atto di fede purissima, a credere nella bontà del Vangelo più ancora che nei risultati visibili di quella parola, a credere che Dio trasforma la terra e le persone anche quando non ne vedo i frutti. Mi chiama ad amare la sua promessa più ancora della realizzazione della promessa, ad amare Dio più ancora delle promesse di Dio. Questo atto di fede gioiosa e forte, oggi, il Vangelo propone. Io non ho bisogno di raccolti, ho solo bisogno di grandi campi da seminare e di un cuore non derubato; ho bisogno di un Dio semi­natore, che le mie aridità non stancano mai. E ancora le strade del mondo potranno esultare di vita.

 
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S-D-Cosimo-e-Anna-FondatoriCon l’Editto emesso dal Cardinale Vicario Agostino Vallini si dà inizio alla causa di Beatificazione e Canonizzazione dei Servi di Dio Cosimo Berlinsani OMD e Anna Moroni fondatori della Congregazione delle Oblate del Bambino Gesù. Già dall’agosto 2012 la Congregazione delle Suore Oblate del Bambino Gesù  nella persona della Madre Generale  Raffaella Funari, e l’Ordine della Madre di Dio nella persona di P. Francesco Petrillo Rettore Generale, hanno convenuto con l’approvazione dei rispettivi Consigli, di nominare due Postulatori per l’avvio del “Processo di Beatificazione e Canonizzazione dei Servi di Dio”.  Due processi distinti come prevedono le normative del Diritto e del Magistero ecclesiale. Il primo atto ufficiale prodotto dalle due Postulazioni è stato il “Supplex libello” emesso da P. r2t6qef Sciberras OSA e da P. Davide Carbonaro OMD rispettivamente per la Causa di Madre Anna e di Padre Cosimo, rivolto al Cardinale Agostino Vallini Vicario di Sua Santità per la Diocesi di Roma. Questo primo documento ufficiale consiste in una supplica nella quale i postulatori manifestano il desiderio delle parti attrici di intraprendere la Causa descrivendo brevemente le motivazioni per cui le due figure, ancora oggi, rappresentano un riferimento evangelico per il popolo di Dio. Infine, in una serie di appendici sono raccolti brevi tratti biografici dei Servi di Dio e un elenco di testimoni divisi tra clero, religiosi e popolo di Dio. Le lettere postulatorie sono state accolte con parere positivo dalla Conferenza Episcopale Laziale, oggi con l’Editto promulgato dal Cardinale Vicario, la Congregazione delle Oblate e l’Ordine della Madre di Dio si impegnano a presentare i nuovi Servi di Dio alla Chiesa imitandone i doni e le virtù. Pubblichiamo di seguito gli “Editti” del Cardinal Vicario e  un articolo del Postulatore Generale OMD P. Davide Carbonaro: “La Chiesa ‘Nutrice di Santi’: L’iter del processo di Canonizzazione dei Servi di Dio Cosimo Berlinsani e Anna Moroni”.

9 luglio 2014

pdf  La Chiesa nutrice di Santi  
pdf  Editto SD Cosimo Berlinsani
pdf  Editto SD Anna Moroni
 
Pubblicato in 2014
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