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Domenica, 08 Aprile 2012 12:21

La tomba è vuota e tu sei con noi!

189Le donne non si arrendono neanche morte. Tengono in piedi legami come fanno certi acrobati con una pila di piatti in cima a un'asticella. La loro è spesso una fedeltà fatta di niente. Un'ostinazione nella quale sono consapevoli di giocarsi tutto. Le loro lacrime sono il più delle volte pietre scagliate contro il destino. Sanno persino trattare la morte con naturale scaltrezza, come con un odioso mer­cante con cui si viene a patti, strappandole all'ultimo momento una clausola, un'eccezione, una deroga. Tengono in vita legami, affetti, relazioni, custodendone la vitalità con l'inerzia di una fedeltà unilaterale. Le donne non perdono mai veramente nessuno. Semplicemente sono più sensibili al dilatarsi della distanza riempiendone lo spazio con la loro smisurata forza di volontà.

Così Maria Maddalena, che va al sepolcro di Gesù, si accontenterebbe del cadavere. Dell'imperturbabile stabilità della tomba. Il resto sarebbe capace di mettercelo Lei. Ma quel mattino, per fortuna, la pietra che chiude il sepolcro è ribaltata. Non fosse così, la sua vita rimarrebbe nell'atrofia di un'ossessione feticistica. Come molta religione mortuaria intrisa di un attaccamento autistico alle cose morte dei morti. Resta il fatto inusitato che nel vangelo si deve alle donne il primo incredulo e sgomento annuncio della tomba trovata vuota.

 

Affidare a delle donne il privilegio di una tale testimonianza significa, a quel tempo e in quella cultura, consegnare al ridicolo una storia già di per sé inverosimile. Deve essere proprio andata così.

Il testo poi ci pennella una scena quasi icastica in cui due discepoli, che hanno il compito di rappresentare due differenti temperamenti spirituali, forse già due atmosfere ecclesiali ben definite, gareggiano inconsapevolmente nel raggiungere la scena dell'enigma. Entrambi vedono quello che c'è da vedere. Nient'altro. La narrazione evangelica mantiene l'onestà critica - elementare risvolto della corrispondenza storica - di raccontare solo quello che è stato veduto. Qualcuno ha visto un sepolcro vuoto e delle bende piegate. Sembra niente, ma è tutto quello che serve. Lo stretto necessario per ac­cendere in un gruppo di discepoli rassegnati la brace della memoria, la luce di una nuova comprensione, la ricomposizione a ritroso del senso di eventi fin lì equivocati, la capacità interiore di comprendere, finalmente, il senso delle Scritture.

 

La vera esperienza del Risorto sarà, per questi poveri uomini travolti dall'inimmaginabile, la sua stessa sistematica apparizione. Sarà la sua stessa iniziativa a riaccendere la lampadina delle loro menti. Il punto decisivo sarà rivedere l'assioma secondo il quale il sacrificio della vita attraverso una morte così infame sia incompatibile con la figura del Figlio di Dio e con la logica del Regno. Il Figlio, ora si capisce, doveva morire perché risplendesse inequivocabilmente la disinteressata passione di Dio per l'uomo. In quel momento tutti avrebbero dovuto sgranare gli occhi e indicare nell'estasi il volto umano di Dio. Non è mai troppo tardi. (Giuliano Zanchi) 
CrismaleObbedendo a Cristo possiamo davvero rinnovare la Chiesa: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nella Messa del Crisma, celebrata giovedì 5 aprile in San Pietro nel Giovedì Santo. Il Papa ha ribadito che i sacerdoti sono chiamati a conformarsi al Signore, rinunciando alla propria autorealizzazione. Dal Papa anche un incoraggiamento ai fedeli a contrastare l’analfabetismo religioso nella nostra società, anche grazie all’opportunità dell’Anno della Fede. Infine ha indicato nella pedagogia della santità la via del rinnovamento ecclesiale infatti: “Noi sacerdoti possiamo pensare ad una grande schiera di sacerdoti santi, che ci precedono per indicarci la strada: a cominciare da Policarpo di Smirne ed Ignazio d’Antiochia attraverso i grandi Pastori quali Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno, fino a Ignazio di Loyola, Carlo Borromeo, Giovanni Maria Vianney, fino ai preti martiri del Novecento e, infine, fino a Papa Giovanni Paolo II che, nell’azione e nella sofferenza ci è stato di esempio nella conformazione a Cristo, come ‘dono e mistero’. I Santi ci indicano come funziona il rinnovamento e come possiamo metterci al suo servizio. E ci lasciano anche capire che Dio non guarda ai grandi numeri e ai successi esteriori, ma riporta le sue vittorie nell’umile segno del granello di senape”.

