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Venerdì, 18 Maggio 2012 05:52

Maria Segno dell’amore di Dio

guadalupe-1Sabato 12 e domenica 13 maggio l’immagine della Madonna di Guadalupe venerata da oltre due secoli nella Basilica di San Nicola in Carcere a Roma è stata traslata per una breve sosta nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria in Portico in Campitelli. Alla presenza di S. Ecc.za Mons. Gianfranco Girotti reggente della Penitenzieria apostolica. In serata la Comunità di Campitelli ha celebrato le lodi di Maria con il canto dell’inno Akathistos. La solenne Eucaristia celebrata dal Rev.mo P. Generale domenica 13 maggio ha preceduto la processione di ritorno nella Basilica di San Nicola in Carcere dove , L’immagine della Madonna di Guadalupe, copia di quella originaria di Messico,  venerata da oltre due secoli, fu dipinta in Messico agli inizi del XVIII secolo. Venerata dai Padri della Compagnia di Gesù, durante le repressioni messicane per evitare che fosse bruciata da mano sacrilega i Gesuiti di nascosto la condussero a Roma e per un certo tempo fu venerata nella Chiesa di Santa Maria in Vinea probabilmente nel quartiere Trevi. Nel 1776 fu traslata nella Basilica di San Nicola in Carcere dove ancora oggi è molto venerata dai numerosi Messicani e Latino americani presenti nell’Urbe. Nell’ultimo decennio del 1800 Papa Leone XIII indisse un sinodo per il Messico e i Vescovi presenti a Roma per quella occasione si radunarono davanti all’icona mariana. I Vescovi promisero che avrebbero offerto alla Vergine una corona d’oro. L’incoronazione venne compiuta nei primi del novecento. Nel 1796 l’immagina di santa Maria di Guadalupe di San Nicola mosse gli occhi per diciassette giorni consecutivi dal 15 al 31 luglio.

17 luglio 2012

pdf  Omelia P. Generale Guadalupe 13-05-12  
Pubblicato in 2012
Venerdì, 18 Maggio 2012 05:07

Formazione permanente OMD

Permanente-2012Si conclude quest’anno il percorso della Formazione Permanente OMD. Gli incontri si svolgeranno a Lariano (RM) rispettivamente nei giorni 15-16 e 22-23 maggio animati dall’equipe formativa di P. Giovanni Salonia. Un tempo di verifica nel quale ripensare i criteri interni ed esterni della vita relazionale. Se da una parte i conflitti hanno la loro necessità fisiologica dall’altra la riconciliazione nella sua gradualità e gratitudine rispetta tempi, spazi, storie, relazioni, vissuti, che accadono in sé e nell’altro.
Pubblicato in 2012
Domenica, 13 Maggio 2012 09:32

Comunione non è confusione

194Nell'imbarazzo con cui Pietro si ritrae dall’esasperata devozione di un uomo che gli rende omaggio, misuriamo il grado di secolare pulizia etica che la rivelazione evangelica ha giustamente introdotto nelle forme della relazione religiosa. Nemmeno chi è stato a fianco della sua incarnazione pensa più di presentarsi come intermediario semidivinizzato della grazia di Dio. Da che il Dio degli eserciti è stato uomo in Gesù, tutti lo possono essere senza sentirsene diminuiti. Spogliatosi per essere uguale a noi, egli scoraggia in tutti i modi l'ambizione a voler essere simili a lui. Che è peraltro il ritornello dell'antica tentazione (sarete simili a lui). Non esiste dunque più ragione che un uomo si debba prostrare davanti a un altro uomo. Lo Spirito, del resto, volteggia sul mondo degli umani con la sovrana libertà di avvolgerli tutti senza differenze. Dio difatti non fa diffe­renze. Nemmeno le cancella.

Nella logica degli affetti divini le identità si accendono dell'incandescenza con cui vengono unite. Il legame non sopprime le differenze. Dà loro il senso di esistere. Il principio con cui la rivelazione di Dio in Gesù si traduce in un nuovo definitivo esperimento di convivenza ruota attorno a una forma di unione che non è uniformità. Siamo uguali ma non equivalenti. Siamo prossimi ma non intercambiabili. Viviamo nella comunione ma non ci perdiamo nella confusione.

