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formazione-permanente-in-IndiaIl 30 novembre, per la prima volta i padri della Delegazione indiana si sono riuniti per la Formazione permanente. Il Consiglio di delegazione  si è incaricato della programmazione  ed è stato scelto Madurai quale luogo d’incontro. Le discussioni sono affidate a Fr.Maria Antony  sacerdote diocesano molto noto nella Chiesa del Tamil Nadu, soprattutto per le sue apprezzate pubblicazioni.  Attualmente ricopre riuoli di responsabilità nella casa di formazione diocesana, mentre compie il dottorato in spiritualità indiana con riferimento alla “mistica”. Per il 2012 - 2013 sono previsti cinque incontri. Ecco una sintesi del primo incontro nel quale è stato sviluppato il tema della Riconciliazione in un contesto di relazione. E’ stata riletta la visione “cosmoteandrica” descritta da Reimundo Panikkar , teologo indiano noto per il suo libri “The Unknown Christ of Hinduism”. Il percorso formativo riprenderà le grandi relazioni realizzate da Gesù: con il cosmo, con i propri simili e con Dio. Nel  primo incontro, la relazione con la natura è stata presentata e discussa con alcune implicanze  specifiche per la vita delle Comunità.

 

3 dicembre 2012
Pubblicato in 2012
Domenica, 02 Dicembre 2012 21:39

Visita del delegato indiano in Indonesia

visitaNelle settimane scorse P. Lourdurajan delegato dell’India ha visitato la prima esperienza dell’Ordine in Indonesia unedosi a P. Justin che già dimora presso il Seminario dei Sacri Cuori di San Gaetano Enrico. Il Delegato grato al Signore e all’Ordine per tale esperienza, ha ricordato come un buon clima e una singolare accoglienza della nostra spiritualità ci prepara ad una presenza stabile dell’Ordine in Indonesia. Nell’attesa che un altro religiose si unisca a P. Justin che nel frattempo si impegna a conoscere la lingua e la cultura indonesiana, sarà sistemata una casa in affitto per accogliere la prima comunità OMD.

3 dicembre 2012

 
Pubblicato in 2012
benedetto-I“In mezzo agli sconvolgimenti del mondo, o ai deserti dell'indifferenza e del materialismo, i cristiani accolgono da Dio la salvezza e la testimoniano con un diverso modo di vivere”. E' la riflessione che ha offerto oggi Benedetto XVI, nella prima domenica di Avvento. Prima della recita dell'angelus, in questo giorno che inaugura un nuovo anno liturgico, il Papa ha ricordato che la parola “avvento” significa “venuta” o “presenza”, e che “nel linguaggio cristiano è riferita alla venuta di Dio”. Un mistero, dunque, “che avvolge interamente il cosmo e la storia, ma che conosce due momenti culminanti”: la prima è l'Incarnazione in Cristo e la seconda è il ritorno glorioso alla fine dei tempi.

2 dicembre 2012

 
Pubblicato in 2012
DevasahayamIl card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha officiato il 2 dicembre la beatificazione  di Devasahayam Pillai. Un "dono" per l'Anno della Fede,  una "benedizione" e una "intensa esperienza di fede" per il popolo indiano: così mons. Peter Remigius, vescovo della diocesi di Kottar (Tamil Nadu), accoglie la beatificazione di Devasahayam Pillai, laico convertito del 18mo secolo. Per l'occasione, la diocesi di Kottar - dove nacque nel 1712 - organizzerà eventi speciali e servizi di preghiera.

Devasahayam Pillai sarà il primo laico indiano a essere beatificato. Secondo mons. Remigius, il martirio dell'uomo "rappresenta una combinazione unica di devozione, coraggio e sofferenza", che darà impeto al "dialogo interreligioso e multiculturale" nella "pluralistica società indiana".

Il dialogo interreligioso, spiega il vescovo, "richiede grande rispetto verso tradizioni religiose diverse dalla nostra; la libertà di praticare il proprio credo, e di seguire la propria coscienza, senza subire ostracismo o persecuzione. Anche dopo essersi convertiti". "Siamo tutti figli dello stesso Padre - aggiunge mons. Remigius -, e nessuno dovrebbe subire quanto patito da Devasahayam, martirizzato per aver voluto vivere la propria fede".