5 aprile 2012
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la-messaDurante la celebrazione eucaristica di Mercoledì 4 aprile ore 12,00 il Vescovo Ausiliare di Roma per il Settore Est ha incontrato i dipendenti del Comune di Roma riuniti nella Chiesa di Campitelli per celebrare il precetto Pasquale. A Rappresentare il Sindaco l’On. Pierluigi de Palo assessore alla Famiglia e alla Scuola.

5 aprile 2012

 




 
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Mercoledì, 04 Aprile 2012 16:09

Commissione OMD per il Rituale

Commissione-per-il-rituale-1La commissione per il rituale dell'Ordine si è riunito a Napoli il 19 Marzo scorso, con il segretario esecutivo P. Luigi Piccolo e i padri  Luigi Murra e Felix Antony. Il materiale preso in esame riguarda il benedizionale OMD, il Calendario dell’Ordine,  i santini per il tradizionale Santo protettore dell’anno, la liturgia delle ore per la festa liturgica di Santa Maria in Portico e Santa Maria in Sabato.

 

4 aprile 2012





 
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Mercoledì, 04 Aprile 2012 06:38

Visita del Padre Generale alla Delegazione cilena

chile-visitaDal 24 marzo a 27 aprile il Padre Generale, P. Francesco Petrillo, è in visita alla nostra Delegazione cilena. Anche se il primo giorno del suo arrivo si è verificato un terremoto di 7,1 richter, possimo dire che la sua visita è stata molto celebrata da  tutti i confratelli, amici e conoscenti del Cile, dopo la sua malattia. In questa prima settimana di presenza ha incontrato l'arcivesco di Santiago, Mons. Ezzati Riccardo, le  nostre comunità, il Consiglio di Delegazione, il Direttorio della Fondazione ICYS, L'Agora, La Fundazione per la Dignità dell'uomo. In tutti i suoi incontri ha potuto notare molta vivacità e voglia di spendersi per il Signore e per i confratelli. Auguriamo ogni bene alla comunità cilena e buona visita al Padre Generale.

3 marzo 2012





 
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Lunedì, 02 Aprile 2012 11:40

Melodie dal mondo

01-04-12Il Coro della Terra melodie dal mondo, presenta l’VIII Rassegna corale domenica 1 aprile 2012 ore 20,00 Sla Baldini. Partecipano il Coro della terra diretto dal M° Alessia Calcagni; il Coro Notevolmente diretto dal M° Marco Shunnach; il coro Cantering diretto dal M° Ludovico Versino.

1 aprile 2012
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famiglie in_centr
Non solo un resoconto con analisi di dati, ma una proposta concreta affinché le famiglie di Roma e del Lazio trovino risposta ai propri bisogni. Questo il proposito di «Famiglia al Centro: tra crisi economica e nuovi bisogni», conferenza organizzata venerdì 23 marzo dal Forum delle Associazioni familiari nella Sala Baldini della parrocchia di Santa Maria in Portico e che ha visto l’intervento di monsignor Paolo Mancini, responsabile del Centro diocesano per la pastorale familiare e degli assessori alle Politiche familiari, per il Comune e la Provincia, Gianluigi De Palo e Claudio Cecchini. A moderare gli interventi, Beatrice Fazi, attrice e mamma.

www.forumfamiglielazio.it/

24 marzo 2012
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Sabato, 31 Marzo 2012 09:18

Spogliò se stesso

188La semplice elementare lirica di Filippesi avvolge nell'ovatta di una poesia sublime il dramma di base della rivelazione cristiana. All'essere umano non viene per nulla difficile nutrire il presentimento della trascendenza e restare impigliato nell'attrazione per il sacro. Nemmeno nel diffuso furore della nostra era secolare. Anzi. Più il gelo immanente della procedura avvolge la vita dell'uomo postmoderno, più le pulsioni dei suoi sensi resi orfani cercano avide l'appoggio di divinazioni persino selvagge.