Per mantenere viva questa tensione, in cui le identità si fondano sul vincolo, occorre l'equilibrio di forze specifico del paradosso evangelico. Esso consiste alla sua radice nel comandare l'amore. Paradosso inciso nell'enigma umano del desiderio. Se, difatti, esiste qualcosa che, per definizione, non può prodursi sotto l'orizzonte dell'obbligazione, è l'affidamento amoroso. Esso, al contrario, nasce per principio come frutto della libertà. La nostra cultura ha poi contribuito a trasformare questo paradosso in alternativa. Nel dialetto libertario, con cui nessuno di noi può ormai fare a meno di esprimersi, la sfera del comandamento è per definizione contraddittoria rispetto all'esperienza dell'amore. Dove si impone l'uno, non esiste l'altra. Dove regna il vincolo della regola, non respira la libertà del sentimento. Ma spezzare in due i poli di questa corrente alternata ha immiserito la potenza dell'enigma umano che essi devono tenere vivo.

Gesù tiene saldamente uniti i due termini. L'amore è il senso della libertà. Ma proprio per questo esso ha i suoi perimetri di necessità. Il termine che ricompone eticamente il paradosso di un amore comandato, tenendolo in feconda sospensione è quello della responsabilità. La vita di ognuno sta nelle mani della cura dell'altro. Al di fuori di questo crocifiggente esercizio di fraternità, esiste spazio solo per identità perdute nella solitudine. Amarsi gli uni gli altri: semplice da morire, elementare fino all'impossibile. Se non fosse l'unilaterale anticipazione del Figlio. La sua incondizionata dedizione resta come matrice di ogni amore tentato nella sincerità. Amarsi, semplicemente. Come lui con noi. (Giuliano Zanchi)
 
Santuario-della-Stella-2Con una celebrazione eucaristica domenica 6 maggio il P. Generale presiede il nuovo affidamento del Santuario della Stella ai Chierici Regolari della Madre di Dio; di seguito l’omelia.

8 maggio 2012

pdf  Omelia del P. Generale, Santuario della Stella-Fosciandora, 06-05-12 (140.78 kB)


 
Pubblicato in 2012

CASEdSANTIDopo la prima edizione del 2009, le Case di otto Santi (S. Antonio M. Zaccaria; S. Camillo de Lellis; S. Carlo da Sezze; S. Felice da Cantalice; S. Giovanni Leonardi; S. Giuseppe Calasanzio; S. Ignazio di Loyola; S. Leonardo da Porto Maurizio) protagonisti delle vicende culturali e spirituali di Roma tra il 1500 e il 1700, aprono nuovamente e contemporaneamente le loro porte. La manifestazione è realizzata con il sostegno di Roma Capitale - Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico. Per tre giorni a settimana (venerdì, sabato e domenica) e per la durata di un mese (25 maggio-23 giugno), il pubblico avrà l’opportunità di conoscere, attraverso visite guidate gratuite, e specifiche conferenze, alcuni dei luoghi altamente simbolici per la Città Eterna. L’accesso alle Case dove dimorarono i Santi, inglobate all’interno di capolavori dell’architettura ecclesiastica romana, permette di intraprendere un percorso artistico, storico e spirituale che, partendo dalle esperienze dei singoli Santi, arriva fino ai giorni nostri. Contraddistingue questa seconda edizione un ciclo di otto conferenze ad ingresso libero, sulle figure dei rispettivi Santi, che consentiranno di approfondire aspetti meno noti della loro vita e della loro attività spirituale, missionaria e sociale a Roma. L’evento è arricchito da un concerto conclusivo, ad ingresso libero, di musica corale sacra. Venerdì 22 giugno alle ore 21,00, presso la chiesa della Maddalena a Roma, il Vocalia Consort eseguiranno “Un canto fatto preghiera”.