Originario del distretto di Kanyakumari, Devasahayam Pillai nasce in una famiglia indù di casta nair (i guerrieri) ed entra presto nelle grazie della famiglia reale di Travancore (le attuali zone meridionali di Tamil Nadu e Kerala). In questi anni l'indiano conosce Eustachius De Lannoy, capitano della marina olandese. Imprigionato dal re, ma presto liberato e nominato comandante delle forze armate di Travancore, è attraverso De Lannoy che Devasahayam si interessa alla fede cristiana. Nel 1745 l'indiano riceve il battesimo, diventando cattolico. La sua conversione porterà altri membri della sua famiglia ad abiurare l'induismo: per questo, secondo la ricostruzione storica, un sacerdote indù lo accusa di tradimento, facendolo allontanare da palazzo e rendendolo vittima di torture e supplizi. Nel 1752, Devasahayam Pillai viene ucciso, forse da colpi di pistola esplosi da soldati del re. Oggi le sue reliquie si trovano vicino all'altare della cattedrale di St. Xavier, a Kottar. 
 
Pubblicato in 2012
Domenica, 02 Dicembre 2012 21:05

Il numero 169 di “Notiziario OMD”

169“La Gioia di credere”. Nelle parole dell’editoriale del P. Generale, il tema del numero 169 di “Notiziario OMD” che annunzia l’anno della fede e lo sguardo su San Giovanni Leonardi “il legislatore”. Per l’Ordine un anno dedicato alla Costituzioni ed al ricordo del 75° anniversario della canonizzazione del fondatore. Il numero riporta le notizie dell’inaugurazione dell’aula liturgica dedicata al Santo presso Madonna dell’Arco; l’ordinazione presbiterale presieduta dal Cardinale Ravasi. Chiude la rivista il calendario del 2013 corredato dalle foto della canonizzazione di San Giovanni Leonardi “il santo di Diecimo il cui nome è scritto nel libro della vita (cf. Ap 7,9;13,18)”.

30 novembre 2012
pdf  Notizario 169  
 
Pubblicato in 2012
Giovedì, 29 Novembre 2012 22:29

Tempo dell’attesa

223L'Avvento è il tempo che prepara nascite, il tempo di santa Maria nell'attesa del parto, tempo delle donne: solo le donne in attesa sanno cosa significhi davvero attendere. Ma non si attende solo la nascita di Gesù.

Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia... Il Vangelo ci prende per mano, ci porta fuori dalla porta di casa, a guardare in alto, a percepire il cosmo pulsare attorno a noi, a sentirci parte di una immensa vita. Che patisce, che soffre, che si contorce come una partoriente (Is 13,8), ma per produrre vita. Il presente porta nascite nel grembo. Ma «quanto morir perché la vita nasca» (Rebora).

È un tempo di crisi. C'è una crisi della Chiesa, diminuiscono le vocazioni, cresce l'indifferenza religiosa, l'istituzione ecclesiastica perde fiducia. Ma la fede ci permette di intravedere che la fine di un certo tipo di Chiesa può portare a un nuovo modo di vivere la fede, più essenziale, libero e convinto, pieno di cuore e di verità. È il nostro atto di fede: il regno di Dio viene, ed è più vicino oggi di ieri.

Anche la crisi economica e finanziaria ci sta dicendo che dobbiamo cambiare strada e favorire un altro modello di economia, non fondato sulla logica della crescita infinita, che è insostenibile, ma su rispetto della natura, sobrietà e solidarietà.

Il Vangelo d'Avvento ci aiuta a non smarrire il cuore, a non appesantirlo di paure e delusioni: «state attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano».

Ci sarà sempre un momento in cui ci sentiremo col cuore pesante, scoraggiati. Ho provato anch'io lo scoraggiamento, molte volte, ma non gli tengo il posto, non gli permetto di mangiare nel mio piatto, non gli permetto di sedere sul trono del mio cuore. Il motivo è questo: fin dentro i muscoli e le ossa io so una cosa, come la sapete voi, ed è che non può esserci disperazione finché ricordo perché sono venuto sulla terra, di chi sono al servizio, chi mi ha mandato qui. E chi sta venendo: allora vedranno il Figlio dell'uomo venire con grande potenza e gloria.