L'uomo è sempre disposto a credere a tutto. Ma nessun istinto umano per il sacro, come nessun itinerario speculativo, avrebbero potuto formulare l'immaginazione di un divino paragonabile allo sconcertante e commovente abbassamento del Dio di Gesù fin sul pianerottolo dell'ultima dimora umana. I teologi direbbero che si tratta di qualcosa che è "indeducibile". Eppure, proprio quello che non era possibile dedurre sta al centro dell'amicizia annunciata nella rivelazione del Figlio. L'immagine troppo umana di un divino impegnato a tempo pieno nella salvaguardia della propria sovrana autosufficienza viene smentita dall'umanissima icona del Figlio spassionatamente disinteressato alle proprie prerogative divine. Al contrario, determinato a realizzarne il senso ultimo, l'eterna ragione di fondo, il remoto motivo teologale, nella forma di un'obbedienza destinata a com­piersi in forma del tutto incondizionata. Della divina paternità il Figlio mette in mostra precisamente il tratto disinteressato della chiamata all'alleanza. Dio non ha nulla da tenere per sé (come efficacemente continua a insinuare la voce del Mentitore) e non ha bisogno di imporre alla sua passione per l'uomo il peso della propria dismisura. Dio, al contrario, si fa a misura umana senza sentirsi diminuito.

Di questa strabiliante umiltà, motore mobilissimo dell'eterna processione trinitaria del divino, il Figlio ha scelto di essere conferma e testimonianza indefettibile. Il suo modo di morire si rende necessario (una volta reso inevitabile), perché qualsiasi tentativo di mettere in salvo la propria sopravvivenza significherebbe l'immediato spegnersi dell'autentica immagine del divino di cui è testimonianza. Dovesse trovare il modo di sopravvivere, Gesù resterebbe il rappresentante del solito Dio potente.

Per questo ogni evangelico resoconto della passione, nella sua laconica e misurata franchezza, contiene un senso palpabile di inevitabilità. Gesù doveva morire. Non per far riapparire sul teatro della storia l'ennesima rappresentazione del divino assetato di sacrifici, ma l'unilateralità di un Dio che si lascia morire pur di non forzare il libero riconoscimento dell'uomo. Anche Dio si sente umiliato se deve obbligare qualcuno ad amarlo. Piuttosto si lascia uccidere. Quando Gesù entra a Gerusalemme sopra un asino, fra inconsapevoli festeggiamenti già intrisi di ipocrisia, sta già sotto il giogo di questa inaudita e splendente libertà divina.
(Giuliano Zanchi) 

 
Franco02Si sono svolti nella Chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli a Roma venerdì 23 marzo le esequie di Fra Franco Aguglia nato a Roma il 1 agosto del 1918 ed entrato tra i figli di San Giovanni Leonardi nel 1939. Durante l’omelia il P. Generale partendo dalla Parola di Dio che in questi giorni accompagna Gesù verso il compimento della Pasqua, ha affermato che: “la vita di Fra Franco è un dono per l’Ordine e per tutta la Chiesa”.  Tu ci sei caro,  Fra Franco, ha proseguito il Padre:  “Perché nella tua lunga storia di consacrazione e di servizio e di silenzio, hai reso evidente che la fecondità della nostra vita è tutta racchiusa  in una parola: ‘dono’. È Dio stesso  che ce lo insegna, facendosi  dono per la nostra vita, e per la felicità di tutti. Mentre intorno a noi si spengono i segni della gratuità, della capacità di relazione autentiche che non strumentalizzano di altri, la tua storia personale è come un balsamo che rinfresca e riconcilia. Sì, veramente la tua vita di ultimo dei fratelli laici, di questa speciale consacrazione  a Cristo anche nel nostro Ordine che con te è temporalmente  finito, siamo ricollocati nel sentiero della gratuità  che fin dall’inizio il primo dei fratelli laici, Giorgio Arrighini, come ci dice il biografo  Bonafede, ‘si  mise a servizio loro. Il fervente fratello si dedicò con tanto affetto alla casa che, come una madre per ciascuno servì sempre con amore e fedeltà fino alla sua vecchiaia. Fu uomo di preghiera per perseverare  nella vocazione che Dio gli aveva dato’.  Caro Fra Franco, oggi anche potremo dire le stesse parola: ci hai amati come madre, sei sempre perseverante nella preghiera, nel servizio fatto con umiltà e fervore. Nei tuoi 80 anni di fratello laico, dei 94 che il Signore ti ha dato,  hai reso testimonianza che chi da a Cristo e ai fratelli non perde nulla, assolutamente nulla, ma ritrova moltiplicato quello che  ti ha dato.