7 maggio 2012

pdf  Case dei Santi 2012 depliant (674.91 kB)
pdf  Case dei Santi 2012 Guida (1.07 MB)
pdf  Case dei Santi 2012 locandina (1.07 MB)
Pubblicato in 2012
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Domenica, 06 Maggio 2012 06:22

La Sapienza incisa nel cuore

193La vulcanica fucina della lingua giovannea ha forgiato le metafore più intense che la letteratura evangelica possieda per designare la grazia indicibile dell'appartenenza umana alla vita del Figlio. Il cristocentrismo su cui si fonda il mistero di una nuova alleanza stretta attorno al corpo umano di Gesù ha bisogno di tradursi in analogie elementari, dense, immediate. Cristo è pane, Cristo è strada, Cristo è pastore, Cristo è porta, Cristo è pietra. Tutto quando sia originario e indispensabile. Questa volta Cristo è vite. La metafora intercetta un'attesa umana radicale. Tutti vivono della grazia di essere attaccati a qualcosa e di appartenere a qualcuno. Sentiamo di essere qualcuno solo quando siamo certi di essere di qualcuno. La vicenda esistenziale di ogni essere umano acquisisce la propria densità nella misura in cui mette positivamente alla prova la tenuta dei propri vincoli affettivi, come nella felicità dei bambini a cui si mostra il video di nozze dei loro genitori, nell'instancabile tenacia con cui i vecchi raccontano sempre la stessa storia, nella gioia con cui due innamorati scoprono di essere reciprocamente la dimora uno dell'altra. La rassicurazione è sempre quella: non è il caso che ti porta, c'è qualcuno che ti vuole, esiste un luogo da cui provieni. L'autodefinizione di Gesù, non a caso fatta pronunciare da Giovanni nel contesto di una cena di congedo, salda queste originarie percezioni umane al mondo della vita divina finalmente in procinto di svelarsi in tutta la sua paterna affidabilità. Non siamo le creature di un demiurgo lontano, non siamo prodotti genetici abbandonati al loro destino, non siamo naufraghi dell'esistenza che hanno come unico appoggio la zattera del loro piccolo io. Siamo esseri degni di essere voluti. Viviamo a patto di non recidere il filo che ci collega a quella volontà.

La notizia si accompagna anche al comandamento. Il dono viene sempre col compito. La grazia di aver ricevuto porta con sé la tentazione di dimenticarsene. Perdere coscienza della natura vitale del vincolo. Entrare in un desiderio di emancipazione che frutta solo l'inferno della solitudine. Per questo il coman­damento intima di rimanere. Restare nel vincolo. Mantenersi nel legame. Perché sospettarne la natura dispotica o semplicemente superflua è il tema di una tentazione che va in onda fin dalle origini. Questo invito che possiede tutte le tonalità di una implorazione (rimanete in me e io in voi) risuona come il lu­minoso rovescio dell'insidiosa allusione del tentatore. Nella promessa di amicizia di Gesù si ricuce la ferita del primo peccato.

La legge quindi ritorna a risplendere come parola data nella reciprocità. Non più come il documento di una volontà esteriore, arbitraria, anonima. Ma come segno di custodia di un vincolo di cui conservare lo spirito. La legge, del resto, ha definitivamente preso corpo. Parla disinvoltamente nella vita umana del Figlio. Non è più solo un indice scolpito nella pietra. Ha tutta l'intensità di una sapienza incisa nel cuore.

 

Giuliano Zanchi 

 
Sabato, 28 Aprile 2012 16:46

Il bel Pastore

192Curioso questo dovere di Pietro di rendicontare al cospetto delle alte sfere della tradizione il beneficio recato a un uomo infermo. Curioso e istruttivo. La fede dell'alleanza ha perfettamente conosciuto la cura divina riservata all'uomo fragile. I suoi interpreti non sempre. La loro affezione per l'alterità sovrana del Dio degli eserciti li ha spesso resi unilaterali difensori di quel principio a scapito della viscerale passione dell'Altissimo per l'umanità offesa. Quale orizzonte religioso può trovare di che interrogarsi sul ristabilimento dell'integrità di un essere umano se non uno rimasto sordo al compiuto svelamento in Gesù di quel Dio che non dorme di notte se un uomo non è al sicuro? Tutta la straziante novità di questa rivelazione la si tocca con mano nell'incredibile contenzioso nel quale Pietro, ormai abitato dalla grazia della Pasqua, deve spiegare le circostanze di un episodio di prodigiosa rinascita umana. Davvero i tempi sono nuovi. Si sente dallo scricchiolare di quelli vecchi. Pietro dunque, nel cuore della sua requisitoria, confessa il nome di Gesù, non senza ricordare apertamente l'opera del suo misconoscimento e gli atti del suo rifiuto. Nonostante questo, avviene tutto grazie a lui. Come una pietra che tiene su tutto l'edificio. Ma la sua natura di fon­damento non proviene da ragioni prestazionistiche da sistema sanitario. Il mondo nuovo di cui Cristo è la chiave di volta si fonda piuttosto sull'inaudita intimità a cui egli stesso ha saputo riportare le trepide speranze di Dio e le confuse aspettative dell'uomo. Un nuovo incontro.