Questo mondo contiene Lui! Che Viene, che è qui, che è più grande di noi; c'è un Liberatore, esperto di nascite, in cammino su tutte le strade.

Alzatevi, guardate in alto e lontano, perché la vostra liberazione è vicina. Uomini e donne in piedi, a testa alta, occhi alti e liberi: così vede i discepoli il Vangelo. Gente dalla vita verticale.

Il Vangelo ci insegna a leggere il presente e la storia come grembo di futuro, a non fermarci all'oggi, ma a guardare avanti: questo mondo porta un altro mondo nel grembo. Un mondo più buono e più giusto, dove Dio viene, vicino come il respiro, vicino come il cuore, vicino come la vita. (E. Ronchi)
 
cassino1La Casa internazionale di studi OMD a Roma ha voluto che l’anno della fede e delle costituzioni partisse dalla grande esperienza di fede e di vita comune nata dalla testimonianza di San Benedetto Abate. Un pellegrinaggio a Montecassino dove riposano le spoglie del Padre del monachesimo occidentale. Così, durante la liturgia, ha ricordato il Rettore P. Davide Carbonaro: “Il cardine che permea l’esperienza spirituale di Benedetto proposta nella regola è :’il Cristo innanzitutto’ esperienza che risuona nel magistero e nella regola di San Giovanni Leonardi quando chiede ai religiosi di avere innanzi agli occhi della propria mente solo l’onore e la gloria di Cristo crocifisso e di misurare con lui la propria vocazione”. Altre vicinanze e reminiscenze tra la regola benedettina e quella leonardina sono state evidenziate da P. Bastin. Cosichè  la struttura di fondo della regola che traduce il Vangelo: natura; consacrazione; preghiera e governo; gira intorno all’umile ricerca della volontà di Dio che è il desiderio primo del Monaco e del Chierico Regolare.

26 novembre 2012
 
Pubblicato in 2012
Sabato, 24 Novembre 2012 21:49

P. Carballo Presidente dell’USG

ncsg 2Nel corso dell’80 Assemblea generale dell’Unione dei Superiori Generali (USG) di cui ha partipato il nostro Padre Generale P. Francesco Petrillo,  è stato eletto Presidente Fr. r2t6qé Rodriguez Carballo, ofm, Ministro generale dei Frati Minori.

Fra r2t6qé è nato in Spagna l’11 agosto 1953 a Orense. Dopo aver studiato filosofia a Santiago de Compostela è stato mandato in Terra Santa per gli studi di teologia. Ha fatto la professione solenne nell’Ordine dei Frati Minori a Nazareth il 1° gennaio 1976 ed è stato ordinato sacerdote a Gerusalemme nel 1977. Si è specializzato in teologia biblica presso la Facoltà di Sacra Scrittura e Archeologia a Gerusalemme, nonché in Sacra Scrittura nel Biblicum di Roma.

Nella sua Provincia francescana di origine, Santiago di Compostela, Fra Carballo ha svolto vari servizi, tra cui maestro dei novizi e formatore per molti anni; è stato anche Segretario Provinciale per la formazione e per gli studi, Commissario di Terra Santa e Ministro Provinciale. Ha insegnato per 15 anni Sacra Scrittura nel Seminario maggiore di Tuy Vigo e nella Facoltà di Teologia di Santiago di Compostela. È autore di numerose pubblicazioni su temi biblici, francescani e di vita religiosa.

Prima di essere stato chiamato a Roma è stato Presidente dell’Unione dei Religiosi di Galizia (Spagna) e Presidente dei Ministri Provinciali OFM di Europa Nel 1997 è stato eletto Consigliere (Definitore) generale del suo Ordine e per sei anni è stato Segretario generale per la Formazione e gli Studi dell’Ordine dei Frati Minori.