 28 marzo 2012


pdf  Omelia esequie di Fra franco 23-03-12 (124.47 kB)  
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Domenica, 25 Marzo 2012 07:07

L’invisibile sulla croce

187Geremia è culturalmente diventato la figura emblematica della lamentazione. La sua predicazione contiene un elemento di resa dalla consistenza quasi irrinunciabile. La cronaca umana sembra semplicemente impotente di fronte a ogni invito alla conversione . Ma da questo realistico senso di vanità morale Geremia prende lo slancio per un’immaginazione proiettata oltre gli stretti orizzonti del provvisorio. I suoi lamenti difatti vanno costruendo con paziente progressione quel genere di sapienza che trasforma la profezia  in annuncio apocalittico. Il suo contenuto parla della pervicacia di un Dio che getta il sasso della promessa oltre i blandi limiti della storia preconizzando un futuro nel quale un nuovo intervento creativo renderà l’uomo abile a una fedeltà degna dell’alleanza . In sintesi , un cuore nuovo, un rinnovato slancio della libertà, un nuovo respiro della volontà. Nel forgiare la materia di questo sogno  la profezia biblica sposta inesorabilmente la barra del tempo direttamente verso i confini dell’escatologia. Saranno tempi in cui le cose appariranno compiute. Ma per compiere le quali Dio smette fin d’ora di limitare la sua viva presenza al contenitore santo della legge o alla voce fedele del profeta. Dio verrà di persona. In carne ed ossa. Si prenderà sulle spalle tutti gli oneri di una amicizia cui non è mai stato disposto a rinunciare. Ne sarà il garante pressoché unilaterale. Con la stessa determinazione con cui le madri, quando serve, sanno supplire col proprio invincibile supporto di fedeltà alle fisiologiche immaturità dei figli. Ecco, quando succederà, la storia sarà come finita. Questo salto oltre l’immediatezza della cronaca per inerpicarsi al di là delle dimensioni della storia spiega anche l’apparente indifferenza di Gesù che a un gruppo di greci smaniosi di incontrarlo, annunciatigli attraverso una commovente catena di passaparola, oppone la disarmante freddezza di un discorso che avrebbe tutta l’aria di essere liquidatorio. Questi ingenui stranieri sono ancora all’inseguimento dell’aura del tutto contingente del profeta famoso. Vogliono vedere l’oggetto vivente di una celebrità dai contorni tanto intensi quanto del tutto vaghi. Cercano la conferma diretta di un prodigio umano portato sul filo della meraviglia dalla frenesia dei racconti. Ma non è più tempo, nemmeno per la testimonianza del Regno, della consolazione immediata, dell’accudimento primario, della semplice accondiscendenza, giacché il momento si avvicina in cui del Figlio si deve vedere l’inaudito. A chi dunque vuol vedere ancora la sua umana figura di profeta strabiliante Gesù da appuntamento altrove, lasciando con premura tutta divina, le istruzioni per l’uso di un discernimento del quale quasi tutti rimarranno vittime. Il Figlio difatti sarà più interessante sulla croce. Benché più invisibile. Per vedere qualcosa di attraente e di umano in quel caso bisognerà possedere dei criteri di osservazione ben assimilati. Per esempio, che tutto quello che non muore resta morto. Ma per chi li avrà metabolizzati lo spettacolo sarà unico. (Giuliano Zanchi)

 
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