La letteratura giovannea è la più creativa nel verbalizzare questo perno affettivo della rivelazione. Essa esprime anzitutto la costernata meraviglia umana nel sentirsi attratta per sempre dall'orbita filiale della vita divina. Ci sarebbe bastato essere servi trattati bene. Dio ci ha presi per figli. Ma non per finta. Proprio davvero. Realmente. Ma quanto tempo abbiamo perso a crogiolarci nella paura del divino?  L'evangelista Giovanni libera la grazia delle sue metafore agresti facendone il vettore della natura intima e confidente della fede a cui il Dio di Gesù convoca al suo cospetto il precario nomadismo della vita umana. Sono sempre in grande numero quelli che si presentano a indicare la strada al disorientato cammino dell'uomo. Molti sono mercanti d'anime interessati all'affare. Avuta la controparte, scompaiono nel nulla. Tornano magari a illudere con nuovi prodotti per la felicità. Pronti a dileguarsi di nuovo. Solo il bel pastore giovanneo, sotto le cui sembianze si confida un Gesù in procinto di morire, offre la garanzia di una custodia a oltranza e di una intimità a prova di voce. La sua incondizionata dedizione al gregge umano ha il proprio fondamento in quel sentimento di appartenenza agli affetti divini che dà ragione di ogni spassionata consegna di sé. Tutto quanto è perso per amore conosce misteriose vie di conservazione. È l'intesa tacita e solida di ogni madre col suo bambino. Basta il suono della voce per farlo dormire in pace. (Giuliano Zanchi)

 
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Giovedì, 26 Aprile 2012 21:10

Trigesimo di Fra Franco Aguglia

Fra-Franco-2E’ stato ricordato Fra Franco Aguglia nel trigesimo della morte con una celebrazione eucaristica lunedì 23 aprile presieduta da P. Davide Carbonaro Rettore di Santa Maria in Campitelli. Il biglietto commemorativo riporta un pensiero tratto dal Sermone C. 506 di San Giovanni Leonardi sul fine dell’uomo: “L’Altissimo ed eterno Dio creando questo universo, costituì come dice la Sapienza tutte le cose in peso, numero e misura (Cf. Sap 11,21) e ad ogni cosa diede il proprio fine […]. Ora l’uomo, il più nobile tra tutte le creature, fu stabilito come fine di tutte le cose create. E che sia l’uomo il fine delle cose create lo afferma la Scrittura dicendo: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza (Gn 1,26)”.  Fra Franco fu abile nell’uso dei pesi, dei numeri e delle misure umane che mise ha servizio della Chiesa e dell’Ordine, oggi ricordando la sua esistenza operosa e fedele, la Comunità dove lungamente ha vissuto, ha voluto rendere grazie al Signore per tanta evangelica testimonianza.

26 aprile 2012
Pubblicato in 2012
Giovedì, 26 Aprile 2012 21:04

Delegazione indiana: Campo vocazionale

newsSi sono svolti in questi giorni gli incontri vocazionali nella delegazione indiana. I candidati provenienti da diverse diocesi, hanno fatto esperienza con i padri provenienti dalle comunità di Maduray, Trichy e Alikal. Un vivo ringraziamento dobbiamo al Signore, ha affermato il promotore vocazionale  p. Justin, per la viva esperienza compiuta tra Padri e Fratelli.

26 aprile 2012

Pubblicato in 2012
Domenica, 22 Aprile 2012 21:37

Cile: Visita del Nunzio Apostolico

visita-del-nunzioIn occasione della visita del Padre Generale P. Francesco Petrillo a Santiago del Cile S. Ecc.za Mons. Ivo Scapolo, nunzio apostolico del Papa Benedetto XVI, ha fatto visita alla comunità del seminario san Juan Leonardi. E' stato un momento di amore alla Chiesa e all'Ordine. In questa occasione il nunzio apostolico si è complementato con P.Baldo Santi, con il Padre Generale e con tutti i Padri e seminaristi per la devozione alla Santo Padre e al suo Magistero.

22 aprile 2012
Pubblicato in 2012
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