Nel 2003 è stato eletto Ministro generale dei Francescani e nel 2009 è stato rieletto. Nell’USG è stato membro del Consiglio esecutivo negli ultimi sei anni, membro del Consiglio dei 16 durante lo stesso periodo, e Presidente della Commissione teologica negli ultimi tre anni. Nel corso degli ultimi sei anni è stato anche coordinatore degli ordini mendicanti a Roma.

Nella stessa assemblea è stato eletto come Vice-Presidente Padre Adolfo Nicolàs, Proposito Generale dei Gesuiti.

25 novembre 2012
 
Pubblicato in 2012
Sabato, 24 Novembre 2012 21:44

Regno di libertà

222Pilato e Gesù uno di fronte all'altro. Pilato è l'uomo del potere e della paura insieme, per paura consegnerà Gesù al­la morte, contro il suo stesso parere. Gesù invece è l'uomo della libertà. Lo leggiamo nelle sue risposte così franche e nitide. Allora chi è più uomo Due volte Pilato domanda: Tu sei re? Gesù risponde che il suo Regno non è di quaggiù, e lo mostra attraverso due caratteristiche che si oppongono a violenza e in­ganno, la duplice logica di ogni potere, i due nomi del Nemico dell'uomo. I regni di quaggiù si combattono, il potere ha l'anima della guerra, si nutre di violenza. Gesù non ha mai arruolato eserciti, non è mai entrato nei palazzi dei potenti, se non da prigio­niero.

Metti via la spada, ha detto a Pietro, altrimenti la ragione sarà sempre del più forte, del più violento, del più crudele. Per i regni di quaggiù l'essenziale è vincere, ma Lui dice: nel mio Regno l'essenziale è dare. Non c'è amore più grande che dare la vita per quelli che si amano. Il dono e non la rapina sono il perno della storia. La seconda caratteristica è la verità: sono venuto per rendere testimonianza alla verità. Prima di tutto alla verità di Dio: il volto vero di Dio è un crocifisso amore, disarmato amore, risorgente amore. E poi la verità dell'uomo: il volto vero dell'uomo è fatto di libertà e di fraternità, luminoso, veggente, amante. Come aveva proclamato a Nazaret:

Sono venuto ad annunciare la libertà ai prigionieri, la luce ai ciechi, ai poveri che sono loro i principi, ai costruttori di pace che sono loro i signori della terra. Cristo è re perché la sua figura è generativa di umanità; perché innesta bisogni inediti, crea una tensione a fiorire, un avanzamento dell'umano, una intensificazione della vita.

Ogni credente ha ricevuto nel battesimo lo stesso potere. Ad ognuno il sacerdote ha detto: Tu sei re, ti è affidata una porzione di mondo, la devi reggere con saggezza e con giustizia. Alle tue mani è consegnata una porzione di storia perché tu la faccia fiorire di libertà e di tenerezza.

Re secondo Cristo è chi disarma il proprio cuore, chi smaschera gli inganni, le menzogne e gli idoli del nostro vivere. È re chi giudica l'arroganza, chi è libero nella verità, chi si prende cura d'altri. È re chi sa amare, perché l'amore possiede l'eternità.

Venga il tuo Regno, Signore, e sia bello come i sogni, sia intenso come le lacrime di chi visse e morì nella notte per costruirlo. (E. Ronchi)

 
Venerdì, 23 Novembre 2012 14:07

Unione Superiori Generali

usg-ISi è aperta il 21 novembre, al Salesianum di Via della Pisana, a Roma, la 80ª assemblea semestrale dell’Unione dei superiori generali alla quale partecipe il nostro P. Francesco Petrillo.

All’ordine del giorno: 1) un confronto sul recente Sinodo episcopale sulla nuova evangelizzazione, 2) una riflessione sulla crisi economica e le sue implicanze sulla vita consacrata, 3) il rinnovo al completo del direttivo USG: presidente, vicepresidente, consiglio esecutivo, consiglio dei 16 e quello dei 18.

Nel suo saluto iniziale, il presidente USG, don Pascual Chávez, ha ricordato come la vita consacrata si è sempre distinta per il suo impegno a favore della prima evangelizzazione. Nella "missio ad gentes» il suo apporto è stato ed è tuttora determinante. Oggi è chiamata a spendersi anche per la nuova evangelizzazione, riproponendo il vangelo a quanti, dopo essere stati evangelizzati, vivono la lontananza e l'indifferenza della fede. Il contributo fondamentale dei consacrati è quello di una testimonianza gioiosa, appassionata e profetica della vita trasformata dal vangelo. Il loro compito non può non essere che quello «di assumere fino in fondo lo spirito e le grandi scelte di questo Sinodo» con tutta la ricchezza dei propri carismi per il bene della Chiesa e di tutta la società.

Subito dopo ha preso la parola Frédéric Mounier, inviato permanente de La Croix a Roma, offrendo una lettura “giornalistica, soggettiva, francese”. Con realismo, umiltà e lucidità i padri sinodali, ha detto, hanno affrontato i problemi della Chiesa e della società di oggi non come “flagelli ostili”, ma come “sfide da affrontare”. Nelle prime due settimane di lavori il Sinodo è andato prendendo quota, più di quanto, forse, non fosse previsto in partenza.

Con una certa evidenza sono emerse due posizioni alquanto diverse l’una dall’altra. Alcuni sembravano accontentarsi di una “rifondazione”, di una specie di “riconquista” delle posizioni perdute. Altri sembravano spingere invece nella direzione di «richieste sacramentali e pastorali sempre più inedite» riguardanti divorziati risposati, copie di omosessuali che vorrebbero iscrivere il loro figlio al catechismo, partecipando agli incontri parrocchiali sulla vita di coppia. E’ apparsa lampante, inoltre, l’assenza al Sinodo della metà del mondo, cioè le donne, appena appena colmata «da alcune voci femminili, religiose e laiche». Paradossalmente la Chiesa mentre da una parte sembra l’ultima istituzione del mondo contraria alla parità tra uomini e donne, dall’altra «è una delle rare istituzioni che rivendicano l’importanza della differenza sessuale». Certamente il messaggio finale contiene uno slancio e un soffio significativo che vanno meditati, diffusi e capaci di dare buoni frutti. «E’ stato un Sinodo polifonico e polisemico. Ho sentito battervi il cuore della Chiesa. Vorrei sperare, ha concluso Mounier, che questo Sinodo sappia anche risvegliare il nostro desiderio di Chiesa».

A nome dei superiori generali che avevano partecipato ai lavori sinodali, ha quindi preso la parola don Mario Aldegani, superiore generale dei Giuseppini del Murialdo. E’ stata un’esperienza “arricchente, di vera cattolicità”, nonostante una certa rigidità della struttura sinodale celebrativa. Nelle fasi preparatorie del Sinodo non erano mancati segnali preoccupanti. Sembrava che si stesse lanciando una specie di “chiamata alle armi” di tutte le forze della Chiesa per verificarne la loro efficienza, privilegiando l’attenzione ai movimenti e alle nuove aggregazioni ecclesiali quasi in alternativa alla spinta che da sempre la vita consacrata aveva dato e continua a dare anche nel campo della evangelizzazione. Di fatto, poi, «le cose non sono andate così e lo Spirito Santo ha compiuto la sua parte».

Nei lavori del Sinodo, ha detto don Aldegani, è possibile incrociare i percorsi di riflessione e i cammini di rinnovamento che da lungo tempo stanno percorrendo anche i superiori generali nelle loro assemblee. Non c’è nuova evangelizzazione senza la disponibilità a lasciarsi evangelizzare, diventando trasparenza evangelica, vivendo in profondità il primato di Dio, valorizzando la fraternità. In un certo senso, il Sinodo «non ha detto nulla di nuovo dal punto di vista teologico o dottrinale». Però, ha concluso don Aldegani, anche da questo evento, la Chiesa ha imparato una volta in più che prima di parlare, dovrebbe saper «ascoltare la voce degli uomini e delle donne del nostro tempo», non dimenticando quanto è stato ricordato da un padre sinodale, e cioè che «non si tratta di costringere il mondo ad entrare nella Chiesa, così come essa è, ma di fare una Chiesa capace di accogliere il mondo come esso è».

23 novembre 2012

 
Pubblicato in 2012
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